Di seguito, la nota dell’Associazione Medici di Famiglia per l’Ambiente:
La gestione dei rifiuti presenta notevoli ed importanti ricadute sulla salute e sulla convivenza sociale. Come medici ci corre obbligo di fare alcune puntualizzazioni e fare chiarezza su un argomento quasi mai considerato dal punto di visto della salute, ma da sempre oggetto degli appetiti economici più aggressivi. La frazione organica dei rifiuti urbani (FORSU), che rappresenta il 35% circa delle produzione complessiva di rifiuti urbani, deve essere gestita secondo la gerarchia di priorità individuata dalla UE (Direttiva 2008/98/CE), privilegiando la prevenzione (autocompostaggio) e il riciclaggio/recupero di materia (identificabile unicamente con il compostaggio aerobico tradizionale).
La digestione anaerobica (DA) dei rifiuti, propria del biodigestore, finalizzata al recupero di energia, è considerata scelta di secondo livello rispetto al compostaggio tradizionale che è da preferire in via prioritaria. Questo è quanto dice l’Europa in modo chiaro ed inconfutabile: gli inceneritori e le discariche in primis, a seguire i biodigestori sono modalità da non preferire per lo smaltimento dei rifiuti. Ogni altra interpretazione non rispetta la salute e favorisce altre finalità. Il Comune di Frosinone già paga un prezzo altissimo allo smaltimento dei rifiuti organici con la discarica di via Le Lame dove sono ammassate tonnellate di rifiuti provenienti da tutta Italia, un riconosciuto mostro ambientale, una bomba ecologica non sanificabile, la seconda peggior scelta, dopo gli inceneritori per trattare i rifiuti organici. Il biodigestore di Frosinone dovrebbe sorgere a poche centinaia di metri dalla discarica di via Le Lame, ancora più prossimo al centro città. Trattasi di un biodigestore anaerobico, la terza peggior scelta secondo la Direttiva Europea per trattare i rifiuti, deputato a smaltire 50.000 tonnellate/annue di rifiuti provenienti da ogni dove, quantità enorme se si rapporta alle circa 3000 tonnellate/annue prodotte dal Comune di Frosinone.
Dalla digestione anaerobica dei rifiuti immessi nel biodigestore, residua il digestato, una poltiglia semiliquida che deve essere separata, trattata e smaltita in quanto classificata rifiuto speciale ( CER 19.06.00 ) non utilizzabile in agricoltura (Consiglio di Stato n.6093 del 4/9/19). Di fatto per la gestione del digestato si ripropone la seconda peggior scelta : la discarica, senza recupero e senza economia circolare, con impossibilità di usare tale rifiuto speciale come arricchente i terreni. Rispetto la produzione del biogas, proveniente dalla biodigestione dei rifiuti in entrata e convertito in biometano, riportiamo quanto asserito da ISDE Italia nella Position Paper sul trattamento della FORSU : “Il proliferare di impianti di produzione di biogas basati sulla digestione anaerobica di rifiuti organici (non necessariamente urbani) è da attribuire più che ad una loro intrinseca convenienza economica o ancor meno a loro presunti vantaggi sul piano ambientale, alla distorsione prodotta da un sistema di incentivi che premiano in misura eccessiva l’energia ottenibile da tale fonte” ed ancora “è comunque opportuno evidenziare che i meccanismi di incentivazione di produzione energetica spesso possono essere usati da lobbies finanziarie e speculative per creare distorsioni di mercato tese a centralizzare nelle mani pochi beneficiari privati utili elevati a scapito degli interessi della collettività”.
Sia il compostaggio che la digestione anaerobica possono presentare criticità ambientali e sanitarie legate alla qualità del materiale in ingresso che, qualora non adeguata (in particolare per la presenza di batteri patogeni, elevate concentrazioni di metalli pesanti e composti organici tossici), può produrre contaminazione del suolo e della catena alimentare ed emissioni inquinanti in atmosfera, molte delle quali osmogene maleodoranti ( puzza intensa di uova marce), alcune delle quali cancerogeni certi per l’uomo. Il contesto territoriale che ci vede SIN (Sito di Interesse Nazionale per la bonifica), le criticità ambientali, il livello altissimo di inquinamento atmosferico già presente con peggioramento ineludibile, rendono non pensabile la nascita di un siffatto opificio. Rammentiamo che lo studio condotto su oltre 3000 cittadini di Frosinone, negli anni 2015-2016, ha evidenziato una prevalenza di asma e di bronchite cronica ostruttiva rispettivamente del doppio e del triplo rispetto la media del resto d’Italia, a significare una già esistente condizione di fragilità di salute degli abitanti, sulla quale non è eticamente consentito ogni ulteriore aggravio.
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Il biodigestore è un rischio sanitario non trascurabile per la salute, va scoraggiato, quantomeno, in territori quale il nostro.
Dott.Giovambattista Martino – coordinatore Associazione Medici di Famiglia per l’Ambiente