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Lazio, oltre 100 km di costa sabbiosa in erosione

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Erosione nel Lazio: oltre 100 km di costa sabbiosa in erosione nonostante lungo la costa siano stati realizzati il 33% dei rinascimenti di tutta Italia tra 1997 e 2016. 

A Ostia centinaia di interventi, barriere emerse e pennelli perpendicolari, ma dal 1990 al 2015 l’erosione complessiva è passata da 50.000 mq a 120.000 mq ed è ulteriormente peggiorata al 2018

“Barriere e pennelli sono poco utili, i ripascimenti totalmente effimeri. Per difendere la costa bisogna rinaturalizzare i fiumi, eliminare cemento, difendere la Posidonia e le dune”

Il litorale laziale si sviluppa per oltre 360 km con 220 di coste basse sabbiose. Già negli anni Settanta il fenomeno dell’erosione costiera era presente, e coinvolgeva circa 20-25 km di costa, il 10% dei km totali. Dai dati del Ministero dell’Ambiente, nel 1990 i km di erosione erano 77. Gli ultimi dati sono stati diffusi nel 2018 nelle Linee guida nazionali sull’erosione costiera. Sono riferiti al periodo 2007-2012 e riportano la presenza di 103 km di tratti di litorale in erosione (pari a circa il 44% del totale delle spiagge basse sabbiose), con una perdita di arenile stimata in circa 200 mila metri quadrati/anno. C’è da sottolineare che almeno metà dei tratti in erosione nel Lazio, a fine anni Novanta erano già stati “protetti” da opere rigide (pennelli, barriere radenti e scogliere), che nel 1997 risultavano essere 460.

All’anno 2000, secondo fonti ISPRA, il Lazio aveva perduto circa 2 milioni di metri quadrati di arenile, che rappresenta un bene economico diretto del valore capitale complessivo di circa 3 miliardi di euro. Tutto questo considerando che dal 1997 al 2016 sono stati realizzati importanti interventi di ripascimento sul litorale laziale, anche reiterati nelle stesse località, per un volume complessivo di circa 7 milioni di metri cubi di sabbia, circa il 33% di tutti i ripascimenti realizzati in Italia nel periodo. Risulta chiaro che questa mole di rifornimento di sabbia alla costa ha contribuito a non peggiorare il quadro erosivo complessivo, ma è altrettanto evidente che questi rifornimenti di sabbie hanno avuto durata breve, testimoniando il fatto che non si è intervenuti sulle cause scatenanti la erosione costiera e sul conseguente disequilibrio energetico del sistema.

Tra le zone maggiormente colpite c’è il litorale di Roma (Ostia), oggetto di numerosi interventi sia di opere rigide che di reiterati ripascimenti. In particolare su questi 10 km di litorale sono state realizzate opere rigide come barriere sommerse ravvicinate (Ostia Ponente) o distanziate (Ostia Centro), pennelli semisommersi (Ostia Ponente e centro), ripascimenti con sabbie da cave terrestri (Ostia Ponente e Centro), con sabbia da cave marine (Ostia Ponente e Levante). Nonostante ciò, dal 1990 al 2015 l’erosione complessiva del litorale di Ostia è passata da circa 50.000 mq a 120.000 mq. Dal 2016 al 2018 la situazione è ulteriormente peggiorata, riportando il litorale di Ostia tra le emergenze primarie della economia e della tutela ambientale della Regione Lazio.

Secondo il “Rapporto sulle criticità dei litorali laziali, sui criteri di priorità e sulla possibile programmazione degli interventi” curato dalla Regione nel 2016, sono soggette a reiterati collassi anche le zone di San Felice Circeo e Minturno, ma soprattutto il tratto di litorale di Fiumicino nella zona di Focene-Fregene, che dal 2005 al 2011 ha perso sabbie litoranee per circa 100.000 m3/anno, malgrado le opere rigide a difesa costruite nel periodo, anzi potremmo dire, soprattutto a causa delle opere rigide costruite.

Negli ultimi anni la situazione è ulteriormente peggiorata nella zona di Fregene Sud, con arretramenti della linea di riva maggiori di 100 metri. Tra il 2018 e il 2019 il peggioramento della erosione nel tratto prospiciente lo sbocco a mare del canale collettore delle acque alte, ha provocato l’ingressione dell’acqua marina nell’habitat retrostante, con gravissimi danni all’ecosistema: le cause di questo disastro sono legate alla presenza dei pennelli e delle scogliere costruite a sud, che hanno spostato verso nord il processo erosivo, accentuandolo a causa della accelerazione impressa alla corrente longitudinale.

In questo contesto drammatico si innesta anche il progetto del nuovo porto commerciale di Fiumicino: così come ora concepito, nella sua geometria e dimensioni, avrà un effetto di accentuazione del fenomeno erosivo su tutta la fascia costiera a nord, sempre legato alla accelerazione della corrente di fondo che scorre sotto costa verso nord. Un dato di fatto è evidente: Il sistema costiero non è in equilibrio da tempo, e sarebbe quindi fondamentale intervenire sulle cause scatenanti di questa erosione, la cui escalation è legata soprattutto alla presenza delle opere rigide realizzate ed alla conseguente alterazione della dinamica della corrente litoranea di fondo.

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“Barriere e pennelli sono poco utili e i ripascimenti totalmente effimeri, dobbiamo riflettere su questi dati – afferma il presidente di Legambiente Lazio, Roberto Scacchi – e valutare seriamente nuovi interventi volti a semplificare e aiutare il sistema naturale costiero, attraverso un monitoraggio frequente della morfologia costiera allo scopo di analizzare in dettaglio il trasporto litoraneo delle sabbie. L’erosione c’è perché manca apporto detritico dei fiumi con il quale il mare crea nuove sabbie, perché le fasce dunali che difendono la costa e ridanno sabbia alle spiagge sono state distrutte dal cemento, perché le praterie di posidonia che sotto il mare fanno da barriera allo scivolamento sabbioso hanno subito gravissimi ridimensionamenti e perché ogni opera rigida nell’acqua porta squilibri e accelerazioni delle correnti in grado di far scomparire interi chilometri di spiaggia.

L’obiettivo deve essere: rinaturalizzare gli alvei fluviali a partire dal Tevere, eliminazione il cemento sulla costa ed evitarne di nuovo, difendere i SIC marini che custodiscono la Posidonia e gli ambienti dunali su tutto il litorale”.