A seguito delle diverse critiche rivolte alla città nel tempo, si vuole, mediante l’articolo, esaltare la sua bellezza intrinseca facendo attenzione a dettagli che solo lo sguardo attento di un visitatore sa cogliere… Colleferro è una cittadina istituita nel 1935.
Un elemento peculiare è la fabbrica; i suoi abitanti, da anni, sono abituati a udire il gemito della sirena che ancora oggi risveglia la valle. Il paesaggio intorno è assai differente da quello di una metropoli come Roma: le case, difatti, sono circoscritte da una catena di montagne che caratterizzano il complesso dei Monti Lepini. Per un ragazzo abituato al frastuono dell’immensa capitale, un posto così tranquillo risulta ameno e fuori dalla realtà. Ciò che salta subito all’occhio, inoltre, è la presenza, accompagnata da una proficua attività, di umili negozi, ancora non sostituiti dalle grandi imprese.
Nonostante le ridotte dimensioni, il piccolo centro urbano viene considerato dalle zone limitrofe un punto di riferimento di importanza non indifferente. Come ogni città, anche questa però, cambia il suo aspetto con l’arrivo dell’inverno. Il freddo gela le strade, gli alberi sono spogli e anche Colleferro si massifica, trasformandosi in un via vai di caos, macchine e fari accesi alle quattro del pomeriggio. L’atmosfera estiva svanisce. Non ci sono più gli anziani seduti sulle panchine di Piazza Italia, all’ombra di un platano, che ricordano i loro bei tempi passati.
Anche il lungo viale che contempla dal basso la maestosa fabbrica sembra mutare. La fitta e grigia nebbia si mescola al fumo dell’edificio industriale, offuscando il bagliore del sole. Si avverte una lacerante nostalgia se ci si spinge verso il cimitero; la sua imponenza incombe sul territorio e smorza la bellezza del noto “Castello Vecchio”. Quest’ultimo, situato su una collina, viene ignorato dai passanti durante la stagione fredda, mentre in estate il prato sottostante è cosparso da teli colorati, sui quali si riuniscono famiglie intere per i picnic.
Che dire poi della stazione: un continuo flusso di persone che si scambiano saluti, sguardi e addii un po’ troppo malinconici. Lacrime, sorrisi e abbracci si susseguono ogni volta che un treno arriva o, al contrario, se ne va… si ode un fischio e le rotaie cominciano a muoversi, prima piano, poi sempre più velocemente, lasciandosi alle spalle una città di provincia non ancora dimenticata.
Elisa Proia