Presentate le Raccomandazioni sull’Oncofertilità firmate da oncologi, endocrinologi e ginecologi
TUMORI: “la fertilità è preservata solo nel 10% DEI PAZIENTI UNDER 40
LA RETE DEI CENTRI PER GARANTIRE L’ACCESSO ALLE TECNICHE MIGLIORI”
In Italia il cancro colpisce 8.000 giovani cittadini all’anno. In ogni Regione deve essere istituita una struttura di riferimento. La consulenza specialistica va eseguita entro 48 ore dalla diagnosi
Roma, 12 luglio 2016 – Meno del 10% delle donne che hanno avuto una diagnosi di tumore accede a una delle tecniche di preservazione della fertilità. Il numero è leggermente superiore fra gli uomini, ma ancora troppo basso. Nel nostro Paese vi sono 319 Oncologie e sono 178 i centri di Procreazione Medicalmente Assistita che applicano non solo la fecondazione in vitro ma anche la crioconservazione (cioè il congelamento e la conservazione a temperature bassissime) dei gameti. Ma va migliorata la comunicazione fra le due realtà. Va promossa la Rete nazionale dei centri di oncofertilità che consenta ai pazienti di rivolgersi a strutture pubbliche specializzate e organizzate per fare fronte a tutte le loro esigenze. La richiesta è contenuta nelle Raccomandazioni sull’Oncofertilità firmate dall’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM), dalla Società Italiana di Endocrinologia (SIE), dalla Società Italiana di Ginecologia e Ostetrica (SIGO) e presentate oggi a Roma in un incontro con i giornalisti. Ogni anno nel nostro Paese circa 8.000 cittadini under 40 (5.000 donne e 3.000 uomini) sono colpiti da tumore, 30 ogni giorno, pari a circa il 3% del numero totale delle nuove diagnosi. “Il desiderio di diventare genitori dopo la malattia è stato per troppo tempo sottovalutato – spiega il prof. Paolo Scollo, presidente SIGO -. Questo documento, indirizzato alle Istituzioni, riassume i principi chiave da seguire per un cambiamento sostanziale. In ogni Regione dovrebbe essere istituito almeno un Centro di riferimento in cui operino team multidisciplinari composti da ginecologi, senologi, andrologi, biologi e psicologi collegati in rete con i centri oncologici ed ematologici che abbiano esperienza nella gestione di pazienti in età fertile. Bastano poche strutture specializzate distribuite su tutto il territorio nazionale a cui devono fare riferimento altri centri connessi, in modo da realizzare un sistema efficiente ed efficace, senza spreco di risorse e con un’immediata attivazione e potenziamento delle strutture riconosciute idonee e già operanti in Italia. In questo modo potranno essere applicati i più aggiornati e validati strumenti diagnostici, terapeutici, laboratoristici e chirurgici così da garantire ai malati un percorso di cura appropriato e uniforme in tutta Italia”. Le principali tecniche di preservazione della fertilità nella donna sono costituite dalla crioconservazione degli ovociti o del tessuto ovarico e dall’utilizzo di farmaci (analoghi LH-RH) per proteggere le ovaie, nell’uomo dalla crioconservazione del seme o del tessuto testicolare. Il materiale biologico può rimanere crioconservato per anni ed essere utilizzato quando il paziente ha superato la malattia. “Per i cittadini – afferma il prof. Carmine Pinto, presidente nazionale AIOM – la Rete costituirà un grande vantaggio perché, dal momento in cui al paziente viene diagnosticata una neoplasia, l’oncologo sarà in grado di metterlo direttamente in contatto con il centro pubblico di riferimento per procedere, dopo adeguato counselling, alla crioconservazione dei gameti prima dell’inizio delle terapie, bypassando tutte le liste di attesa. La consulenza specialistica dovrà infatti avvenire entro 24-48 ore. Diversamente da quanto accade nell’uomo, nella donna l’utilizzo di alcune di queste tecniche è associato a un ritardo nell’inizio dei trattamenti antineoplastici: da qui l’importanza di avviare quanto prima le pazienti