“Il privato riscuote e il pubblico paga”
La “svendita” della Farmacia comunale di Colleferro presenta aspetti che devono essere chiariti nelle sedi opportune e i risultati dovranno essere portati a conoscenza della cittadinanza.
Nel riassumere la vicenda del suo fallimento è importante tenere ben presente i fatti, i soggetti, gli organi e le date, dalla cui successione si capisce quali fossero i veri obiettivi di alcune scelte gestionali e finanziarie.
Partiamo dalla delibera del Consiglio comunale del 2005 che trasforma l’Azienda speciale Farmacia comunale, nata nel 1964, in società per azioni, socio unico il Comune di Colleferro. Nei primi dieci anni la società produce utili, ma il Comune non incassa neanche una lira.
“Nel 2008 fatturava € 6 milioni e 129 mila” e “il valore della produzione raggiungeva € 3.186.045”; poi negli anni successivi i ricavi sono diminuiti e il risultato di bilancio del 2014 è stato di € -2.745.379,00. Nel 2008 viene deciso di spostare una delle due sedi dal centro commerciale Coop in via Casilina (ovviamente non fronte strada!). L’inaugurazione avviene nel 2011, scelta che, insieme ad altre decisioni avventate e avventurose, in assenza di controlli, “frena” la crescita, fino a sfiorare il ridicolo di un servizio che, sulla carta, più che una farmacia è un meraviglioso mondo dell’estetica!
Per l’ex sindaco Cacciotti la Farmacia comunale era “uno dei più riusciti esempi di buona gestione della cosa pubblica e, da ultimo, anche di ottime capacità imprenditoriali, tanto da riuscire a mantenere in buona salute un bene che fa parte del patrimonio della collettività e, nello stesso tempo, ad implementarlo ed accrescerlo, arrivando ad apportare ulteriori benefici alla Comunità stessa, sotto forma di migliori prestazioni e nuovi servizi” (Comunicato stampa 2.5.2011).
Sempre con delibera consigliare nel 2011 viene decisa la cessione dell’intero pacchetto della società e vengono indette due gare pubbliche nel 2014 che vanno deserte, senza che sia fissato un prezzo a base d’asta.
Nel frattempo l’ex Giunta Cacciotti – non il Consiglio comunale, l’unico organo competente a deliberare l’alienazione di immobili – decide lo “spacchettamento”, cioè la vendita a privati anche separatamente delle due farmacie (corso Garibaldi per € 826.000,00 e via Casilina per € 1.987.814,00).
Arriviamo ad ottobre 2014 e viene accettata la proposta di un privato di acquistare la farmacia di via Garibaldi, che sarà venduta per € 1 milione e 400 mila; somma di cui non conosciamo la destinazione ma che sicuramente non è stata utilizzata per soddisfare le richieste dei fornitori che reclamavano € 480,000. Perché nell’aprile 2015 il Commissario straordinario non ha utilizzato parte di questa somma per cercare di salvare la Farmacia?
Durante il Commissariamento del Comune nel 2015 non si riesce ad approvare il bilancio e il Consiglio di amministrazione, passando per il tribunale di Velletri, la mette in liquidazione. C’era la possibilità del cosiddetto concordato in bianco, che avrebbe consentito di evitare la procedura, di rientrare dalla sofferenza di € 480,000, possibilità che non si è voluta prendere in considerazione. “Superata” la relazione tecnica sulle prospettive future della Farmacia redatta da un consulente il Consiglio comunale, il 19 maggio 2016, delibera su relazione del Dirigente amministrativo, di affidare il servizio in concessione all’Azienda speciale servizi comuni (www.servizicomuni.com/default.asp, ASSC, ex Asper) e di riaprirla all’interno del centro commerciale Coop. La vicenda si chiude buttando all’aria oltre 50 anni di beni patrimonializzati!
La Farmacia è tornata ad essere Azienda speciale, dove il Comune di Colleferro è azionista con una quota di minoranza del capitale del 49%; gli altri soci sono i Consigli Comunali di Gavignano, Labico e Valmontone.
Il dissesto è stato in parte determinato da una sopravvalutazione dell’attività negozio-prodotto, a svantaggio di quella di presidio sanitario–servizio, dalla riduzione dei prezzi dei farmaci e dall’esorbitanza dei costi di gestione, inevitabile conseguenza vista l’incapacità degli amministratori e di chi doveva controllare.
La trasformazione dell’assetto societario non ci mette al riparo dal fatto che per la gestione della Farmacia occorrono professionisti competenti e amministratori capaci di riprendere ad esercitare in modo rigoroso la funzione di controllo, di garanzia e di trasparenza.
Se lo sono devono intanto implementare la sezione “Amministrazione trasparente” e dare attuazione alle norme che rendono obbligatoria l’accessibilità e la leggibilità delle informazioni che riguardano l’organizzazione, l’attività, l’utilizzo delle risorse e il corretto perseguimento delle funzioni dell’azienda, a cominciare dai curricula dei componenti il Consiglio di amministrazione, i compensi, il piano di ristrutturazione finanziaria e l’organigramma.
A breve la Farmacia tornerà ad essere un vero e proprio presidio sanitario, ma non possiamo lasciarci alle spalle l’accertamento delle responsabilità di questo dissesto, richiamate nel 4 punto della Delibera di Giunta Comunale (9 ottobre 2015, n. 74, Presa d’atto situazione “Farmacia Comune di Colleferro SpA”).
Il punto 4 prevede che la Giunta si riserva “ad esito delle opportune verifiche tecnico – patrimoniali, anche da parte del liquidatore appena nominato e degli organi sociali preposti, l’eventuale azione di responsabilità sociale” nei confronti del Consiglio di amministrazione della società.
Vorrei che non vi fossero “riserve” da parte della Giunta o colpi di spugna e che le “opportune verifiche” siano affidate ad una Commissione speciale, come prevede lo Statuto e il Regolamento comunale, per fare chiarezza sull’intera vicenda e consentire ai cittadini di conoscere la vera storia che ha portato alla fine della farmacia comunale.
Ina Camilli, Candidata sindaco non eletta Comune Colleferro