Se, come abbiamo visto nell’articolo precedente, la produzione dello zucchero dalla barbabietola prese slancio a partire dalla fine del XIX secolo, possiamo adesso chiederci come viene introdotta la barbabietola nel territorio dell’attuale Lazio. Per rispondere a questa domanda è necessario riavvolgere la narrazione e riprendere la storia dello zuccherificio di Anagni. Secondo quanto scrive Renzo De Felice, nel suo Aspetti e momenti della vista economica di Roma e del Lazio, l’introduzione della barbabietola avviene “attorno al 1840, come foraggio.”(p. 119) A sperimentare per primo questa nuova coltura è il principe Marcantonio Borghese, nelle sua tenuta di Torre Nova e a Villa Pinciana. Nonostante questa introduzione e i primi tentativi di applicazioni in altri poderi, nel complesso, “sino all’ultimo decennio del governo pontificio, la coltivazione della barbabietola rima[ne] però sostanzialmente ridotta.” Solo qualche anno dopo è ripresa per una utilizzazione industriale. La nuova coltivazione si diffonde rapidamente prima nella zona della alta Valle del Sacco a sud di Roma, fra i territori di Anagni e Paliano, nella zona denominata Castellaccio e poi nell’area del Reatino. Nella zona del Castellaccio, nel comune di Anagni, secondo quanto detto nel precedente articolo, viene costruito anche uno zuccherificio. Sebbene la produzione di barbabietola per fini industriali si rivela molto redditizia con un utile netto di quasi il quintuplo rispetto al valore che si ricavava da un rubbio di granoturco, la sua coltivazione subì una decisa contrazione che portò alla chiusura dell’impianto. Lo stesso destino toccò allo produzione della barbabietole nella zona di Rieti, dove pure fu costruito uno zuccherificio. (p. 120) anche quest’ultimo già accennato negli articoli precedenti.
E’ questo quindi il percorso che segue l’ingresso della barbabietola nelle zone della Valle del Sacco e in quei territori dove viene impiantato lo stabilimento di cui si sta tentando di ricostruire la storia. Un percorso tortuoso fatto di fallimenti e di riprese, dove la stampa svolse un ruolo tutt’altro che secondario.
Lo scopriremo al prossimo appuntamento.