agli esperti in questo campo. Questo sicuramente è un ambito che necessita di un’implementazione della sanità pubblica”. I più comuni tipi di cancro nei giovani sono rappresentati nell’uomo dal tumore del testicolo, del colon-retto, della tiroide, dal melanoma e dal linfoma non Hodgkin, mentre nella donna dal carcinoma mammario, della tiroide, della cervice uterina, del colon-retto e dal melanoma. “Chiediamo al Ministro della Salute – continua il prof. Andrea Lenzi, presidente SIE – di attivare un confronto con le società scientifiche per programmare il numero, le dimensioni, la distribuzione territoriale e i volumi minimi di attività per la definizione di un Centro. Uno dei nostri obiettivi è anche migliorare fra i clinici la cultura della preservazione della fertilità dopo il cancro”. Nelle giovani sottoposte a trattamenti antitumorali, sono due le preoccupazioni principali nei confronti di una gravidanza, talvolta condivise anche dai medici: da un lato i possibili effetti nocivi delle terapie sullo sviluppo del bambino, dall’altro le conseguenze della gestazione sulla donna in termini di ripresa della malattia, in particolare in caso di neoplasie ormono-sensibili come quelle del seno. “Riguardo al primo punto – sottolinea il prof. Scollo -, i dati disponibili non dimostrano un aumento del rischio di difetti genetici o di altro tipo nei bambini nati da donne precedentemente sottoposte a terapie antineoplastiche. Per quanto riguarda il secondo aspetto, oggi è noto che le pazienti che hanno avuto un figlio dopo la diagnosi di tumore mammario non hanno una prognosi peggiore rispetto alle altre. Al contrario, i risultati di uno studio, condotto su 1.244 donne, segnalerebbero addirittura un effetto protettivo della gestazione, con una significativa riduzione del rischio di morte. Va quindi ritenuta definitivamente caduta la storica controindicazione alla gravidanza nelle pazienti con pregresso carcinoma mammario. Nonostante non sussistano reali controindicazioni, la quota di coloro che hanno almeno un figlio dopo la diagnosi di carcinoma mammario è tuttora molto bassa: solo il 3% tra le donne di età inferiore a 45 anni e l’8% se si considerano le under 35”. Anche per i giovani pazienti di sesso maschile, in assenza di una sindrome neoplastica ereditaria, non esiste alcuna evidenza scientifica che una precedente storia di cancro aumenti il tasso di anormalità congenite o di tumori nella loro prole.
“è importante – conclude il prof. Lenzi – che tutte le persone con diagnosi di tumore in età riproduttiva vengano adeguatamente informate della possibile riduzione della fertilità in seguito ai trattamenti antitumorali e, al tempo stesso, delle strategie oggi disponibili per limitare questo rischio. Le Raccomandazioni indicano tutti gli sforzi che dovrebbero essere messi in atto per aumentare lo scambio di informazioni fra i clinici per puntare non solo alla guarigione dei malati, ma anche al mantenimento dei loro obiettivi futuri, compresi quelli di una progettualità familiare”.
RACCOMANDAZIONI AIOM- SIE – SIGO SU ONCOFERTILITÀ
Premesso che
1. Negli ultimi anni la possibile comparsa di sterilità o infertilità secondaria ai trattamenti antitumorali e l’impatto psicologico sui pazienti hanno acquisito importanza crescente soprattutto alla luce di due fattori molti importanti:
− lo spostamento in avanti dell’età della prima gravidanza, che comporta il fatto che molti pazienti non siano ancora genitori al momento della diagnosi e
− il miglioramento della prognosi nei pazienti oncologici di età pediatrica e giovanile che ha determinato la costituzione di una vasta popolazione di giovani “ survivors” oncologici, ancora in età per programmare una paternità o maternità.
2. Ogni giorno in Italia vengono diagnosticati almeno 30 nuovi casi di tumore in pazienti di età inferiore ai 40 anni, pari al 3% della casistica generale.
