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Fedele vuole partecipare alla Santa Messa per il Patrono: multa di 400 Euro

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Fedele vuole partecipare alla Messa per il Patrono multa di 400 Euro

Un’incredibile vicenda che scuote tutta la cristianità e che pone delle riflessioni nel mondo cattolico e sulla costituzionalità di alcune procedure. La sanzione è da ritenersi legittima in relazione al DPCM, ma i fatti evidenziano come nelle varie decisioni prese dal Governo alcune avrebbero potuto godere di maggiore flessibilità, ben consci di quanto sia stato difficile gestire una tale emergenza. Scopriamo i dettagli di una vicenda che, sebbene avvenuta in un paese al confine tra Lazio e Umbria, investe l’interesse di tutto il mondo cattolico.

La multa

Nel calendario della Chiesa Cattolica, il 3 maggio ricorre la venerazione di San Giovenale da Narni. Nella ridente città umbra, in onore del Santo Patrono, si inscenano importanti rievocazioni storiche. Non quest’anno, però: il coronavirus ha cancellato quasi tutto.

Cionondimeno, in cattedrale, alla presenza del Vescovo, del Parroco e del Sindaco, si celebra – seppur in forma ristretta – la Santa Messa in onore del Santo. Una parrocchiana vorrebbe assistere. Mentre sta per varcare la soglia dell’ingresso della chiesa, viene fermata da una pattuglia di Carabinieri in servizio. Abbiamo raggiunto telefonicamente la donna per farci illustrare la sua versione dell’accaduto.

Ci racconti nel dettaglio come si sono svolti i fatti?

«Per me l’appuntamento con il Santo Patrono della mia città è irrimandabile. Con l’intenzione di partecipare alla celebrazione, mi sono avvicinata all’ingresso; si avvicinano alcune vigilesse. “Signora, dove va?” mi fanno. Rispondo dichiarando la mia volontà di entrare in cattedrale e per tutta risposta vengo informata del fatto che ciò è vietato. Rispondo che partecipare alla Messa è un diritto sancito dalla Costituzione Italiana e che il divieto non riguarda l’ingresso in chiesa in sé, quanto gli assembramenti; essendo la chiesa praticamente vuota, insisto per entrare. A quel punto intervengono i Carabinieri che mi impediscono fisicamente di proseguire, specificandomi che, in caso di insistenza da parte mia, sarebbero stati costretti a prendere provvedimenti».

Ti hanno chiesto di esibire l’autocertificazione?

«Sì. Ad un certo momento della discussione – che assumeva toni sempre più accesi – mi hanno invitato a compilare l’autocertificazione. Sembrava volessero tranquillizzarmi di fronte al rischio evidente di incorrere in una sanzione, ma mi sono rifiutata di denunciare una cosa non vera, ovvero che mi stessi recando dal tabaccaio o in farmacia: ho preferito dire la verità».

Che motivazione hai addotto?

«Semplice: che il problema non è la legge, ma Cristo e la Fede. E che questa è una sottile forma di persecuzione anticristiana. Pertanto, scegliendo di non barattare la mia fede in Gesù Cristo con un pacchetto di sigarette (che tra l’altro non fumo), sul foglio di autocertificazione ho deciso di scrivere, nella motivazione di uscita, la stessa frase che i martiri di Abitene (ai quali era stato proibito di riunirsi per celebrare l’Eucarestia) addussero davanti al procuratore romano prima di essere martirizzati sotto Diocleziano: “Sine Dominico non possumus” (cioè “Non possiamo vivere senza celebrare il giorno del Signore”), di fatto confermando che mi stavo recando in chiesa e non dal tabaccaio».

Eri a conoscenza delle disposizioni che limitavano l’ingresso in chiesa per i fedeli in questo periodo?

«Sì, ma sapevo anche che sono nate delle controversie sulla base della (discussa, ndr.) incostituzionalità delle stesse, addotta da alcuni giuristi e costituzionalisti. E comunque, in senso assoluto, il culto non può essere vietato».

Ci risulta però che la Cei stessa abbia firmato per la sospensione delle celebrazioni religiose aperte al pubblico…

«Chiaramente. Tutta questa storia è stata gestita male da più parti. I Vescovi stessi hanno preceduto il Governo nella decisione di chiudere al popolo la possibilità di partecipazione alle funzioni religiose. Ma ciò non toglie che lo Stato non possa esercitare questo tipo di potere. Lo Stato può legiferare sugli assembramenti; sul resto decide la Chiesa, che se ne assume la responsabilità davanti a Dio».

Luoghi di culto del cristianesimo chiusi: mai successo in duemila anni di storia

Che dire… Un problema non solo di Narni, ma dell’Italia cattolica intera. Non era mai accaduto, in duemila anni di storia, di dover chiudere i luoghi di culto del cristianesimo. Sicuramente, la vicenda emersa a Narni rappresenta la punta di un iceberg di una problematica avvertita da milioni di fedeli e da migliaia di sacerdoti. Forse una maggiore chiarezza sul fronte legislativo e sulle volontà della Chiesa sarebbe stata necessaria per una più corretta lettura della situazione da parte dei credenti. L’andirivieni di opposte posizioni da parte di Papa, Cei e Vescovi non ha certo aiutato la comunità cattolica, anche se è servito quantomeno a stimolare diversi punti di vista sulla tematica.

Non ultimo, il lavoro di Carabinieri e Polizia Locale, costretti in questa fase critica a dover gestire situazioni incresciose come quella riportata alla cronaca. Probabilmente, ne avrebbero fatto volentieri a meno. Sarebbe forse auspicabile un utilizzo più intelligente e virtuoso delle nostre Forze dell’Ordine in questo momento così delicato delle nostre città e del nostro Paese.