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Roma, situazione difficile nei Centri di accoglienza tra proteste e positivi al Coronavirus: la denuncia di USB

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“Nei Centri di Accoglienza di Roma all’epidemia si sommano le proteste dei migranti e i sequestri di operatori, ma il Prefetto non dà segni di vita”, è quando denuncia l’Unione Sindacale di Base in data odierna.

La situazione riportata da USB

La situazione dei Centri di accoglienza viene riportata da USB tramite questo comunicato:

“Nei CAS (Centri di accoglienza straordinari) romani si contano numerosi positivi tra migranti, operatori e operatrici. La situazione è al limite del collasso e il Prefetto di Roma (responsabile della sicurezza nei centri) non risponde alle richieste di chi ci lavora.

La condizione era già a limite prima dell’emergenza sanitaria, a causa dei tagli economici, di personale e di servizi dovuti ai decreti sicurezza. Oggi con la pandemia di Covid-19 questi tagli sono più che mai un ulteriore innesco per un focolaio già di suo difficile da contenere e controllare, e che mette a serio rischio la sicurezza di tutte le parti interessate.

Nella giornata di giovedì nel Cas di Riserva Nuova, al Prenestino (VI Municipio), la Asl ha riscontrato altri 5 ospiti positivi e ha disposto così un ulteriore periodo di quarantena dopo quello stabilito alla comparsa dei primi contagiati, all’inizio di ottobre.

Tanto è bastato a scatenare la rabbia di una minoranza dei richiedenti asilo, che si sono barricati all’interno del centro finendo così con il sequestrare gli operatori, costretti a rinchiudersi in una stanza.

È il risultato degli errori commessi dalla Prefettura di Roma, che non aveva previsto alcuna misura di isolamento nel caso si fossero sviluppati (come poi ovviamente accaduto) piccoli o grandi focolai nelle strutture di accoglienza.

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Sabato verranno svolti i test negli altri centri dello stesso Municipio. Il rischio è che si ripetano gli incidenti di ieri, con intervento delle forze dell’ordine.

Basterebbe che il prefetto individuasse alcuni alberghi da requisire per isolare i positivi e permettere a tutti gli altri, operatori e ospiti, di continuare a svolgere la loro vita “normale”, se si può parlare di normalità nelle condizioni in cui vengono accolti in questo Paese.”

Foto di repertorio.