Nursing Up, il Sindacato degli Infermieri Italiani Regione Lazio scrive alla ASL Roma 5 in merito all’ospedale di Palestrina. Nel dettaglio, ci sono tre lettere scritte per il personale impegnato nel COVID Hospital di Palestrina.
Di seguito le lettere integrali firmate dal Responsabile Regionale Nursing Up Lazio, Laura Rita Santoro.
“Al Direttore Generale della ASL Roma 5.
Oggetto: trasferimento coatto del personale di Palestrina.
La presente al fine di contestare i trasferimenti ingiustificati del personale di Palestrina, che ha ricevuto
inidoneità all’assistenza di pazienti affetti al COVID, presso l’ospedale di Palestrina. Una predisposizione che appare immotivata, soprattutto verso l’ospedale di Colleferro già a pieno organico, che come l’ospedale di Palestrina è stato spesso depauperato delle attività, uomini e mezzi. La disposizione parla di implemento di attività a Colleferro, con particolare riferimento alla chirurgia ed all’ortopedia che da Palestrina sono state trasferite a Colleferro, ma i reparti chirurgica e ortopedia, svolgono solo urgenze, per cui l’attività non è stata incrementata! Caso vuole che vengano trasferiti i soli dipendenti che hanno richiesto visita straordinaria, dal medico competente.
Dopo le esplicite dichiarazioni del Direttore generale Santonocito, che avrebbe dichiarato di voler
prendere posizione rispetto alle malattie, questa ci sembra una delle iniziative minacciate, come a voler
punire una categoria già provata, datata, che a causa del blocco del turnover, non è mai stata
reintegrata. La suddetta situazione è più che discutibile!
Tale atteggiamento può essere causa di mancate richieste di visita, il cui fine è evitare possibili
trasferimenti ritorsivi. Ci viene riferito di sanitari con limitazioni fisiche, anche importanti, come con
rischio biologico, che hanno evitato la richiesta di visita straordinaria, …e benché siano ben note le
loro condizioni di salute, stanno lavorando nel COVID Hospital di Palestrina. Ben note, poiché si
presuppone che il personale sia sottoposto ad accertamenti periodici costanti e continuativi. La
scrivente è profondamente preoccupata, ma segnaleremo agli organi competenti. Ci sono sanitari rimasti nell’ospedale, benché non impegnati nelle attività, mentre altri trasferiti d’ufficio, com’è successo ad altri.
Sono numerosi i colleghi che si chiedono come mai, anziché trasferire il personale a Colleferro, il personale non è stato trasferito sul territorio a rimpinguare situazioni notoriamente carenti come i centri vaccinali? Sul territorio sono stati fatti avvisi di mobilità per CSM e Vaccinale di Palestrina, ma le graduatorie non sono mai uscite, per necessità di personale. Il vaccinale ed il CSM di Palestrina sarebbero in sofferenza anche ora. Gli spostamenti sanno di atteggiamenti vessatori e/o punitivi, per i quali chiediamo conto! Una violenza. È inaccettabile!
Sono state celebrate l’apertura di un ambulatorio di ginecologica ed ostetricia nella casa della salute di
Zagarolo, ci aspettiamo che il personale non idoneo, citato, ma con un esperienza consolidata, in
pediatria, ostetricia e ginecologia, possa essere utilizzato nei suddetti contesti come quello di Zagarolo.
Sul territorio sono stati fatti avvisi di mobilità per CSM e Vaccinale di Palestrina. Le graduatorie non
sono mai uscite”.
“Al Direttore Generale della ASL Roma 5.
Oggetto: richiesta urgente di confort ristoratori per tutto il personale coinvolto nell’assistenza di pazienti affetti da COVID 19.
Gent.le Direttore, con sommo rammarico e molta preoccupazione, ho saputo delle vicissitudini accorse ai colleghi della dialisi COVID 19, presso l’ospedale di Palestrina.
I colleghi mi raccontano di essere stati in ostaggio, senza mangiare, ne bere, per molto tempo, prima che si definisse la positività o meno di un paziente. Un evento deprecabile. Quello che però ritengo più grave che ad oggi, la situazione sembra essere sovrapponibile. Il sacrificio dei colleghi dovrebbe essere riconosciuto anche con delle forme di confort, come snack, acqua e yogurt, per altro promesso e mai portato a termine.
I colleghi che si occupano di pazienti affetti da COVID 19, debbono rimanere vestiti senza poter mangiare, ne bere per 8/9 ore, prima d’iniziare, o dopo la svestizione, fornire ai colleghi i confort citati dovrebbe essere un atto dovuto. Si ricorda che abbiamo avuto colleghi, che a causa della disidratazione dovuta alla vestizione impermeabilizzata, è stata causa di svenimenti, ma anche distacco della retina.
Nella struttura di Palestrina, lavorano colleghi che abitano anche a 40 km di distanza dall’ospedale, i bar sono chiusi, fornire gli elementi citati è un atto dovuto. Si chiede, inoltre, che fine hanno fatto le promesse di alloggio, in zone circostanti l’ospedale? Nell’attesa di un sollecito riscontro e risolutivo, Cordialmente”.
“Al Direttore Generale della ASL Roma 5.
Oggetto: come chiudere un centro nascite facendolo risultare un atto terapeutico.
Ho letto con molta tristezza ciò che sta succedendo presso il centro nascite di Palestrina, dopo anni che
abbiamo contestato la mancanza di strumenti, al fine di consentire anche parti complicati, alla mancanza di personale ostetrico ed infermieristico, ora con il COVID, il reparto di ginecologia ed ostetricia è stato annientato. Nel principio, con la trasformazione dell’ospedale in COVID Hospital, si sentiva parlare anche di un centro nascita COVID, ma poi una volta per tutte si doveva attrezzare l’ospedale di quello che gli è mancato fino ad oggi.
Ebbene, lei è riuscito dove i suoi predecessori hanno fallito, è riuscito, lasciando un nucleo sparuto di professioniste sanitarie specializzate nelle nascite, a far “soccombere” una realtà, in passato apprezzata.
La tecnica è la stessa utilizzata in tutto il Lazio. Se si volesse abbattere una foresta, esistono due modi, procedere direttamente, generando le contestazioni dei cittadini e degli ambientalisti…ma esiste anche un altro modo, gettare dell’acido alla base delle radici degli alberi, così che dal veder morire gli alberi, a questo punto, l’abbattimento della foresta appare un atto terapeutico; cosi che politici e Direttori ospedalieri possono raccontarci l’abbattimento come una scelta obbligata e/o eroica.
Ridurre l’accesso degli utenti, non integrando il personale con uomini e donne, come nel caso di pensionamenti, o problemi di salute del personale, la non integrazione di strumenti atti a consentire parti adeguati, sono stati quell’elemento determinante affinché la struttura vedesse ridurre il numero dei parti gestiti. Cosa dire? Possiamo biasimare il personale che è risentito e scoraggiato nell’aver assistito a questa lenta ma, inesorabile e tormentata agonia? Nursing Up la chiamerà in causa a tutela dei colleghi
coinvolti. Cordialmente”.
Foto di repertorio