Partito il restauro della Fontana delle Rane, al centro di piazza Mincio nel quartiere Coppedè. Il progetto, sotto la direzione tecnico-scientifica della Sovrintendenza Capitolina, è il primo di tale portata dal momento dell’inaugurazione del monumento, nel 1927. L’importo totale delle attività di consolidamento e restauro è pari a 283.683,12 euro (Iva esclusa).
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Per poter avviare i lavori del restauro, è stata necessaria una fase preparatoria, avviata a marzo scorso, durante la quale sono stati svolti interventi di consolidamento del terreno di fondazione della fontana. Dopo i lavori di consolidamento, terminati ad aprile, è stata indispensabile una sospensione delle attività di cantiere per permettere la necessaria stabilizzazione delle resine consolidanti nel terreno di fondazione. Quindi in questi giorni è stato possibile l’avvio dei lavori di restauro sui bacini e sul gruppo scultoreo, che si concluderanno per l’inizio della primavera del prossimo anno.
Cenni storici
La Fontana delle Rane è posta al centro di piazza Mincio, ed è stata progettata dall’architetto Gino Coppedè, insieme agli edifici circostanti, tra il 1917 e il 1926, nell’ambito della costruzione del piccolo quartiere adiacente via Po, in seguito conosciuto come “quartiere Coppedè”.
I lavori di costruzione, iniziati nel 1917, procedono lentamente anche a causa della Prima Guerra Mondiale e terminano sostanzialmente nel 1927 (dopo la morte del Coppedè i lavori furono diretti e ultimati dal genero, Paolo Emilio Andrè).
Cuore del quartiere è rappresentato da piazza Mincio, di cui la Fontana delle Rane, così denominata per le dodici rane che la ornano, rappresenta l’elemento principale di arredo monumentale della piazza. Essa rispecchia lo stesso stile eclettico che decora le facciate dei palazzi circostanti, rappresentando un singolare esempio di urbanistica e decoro.
Progettata nel 1920, viene realizzata quattro anni dopo (1924) con alcune interessanti varianti: al posto dell’aiuola verde circolare con ciglio lapideo viene posizionata la vasca chiamata comunemente “il laghetto”.
Completavano il progetto due lampioni a candelabro che furono realizzati alternati a due panchine, tutti elementi rimossi successivamente. Inizialmente tutta la piazza era a sampietrini, oggi rimasti solo per alcune file intorno al marciapiede della fontana come ulteriore area di rispetto.
Alimentata dall’Acqua Marcia e realizzata in malta cementizia e travertino, la fontana ha una vasca con diametro di circa 10 metri, il corpo scultoreo si eleva di 2,70 metri con un diametro di 7,50 metri, mentre il bacino superiore ha un diametro di 3,50 metri; l’altezza complessiva dal piano stradale è di 4,50 metri.
All’interno di un basso bacino (il cosiddetto “laghetto”) con il bordo in travertino si erge il corpo della fontana realizzata in malta cementizia: un possente pilastro circolare centrale sorregge il catino superiore, ornato alla base da quattro mascheroni, posti a guisa di mensole, e da otto rane disposte simmetricamente sul bordo superiore, raffigurate nell’atto di spiccare un salto, ciascuna delle quali lancia uno zampillo d’acqua nel catino. Una cannella per lo zampillo saliente è posta al centro del catino.
Intorno al pilastro, separati da esso da un’alta vasca quadrangolare nascosta alla vista, sono disposti radialmente quattro gruppi scultorei in corrispondenza dei quattro accessi stradali alla piazza, composti da coppie di figure maschili sorreggenti una monumentale valva di conchiglia, sul cui umbone è collocata una rana, dalle cui narici sprizzano getti d’acqua; le figure, inginocchiate, raffigurate con una folta capigliatura mossa dal vento e con reti da pescatore strette fra le mani, dalla bocca soffiano acqua nelle vaschette semicircolari disposte ai loro piedi.
Negli spazi fra i gruppi scultorei si trovano quattro massi lapidei inchiavardati fra loro, sulla cui sommità poggiano una valva di conchiglia e un’ape, di berniniana memoria, colta nell’atto di suggere acqua; alla base dei massi si trovano coppie di vaschette semicircolari.
Intorno al bacino corre un marciapiede con ciglio in travertino, suddiviso in campi da fasce ortogonali in travertino; ogni campo è ornato da una losanga in travertino incassata in malta bituminosa e cemento.
A questa articolata macchina scultorea si contrappone il gioco delle acque: quella calma e stagnante del laghetto, gli spruzzi e i getti incrociati delle figure maschili e delle rane, le cascatelle delle valve di conchiglia, il velo del catino, l’esuberante getto superiore.