Nelle prime ore della mattinata odierna, personale della Squadra Mobile di Roma e del Commissariato “Viminale”, in esecuzione a un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal G.I.P. del Tribunale di Roma, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia presso la locale Procura della Repubblica, ha tratto in arresto:
- – CASAMONICA G., classe 1948, residente a Roma, pluripregiudicato per reati contro la persona e il patrimonio, sottoposto al regime della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno nel Comune di Roma e prescrizione del divieto di allontanarsi dalla propria abitazione nelle ore notturne,
- – C.L., classe 1985, residente a Roma, attualmente sottoposta al regime carcerario per reati analoghi,
in quanto ritenuti responsabili, in concorso, dei delitti di estorsione e rapina aggravati dal metodo mafioso e dall’uso di un’arma, nonché di detenzione illegale di una pistola.
Le indagini, tempestivamente avviate a seguito della denuncia di un cittadino di nazionalità egiziana, resa il decorso 9 febbraio presso il Commissariato di P.S. “Viminale”, hanno consentito di far emergere ancora una volta la capacità d’intimidazione del clan CASAMONICA, esternata attraverso concreti atti di minaccia e di violenza.
A ottobre 2018 il denunciante, alla ricerca di un appartamento da affittare in via Michele Migliarini, entrava casualmente in contatto con C.L. alla quale chiedeva se fosse a conoscenza della presenza di abitazioni da locare ubicate in quella stessa via.
La donna nella circostanza mostrava alcuni appartamenti siti all’interno della villaove viveva che non venivano presi in considerazione dall’interlocutore in quanto troppo grandi e costosi, proponendogli altre unità immobiliari, poco distanti, che erano nella disponibilità della cognata.
A seguito di una serie di contatti intercorsi con la cognata della C., la vittima visionava alcuni appartamenti ubicati all’interno di un comprensorio in via Marchetti Longhi, scegliendo l’abitazione per la quale era previsto un canone pari a € 450,00.
Raggiunto l’accordo, l’uomo preleva la somma di € 200,00 da uno sportello bancomat posto nelle vicinanze che consegnava alla “locatrice” a titolo di caparra, ricevendo una scrittura privata da utilizzare per il cambio di residenza.
Il denunciante poi, nei giorni successivi, versava ulteriori 700,00 euro ad integrazione delle due mensilità da lasciare come acconto.
Recatosi al Comune per trasferire la propria residenza, la persona offesa constatava l’inutilità del documento rilasciatogli, attesa la necessità di un modulo da compilare con l’indicazione del proprietario dell’immobile da consegnare all’Agenzia delle Entrate.
Compilato tale modulo, la persona offesa apprendeva che l’abitazione presa in locazione non risultava censita.
A questo punto la cognata di C.L. proponeva di trasferire la residenza presso l’abitazione ove la stessa viveva unitamente al padre CASAMONICA Guido, al fratello Diego e alla convivente di quest’ultimo -ovvero la C.-, facendo sottoscrivere alla vittima dei nuovi documenti.
Anche in questo caso, tuttavia, il Comune non autorizzava il trasferimento in quanto l’immobile indicato dalla vittima non risultava regolarmente accatastato.
Data l’impossibilità di effettuare il cambio di residenza il denunciante decideva di annullare l’accordo economico, chiedendo la restituzione del denaro versato per anticipare le mensilità del canone di locazione.
Da quel momento, tra il denunciante, C.L. e la cognata di quest’ultima intercorrevano una serie di contatti telefonici attraverso i quali le due donne inizialmente avevano cercato di temporeggiare per poi “consigliare” all’uomo di rivolgersi a un avvocato.
In particolare, C.L., data l’insistenza, ribadiva al cittadino egiziano di adire le vie legali “invitandolo” tuttavia ad andare a casa sua per parlare della situazione.
Il 9 febbraio 2019, il cittadino egiziano si presentava senza preavviso presso la villa sita in via Migliarini per discutere della restituzione del denaro anticipato per i canoni di locazione.
In tale circostanza, l’uomo, minacciato con una pistola da CASAMONICA Guido mentre CARACCIOLO Luana interveniva sferrando violenti schiaffi sul capo, veniva costretto a rinunciare alla giusta pretesa risarcitoria.
Contestualmente, i due indagati -non ancora paghi- persistendo nella loro condotta violenta e intimidatoria, obbligavano la persona offesa a consegnare la somma in contanti di 700,00 euro, custodita all’interno della sua giacca.
L’approfondita attività investigativa – supportata da riscontri documentali e testimoniali- ha consentito di accertare la veridicità delle dichiarazioni rese dalla persona offesa e di fornire all’A.G. un grave quadro indiziario in merito ai reati contestati, caratterizzati da condotte che evocano la forza intimidatrice tipica dell’agire mafioso.
Gli odierni arrestati hanno infatti lucidamente posto in essere una violenta azione di prevaricazione, certi dell’impunità derivante dal silenzio omertoso della vittima e di eventuali soggetti testimoni.
Condizione che tuttavia in tale circostanza non si è verificata solo perché la vittima, essendo cittadino straniero, non conosceva lo spessore criminale della famiglia nella quale si era imbattuto, salvo poi manifestare vivo terrore appena compreso chi fossero i soggetti con cui si era confrontato.
Il denunciante, infatti, poche ore dopo la verbalizzazione, temendo ritorsioni per la caratura mafiosa dei responsabili dei fatti si presentava nuovamente presso il Commissariato Viminale chiedendo di poter ritirare la denuncia.
Proprio la forza intimidatrice su cui fanno leva gli appartenenti al Clan CASAMONICA, permette loro di attuare condotte di sopraffazione tali da sottomettere i soggetti con cui interagiscono alle loro volontà, creando uno stato permanente di timore che, a sua volta, genera un’omertà tale da rendere abitualmente impunite le loro prepotenze.
I fatti accaduti non sono frutto di occasionalità, ma sono un chiaro e indicativo fenomeno di predominio sul territorio, che consente ai CASAMONICA di affermarsi attraverso condotte sistematiche di violenza e intimidazione, mostrando una spiccata propensione criminale.
Anche l’attività investigativa condotta in occasione della nota e triste vicenda del “Roxy Bar“, verificatasi il 1° aprile 2018, ha posto in chiara evidenza comportamenti idonei a esercitare sui soggetti passivi quella particolare coartazione e quella conseguente intimidazione che sono proprie delle organizzazioni di stampo mafioso, consentendo per la prima volta la contestazione dell’aggravante del metodo mafioso nei confronti di appartenenti alla famiglia CASAMONICA.