Quasi 4 italiani su 10 (37%) dichiara di non aver ancora scaricato la App Immuni e di non avere alcuna intenzione di farlo, a fronte di un 24% di italiani che invece Immuni la usa già. La rimanente popolazione nazionale è ancora indecisa sul da farsi.
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Il dato, frutto di una indagine sull’impatto psicologico dell’emergenza Covid-19 in questa Fase 3, condotta dal Centro di ricerca EngageMinds HUB dell’Università Cattolica, campus di Cremona, arriva in concomitanza con la nuova campagna promossa dal Governo italiano a favore dell’utilizzo della App Immuni, deputata a tracciare i movimenti dei cittadini in questa fase della pandemia, in cui si sta assistendo a una progressiva crescita dei contagi.
Il dato è ancora più preoccupante in quanto appare in peggioramento rispetto a quanto emerso nella rilevazione effettuata durante la Fase 2 dal Centro di ricerca EngageMinds HUB della Cattolica quando Immuni ancora non era stata sviluppata, ma già se ne parlava, in cui il 40% degli italiani aveva dichiarato che “molto probabilmente” avrebbe installato una App per il tracciamento dei contatti e solo il 16% lo escludeva categoricamente. Insomma: con il passare del tempo e le prime esperienze sembra che si sia addirittura eroso il consenso circa la App Immuni, invece di essere aumentata l’intenzione a scaricarla.
La nuova “wave” di ricerca è stata lanciata – nell’ambito del progetto Craft e di IRCAF dell’Università Cattolica, campus di Cremona – dal team di ricerca dell’EngageMinds HUB dell’Ateneo del Sacro Cuore coordinato dalla professoressa Guendalina Graffigna (Lorenzo Palamenghi, Greta Castellini, Mariarosaria Savarese e Serena Barello) relativa alle ricadute dell’emergenza sanitaria sulle percezioni e sulle preoccupazioni dei consumatori italiani.
I motivi dello scetticismo verso la App Immuni
Solo per un 2% si tratta di dimenticanza e solo il 7% lamenta problemi tecnici (per esempio incompatibilità con il proprio cellulare, difficoltà a scaricarla e a farla funzionare).
A prevalere sembrerebbero essere preoccupazioni e pessimismo sulla sua utilità. Infatti è diffuso lo scetticismo circa il razionale di uso e l’efficacia di Immuni: il 63% tra i concittadini che non hanno ancora scaricato Immuni la ritiene inutile, percentuale che aumenta al 67% tra gli uomini e tra chi si sente “confidente” nella sua capacità (spesso “buon senso”) di prevenire il rischio di contagio (70%). Inoltre il 35% teme che la sua privacy non sia tutelata con Immuni e necessiterebbe di maggiori rassicurazioni.
A fare la differenza è il fattore psicologico
Ciò che di più rilevante risulta dalla ricerca dell’EngageMinds Hub della Cattolica è che la predisposizione all’impiego dell’App Immuni appare decisamente influenzata da fattori psicologici. Innanzitutto chi è più spaventato dell’epidemia da Covid-19 è anche più predisposto a utilizzare un sistema di contact tracing: il 41% rispetto al 31% di chi è meno in allarme. Ma a fare la differenza sembrano essere anche i valori e la personalità dei rispondenti: chi ha scaricato Immuni, infatti, si descrive come più tollerante e altruista e dichiara per lui prioritario la realizzazione di principi di eguaglianza sociale e universalismo rispetto al resto degli intervistati.
Fasce critiche
L’atteggiamento medio non cambia nemmeno tra chi ha una patologia cronica e il cui generale scetticismo verso la App è tendenzialmente in linea con la percentuale del campione nazionale.
“Collaborazione e fiducia dei cittadini verso il sistema sanitario sono due ingredienti fondamentali per giocare di anticipo sul nuovo Coronavirus e isolare potenziali focolai – dichiara la professoressa della Cattolica Guendalina Graffigna responsabile dello studio -: ecco perché scaricare e usare Immuni è così importante. Perché si tratta di uno strumento che può rendere i cittadini davvero protagonisti nella strategia di contenimento della pandemia. Tuttavia i nostri studi mettono in luce quanto gli italiani siano diffidenti e scettici verso questo strumento”, aggiunge Graffigna. “Tuttavia le preoccupazioni e perplessità degli Italiani verso Immuni non vanno sottovalutate, al contrario vanno considerate un campanello di allarme importante che porti a orientare urgentemente iniziative di educazione e di engagement dei cittadini per un reale cambio culturale nel modo in cui le persone vivono la salute e il loro ruolo in sanità”.
Nota metodologica
La ricerca è parte di un Monitor continuativo sui consumi alimentari e sull’engagement nella salute condotta dal centro di ricerca EngageMinds HUB, che rientra nelle attività del progetto CRAFT (CRemona Agri-Food Technologies) e di Ircaf (Centro di riferimento Agro-Alimentare Romeo ed Enrica Invernizzi). La ricerca di EngageMinds HUB è stata condotta su un campione di 3000 italiani, rappresentativo della popolazione per sesso, età, appartenenza geografica e occupazione: i primi 1000 casi dal 27 febbraio al 5 marzo (seconda settimana di pandemia in Italia); i secondi 1000 casi dal 9 maggio-15 maggio 2020 (seconda settimana di fase 2 in Italia), i terzi 1000 casi tra il 19 e il 24 settembre 2002. I tre campioni sono perfettamente sovrapponibili. La survey è stata realizzata con metodologia CAWI (Computer Assisted Web Interview).