3. I più comuni tipi di cancro in questo sottogruppo di pazienti sono rappresentati
− nella donna da carcinoma della mammella, tumori della tiroide, melanoma, carcinoma del colon-retto e carcinoma della cervice uterina, mentre
− nell’uomo da tumore del testicolo, melanoma, linfoma non Hodgkin, tumore del colon-retto e tumori della tiroide.
4. I trattamenti antiblastici quali chemioterapia, radioterapia e terapie biologiche, sebbene abbiano, da una parte, migliorato significativamente la sopravvivenza dei pazienti affetti da tumore, dall’altra sono associati a un elevato rischio di infertilità temporanea o permanente. Tale tasso d’infertilità è variabile e dipende da molteplici fattori quali: tipo della neoplasia, classe, dose e posologia del farmaco impiegato, estensione e sede del campo di irradiazione, dose erogata e suo frazionamento, età e sesso del paziente, anamnesi di pregressi trattamenti per infertilità.
5. Alcuni tipi di chemioterapici, in particolare quelli che danneggiano il DNA, riducono drasticamente, nella donna, il numero degli ovociti primordiali, diminuendo la cosiddetta riserva ovarica e aumentando il rischio d’infertilità e menopausa precoce, mentre nell’uomo possono interferire in momenti più o meno precoci della cascata spermatogenetica con conseguente alterazione dei parametri seminali fino all’azoospermia (in entrambi i sessi, il maggior rischio di perdita della funzione riproduttiva è associato agli agenti alchilanti come carboplatino e cis platino e per quanto riguarda la radioterapia è sufficiente una dose compresa tra 5 e 20 Gy sull’ovaio per causare una disfunzione gonadica, indipendentemente dall’età della paziente. Alla dose di 30 Gy il rischio di menopausa precoce si aggira intorno al 60% nelle donne di età inferiore a 26 anni).
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6. Le principali tecniche di preservazione della fertilità attualmente esistenti in Italia per i giovani pazienti che devono
sottoporsi a trattamenti antineoplastici sono rappresentate
− nella donna da crioconservazione degli ovociti, crioconservazione di tessuto ovarico, soppressione gonadica con
analogo LH-RH , trasposizione ovarica e terapia chirurgica conservativa, e
− nell’uomo dalla crioconservazione del seme o del tessuto testicolare.
7. Il tema della preservazione della fertilità è stato per troppo tempo sottovalutato e attualmente sta finalmente
assumendo un’estrema importanza sia per una corretta gestione del paziente oncologico sia per la creazione di una rete
nazionale che consenta ai pazienti di rivolgersi a Centri specializzati e organizzati adeguatamente per fare fronte a tutte
le esigenze di una categoria di pazienti estremamente delicata. Pertanto si rende necessaria la creazione di una rete
organizzativa dei Centri, con poche strutture specializzate distribuite su tutto il territorio nazionale alle quali devono
fare riferimento altri Centri connessi, in modo da realizzare un sistema efficiente ed efficace, senza spreco di risorse ed
un’immediata attivazione e potenziamento delle strutture riconosciute “idonee” e già operanti in Italia.
8. È necessario, pertanto, implementare i percorsi dedicati per la prevenzione dell’infertilità in tutte le Regioni Italiane
con prestazioni riconosciute dal Sistema Sanitario Nazionale e attraverso strutture multidisciplinari che diano vita alla
suddetta rete di centri di Oncofertilità in grado di rispondere tempestivamente alle esigenze dei pazienti. Per i cittadini
tutto ciò dovrebbe costituire un grande vantaggio perché, dal momento in cui al paziente viene diagnosticata una
neoplasia, l’oncologo dovrebbe essere in grado di metterlo direttamente in contatto con il centro di riferimento per
procedere, dopo adeguato counseling, con la crioconservazione degli ovociti/tessuto ovarico o degli spermatozoi/tessuto
testicolare prima dell’inizio delle terapie oncologiche, bypassando tutte le liste di attesa.
