Tanto tuonò che alla fine (non) piovve. Il mercato invernale del Frosinone si è chiuso con un silenzio che fa più rumore di mille parole.
Senza voler entrare nel dettaglio della politica societaria, le uniche considerazioni possibili sono legate al fatto che il gruppo attuale viene ritenuto in grado di lottare ad armi pari per la salvezza oppure, di contro, si è preferito gettare la spugna con quattro mesi di anticipo per concentrare tutti gli sforzi sul prossimo campionato. Se qualcuno optasse per la prima ipotesi, non si potrebbero comunque omettere le dichiarazioni rilasciate già a fine novembre, quando si riteneva necessario addirittura l’acquisto di due attaccanti per rimpolpare il reparto sia numericamente che qualitativamente.
Dopo gli addii di Verde e Castillo, invece, c’è stato il vuoto. I tentativi di arrivare prima a Trotta e poi allo svedese Kujovic sono naufragati e la dirigenza non è stata in grado di progettare un piano di riserva per dare alla tifoseria almeno l’illusione di volerci provare. Pur essendo ben lontani dai budget milionari delle big, appare francamente paradossale constatare come anche poche centinaia di migliaia di euro possano frenare il mercato di una formazione comunque impegnata nel campionato di serie A e obbligata a credere nella salvezza finché la matematica ne darà speranza.
Il tesoretto è stato quasi completamente investito nella creazione delle infrastrutture (stadio e centro sportivo) e questo è un merito insindacabile, ma l’appassionato – che sia esso di curva nord, dei distinti o della tribuna – paga il biglietto d’ingresso soprattutto per vedere all’opera i giocatori e sostenere la squadra verso i propri obiettivi. Una piacevole abitudine che – a meno di imprevisti quanto sorprendenti cambi di marcia – sarà preclusa per le restanti sedici giornate, perché la strada verso il baratro è ormai tracciata e anche l’ultima speranza a cui aggrapparsi non esiste più.
Una serie A vissuta a metà, con un destino che potrebbe scriversi con largo anticipo annacquando gli ultimi appuntamenti di “gala” previsti dal calendario. Un danno d’immagine che farebbe addirittura più male dell’immobilismo di gennaio, quando anzi si sono fatti dei conti ben precisi e ci si è voluti liberare anche dell’ingaggio più pesante, quello di un Modibo Diakitè che – dopo aver superato le incomprensioni con Stellone – era stato reintegrato in rosa e poteva dare ancora il suo apporto alla causa. Privarsi del miglior centrale disponibile è stata solo l’ultima mossa in una strada che viaggia ormai a senso unico, come è stato silenziosamente indicato da chi di dovere. E sappiamo tutti qual è…