Un paese confuso, con un tessuto economico e sociale pericolante e sferzato dai colpi di una emergenza sanitaria che ha evidenziato, ancora una volta, tutte le sue profonde carenze strutturali. È questa l’impietosa fotografia dell’Italia ai tempi del Corona virus emersa nel 54° Rapporto annuale del Censis “La società italiana al 2020” uscito nei giorni scorsi.
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L’insicurezza sul lavoro e la galassia dei nuovi poveri
Per l’85% degli italiani l’epidemia di Covid-19 ha confermato e aggravato la vera divisione sociale esistente nel vasto universo dei lavoratori. Una Italia divisa in due. Da un parte i garantiti e dall’altra i non garantiti. Da una parte coloro che hanno la sicurezza di un posto di lavoro e di un reddito assicurato, dall’altra tutti gli altri che invece non ce l’hanno. I primi poi, i super garantiti, sono quelli che hanno come datore di lavoro lo Stato. I dipendenti pubblici, cioè un esercito di 3,2 milioni di lavoratori da sempre bistrattati e denigrati e che ora sono al riparo dalla débâcle economica. Di contro, il 53,7% degli occupati nelle piccole imprese, rispetto ad un più contenuto 28,6% dei lavoratori delle grandi aziende, guardano con apprensione a cosa sarà del proprio posto di lavoro nei prossimi mesi. Dati preoccupanti che indicano la gravità della situazione e dietro alla quale si nasconde lo spettro della disoccupazione. Poi si aggiunge anche la galassia dei dipendenti del settore privato a tempo determinato. Si parla di quasi 400 mila persone che non hanno avuto il rinnovo del contratto nel secondo trimestre dell’anno.Segue la nebulosa degli scomparsi cioè dei lavoratori in nero o di quelli che svolgono dei lavoretti occasionali, che arriva a contare quasi 5 milioni di persone inabissatesi senza fare rumore. Infine, si legge nel Rapporto, ‘i vulnerati inattesi: gli imprenditori dei settori schiantati, i commercianti, gli artigiani, i professionisti rimasti senza incassi e fatturati.’
L’impatto del virus ha aumentano le distanze fra ricchi e poveri
Secondo quanto emerge dal Rapporto, ‘il 90,2% degli italiani è convinto che l’emergenza e il lockdown abbiano danneggiato maggiormente le persone più vulnerabili e ampliato le disuguaglianze sociali.’ Sono soltanto lo 0,1% del totale degli italiani che dichiarano un reddito a superare i 300.000 euro l’anno, con una media di 606.210 euro pro capite, appena 40.949 persone del totale dei dichiaranti. Mentre sono ‘1.496.000 le persone con una ricchezza che supera il milione di dollari (circa 840.000 euro): sono pari al 3% degli italiani adulti, ma possiedono il 34% della ricchezza del Paese.’
Il conto della crisi pagato dai giovani e dalle donne
Rispetto all’anno scorso, si legge nel Rapporto, ‘nel terzo trimestre sono già 457.000 i posti di lavoro persi da giovani e donne, il 76% del totale dell’occupazione andata in fumo (605.000 posti di lavoro). E sono 654.000 i lavoratori indipendenti o con contratto a tempo determinato senza più un impiego’. Uno tzunami occupazionale che ha colpito le fasce di età più basse e in particolari settori produttivi. Tra aprile e giugno di quest’anno sono stati i giovani, fra i 15 e i 34 anni, risultano i più colpiti in alcuni settori. Fra questi ultimi si leggono gli ‘alberghi e ristorazione (sono più della metà dei 246.000 occupati in meno nel settore rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente), industria in senso stretto (-80.000), attività immobiliari, professionali e servizi alle imprese (-80.000), commercio (-56.000).’ E nella disparità di possibilità per poter resistere alla perdita del lavoro le donne, ancora una volta, sono le più svantaggiate. Infatti, sempre nel secondo trimestre di quest’anno il tasso di occupazione, ‘che per gli uomini raggiungeva il 66,6%, presentava un divario di oltre 18 punti a sfavore delle donne. Nella classe di età 15-34 anni solo 32 donne su 100 risultano occupate o in cerca di una occupazione. Per le donne di 25-49 anni il tasso di occupazione è del 71,9% tra quelle senza figli, solo del 53,4% tra quelle con figli in età pre-scolare. E tra il 2008 e il 2019 la produttività del lavoro in Italia è aumenta appena dello 0,1%.’
‘Meglio sudditi che morti’
Fra gli altri dati emersi dalla ricerca del Censis ne compaiono alcuni molto preoccupanti se si leggono in una prospettiva di lungo periodo. Il Rapporto ha rilevato, infatti, come le conseguenze della pandemia produrranno delle scorie e fra, le altre emerse, compare la propensione degli italiani a barattare volontariamente la loro libertà con il controllo della salute. Si legge che ‘il 57,8% degli italiani è disposto a rinunciare alle libertà personali in nome della tutela della salute collettiva, lasciando al Governo le decisioni su quando e come uscire di casa, su cosa è autorizzato e cosa non lo è, sulle persone che si possono incontrare, sulle limitazioni della mobilità personale’. Inoltre, ‘il 38,5% è pronto a rinunciare ai propri diritti civili per un maggiore benessere economico, introducendo limiti al diritto di sciopero, alla libertà di opinione, di organizzarsi, di iscriversi a sindacati e associazioni.’