9. Il periodo finestra tra il momento in cui il paziente riceve la diagnosi di tumore e l’inizio della terapia è lo spazio utile
per la crioconservazione dei gameti. I Centri di crioconservazione devono quindi essere sufficientemente vicini
all’utenza in modo che la procedura non ritardi l’inizio delle terapie, ma anche qualificati per gestire il processo di
crioconservazione, sottoposto a rigide norme di sicurezza per evitare scambi di gameti o possibili inquinamenti da virus,
batteri ed altro. Quindi, tal fine, sarebbe opportuno che ogni Regione si dotasse di un Centro di riferimento in cui
operino team multidisciplinari composti da ginecologi/senologi, andrologi, biologi, e psicologici collegati in rete di
consulenza con i centri oncologici ed ematologici che abbiano esperienza nella gestione di pazienti oncologi in età
fertile, in grado di applicare le più aggiornate e validate tecniche diagnostiche, terapeutiche, laboratoristiche,
chirurgiche così da garantire ai pazienti un percorso appropriato e uniforme di cura su tutto il territorio nazionale
secondo i principi di giustizia sanitaria.
10. I criteri di valutazione dei Centri do Oncofertilità si dovrebbero basare su requisiti specifici organizzativi e
tecnologici; su idonee misure di sicurezza e qualità, sull’opinione dei pazienti e sui volumi di attività minimi accettabili
e sul controllo degli esiti
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Tutto ciò premesso le Società Scientifiche AIOM, SIE e SIGO valutano
A) che sia opportuno istituire delle campagne di comunicazione per i pazienti e di formazione ed informazione per gli
Associati in collaborazione con gli Enti preposti;
B) che esse stesse debbano impegnarsi a collaborare con il Ministero della Salute e con gli Enti preposti al fine di
diffondere la cultura della preservazione della fertilità dopo il cancro;
C) che sia opportuno che vengano stabiliti dei PDTA dedicati al tema
D) che il Ministero della Salute debba attivare un confronto per programmare il numero, le dimensioni, la distribuzione
territoriale ed i volumi minimi di attività per la definizione di un Centro di Oncofertilità;
E) infine, che sia opportuno proporre delle raccomandazioni a cui tutti gli Associati dovranno riferirsi e a tal fine
indicano una serie di criteri sotto riportati
1. Un centro di Oncofertilità dovrà essere una struttura Pubblica Ospedaliera/Universitaria o Accreditata che presenti i
criteri di multidisciplinarietà e i criteri di conformità strutturale alle Linee Guida del CNT a cui si rimanda.
2. Un centro di Oncofertilità dovrà essere una struttura in grado di garantire un servizio dedicato e continuo con un
adeguata numerosità di personale (ginecologi, endocrinologi-andrologi, biologi-gametologi psicologi e personale
infermieristico).
3. Un centro di Oncofertilità dovrà disporre di un sistema di prenotazione dedicato con disponibilità per consulenza
specialistica al paziente entro 24 – 48 ore e dovrà disporre di un sito web informativo.
4. Un centro di Oncofertilità dovrà disporre di un adeguato counselling sulla crioconservazione, sulle eventuali
successive tecniche di PMA ed i loro percorsi con adeguato materiale informativo e realizzare un Consenso informato
(possibilmente nazionale) e di una Cartella informatizzata (possibilmente nazionale).
Il Presidente AIOM
Prof. Carmine Pinto
Segreteria AIOM
Associazione Italiana di Oncologia
Medica:
Via Errico Noe 23 – 20133 Milano
[email protected]
www.aiom.it
Tel 02.70630279- Fax 02.2360018
Il Presidente SIE
Prof. Andrea Lenzi
Segreteria SIE
Società Italiana Endocrinologia:
FASI Srl
Via R. Venuti 73 – 00162 Roma
[email protected]
www.societaitalianadiendocrinologia.it
Tel 06.97605610 – Fax 06.97605650
Il Presidente SIGO
Prof. Paolo Scollo
Segreteria SIGO
Società Italiana di Ginecologia e
Ostetricia:
Via dei Soldati 25 – 00186 Roma
[email protected]
www.sigo.it
Tel 06.6875119 – Fax 06.6868142