“Cinquecento miliardi di dollari sono depositati in paradisi fiscali, mentre i governi perdono 14 miliardi di tasse l’anno: quanto basta a salvare la vita di 4 milioni di bambini africani e 200.000 madri”.
Lo denuncia l’organizzazione umanitaria Oxfam, una delle più importanti confederazioni internazionali nel mondo specializzata in aiuto umanitario e progetti di sviluppo, composta da 17 organizzazioni di Paesi diversi che collaborano con quasi 3.000 partner locali in oltre 90 paesi per individuare soluzioni durature alla povertà e all’ingiustizia.
Uno dei filoni dei documenti sullo scandalo dei Panama Papers, pubblicati dal consorzio di giornalisti investigativi (Icij), secondo Oxfam, rivelano infatti come, “attraverso società anonime offshore, l’Africa venga derubata di miliardi di dollari di gettito fiscale proveniente dalla gestione delle sue risorse naturali quali l’estrazione di diamanti, petrolio e altre materie spostando così miliardi di dollari intorno al mondo grazie a società schermo registrate a Panama, alle Isole Vergini britanniche e altri paradisi fiscali.
Secondo Winnie Byanyima, direttrice esecutiva di Oxfam International, “i paradisi fiscali, cui fanno ricorso privati e aziende, procurano danni enormi alle comunità più povere del mondo. In Africa un bambino su 12 muore prima dei 5 anni di età, 34 milioni non vanno a scuola e 40 milioni di giovani sono senza lavoro“.
È un saccheggio che deve finire, perché sottrae risorse essenziali per istruzione, sanità e lavoro. Una situazione che, secondo l’ong con sede in Gran Bretagna, “sta ampliando sempre di più la forbice tra ricchi e poveri in Africa”.
La segretezza dei paradisi fiscali e la complessità dei meccanismi con cui le offshore fanno i loro affari, impediscono ai paesi in via di sviluppo di ricevere la giusta quota di reddito proveniente dalle loro risorse naturali. “Nonostante tutta la retorica e le buone intenzioni, i governi semplicemente non stanno facendo abbastanza per fermare i flussi illeciti, l’evasione e l’elusione fiscale”, conclude Byanyima nella nota di Oxfam.