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Ciociaria, le storie di tre donne e del loro lavoro: fine della crisi sanitaria, inizio della crisi socio-economica?

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ciociaria storie tre donne lavoro post covid

Stiamo uscendo dall’emergenza sanitaria, ma cosa lascia alle nostre attività lavorative? La Segretaria territoriale UIL Anita Tarquini ha raccolto le testimonianze di tre donne ciociare in carriera.

Storie post-Covid di tre donne ciociare

Stiamo uscendo dall’emergenza Coronavirus, che cosa lascia nelle nostre realtà lavorative? Abbiamo intervistato la Segretaria Territoriale della UIL Frosinone Anita Tarquini che ha raccolto le sensazioni e stati d’animo di tre delle donne in carriera oggetto dell’inchiesta fatta a gennaio, tre storie diverse ma difficoltà simili per Tiziana, Tamara e Maria Rita durante l’emergenza sanitaria.

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Le prospettive sono terribili, il futuro tutt’altro che roseo, almeno ad oggi”. Parla così Tiziana del suo negozio di vendita di computer e assistenza informatica, rimasta aperta anche durante il lockdown come il codice Ateco imponeva: “Sarebbe stato meglio rimanere chiusi perché non abbiamo visto alcun cliente in queste settimane, il fatturato è stato pari a zero, ed essendo stati aperti, non rientriamo nelle categorie che fanno parte di quelle per le quali lo Stato ha previsto degli aiuti”. Dunque oltre al danno, dunque, la beffa che si è fatta ancor più pensate per altri aspetti: “A soffrire più di ogni altro è stato mio figlio che ho dovuto blindare a casa, con una baby sitter visto che anche mio marito è stato costretto a lavorare. Per tutelarlo abbiamo dormito in stanze separate, una sofferenza ulteriore per lui e per tutti noi”. Dal punto di vista economico si prevedono tempi duri: “Fatturato nullo a fronte di bollette e altre spese che sono arrivate puntualmente. Ad oggi ho ricevuto solo i 600 euro che non sono sufficienti neanche a pagare un mese di affitto. Neanche il bonus baby sitter è stato saldato. Abbiamo fatto assistenza in remoto che in termini economici non ha portato nulla. Per noi poi, adesso, parte un periodo, quello estivo che usualmente è poco producente e porterà ad un altro calo del fatturato. L’unica strada – conclude Tizianaè quella di stringere i denti e sperare”.

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Tamara è nel campo della vendita del caffè, un’attività che stava spiccando il volo prima dell’onda Covid-19 e l’inevitabile stop: “Le criticità – racconta – sono state diverse: macchine del caffè rimaste ferme negli uffici, chiusura per dieci giorni, durante le settimane di picco. Abbiamo sofferto un po’ non potendo servire neanche la nostra clientela consolidata. Ovviamente ci sono state delle perdite anche se non irreparabili. Ho tenuto mia sorella a casa assorbendo l’intero turno giornaliero. Tutto sommato possiamo dire di aver retto bene l’urto e ora speriamo di poter riprendere l’attività in pieno. Siamo pronti ad approdare sul web – sottolinea Tamarae ampliare il nostro bacino d’utenza oltre i confini regionali e perché no anche nazionali”.

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Maria Rita, ispettore Forestale per enti internazionali ed italiani che si occupano di rilasciare certificazioni specifiche per aziende del settore legno, vive in Lombardia, regione a rischio: “Ricominciare a lavorare girando per le varie aziende (del settore legno e carta) in cui effettuo i miei controlli – spiega – è stato un po’ problematico. Ho ripreso il 4 maggio ma sia io che i referenti delle ditte con cui interagisco durante i miei audit, abbiamo convenuto quanto sia paradossale e decisamente un po’ “complicata” la situazione, considerando che, portando obbligatoriamente le mascherine, non è possibile neanche vedersi in viso e le sue espressioni, aspetto fondamentale nel mio lavoro. C’è un senso di prudenza diffuso, ovunque saponi igienizzanti per le mani, guanti in dotazione, regolamenti per il “COVID” affissi nelle aziende, riunioni effettuate con pochi presenti e tutti a distanza, saluti da lontano fatti con un cenno del capo e c’è anche, fra tutti, il pensiero comune di un “chissà se tutto andrà bene e quando”.