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Roma, parla il Direttore scientifico dello Spallanzani: “Non escludo terza ondata”

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Il professor Giuseppe Ippolito, Direttore scientifico dell’Istituto Nazionale per le Malattie Infettive al “Lazzaro Spallanzani” di Roma, fa il punto sulla situazione epidemiologica nel Paese. Sulla corsa ai vaccini: “Nessuno si salva da solo”

L’intervista a Giuseppe Ippolito, Direttore scientifico dell’Istituto Nazionale per le Malattie Infettive al “Lazzaro Spallanzani”

Professor Ippolito, i dati delle ultime settimane indicano un calo nel numero dei contagi e degli ospedalizzati, ma non ancora nel numero dei decessi. Possiamo davvero dire che la situazione sta migliorando o è ancora troppo presto?

“Il numero dei contagi, a parte il leggero aumento di casi registrati ieri, è nella sua terza settimana consecutiva di calo, grazie ai provvedimenti assunti dal governo a partire da metà ottobre, quindi possiamo dire che si tratta di un trend che si sta consolidando. L’incidenza bisettimanale però è ancora troppo elevata (siamo intorno ai 500 casi per 100.000 abitanti) per poter considerare sotto controllo l’epidemia. Il numero dei decessi purtroppo non ha ancora imboccato in maniera decisa la strada della discesa; è un fenomeno atteso visti i tempi di decorso dei casi gravi della malattia, ma non per questo meno doloroso”

Sta dicendo che non è ancora il momento di abbassare la guardia ?

“Certamente. A riguardo, vorrei solo far notare che tre giorni fa, quando le Germania ha fatto registrare 590 morti su una popolazione superiore agli 80 milioni di abitanti, la cancelliera Merkel è andata in televisione a implorare i tedeschi di seguire le regole. In Italia, che di abitanti ne ha 20 milioni in meno, abbiamo una media di 600 morti al giorno dall’inizio di novembre e la cosa sembra non interessare nessuno. Dopo il Belgio e il Perù, l’Italia è il terzo paese al mondo per numero di decessi in rapporto alla popolazione: su questo dovremmo tutti interrogarci per capire se abbiamo fatto abbastanza”

La terza ondata: Molti dei suoi illustri colleghi affermano che una terza ondata sia praticamente certa, lei concorda?

“Invidio chi ha queste certezze, io se una cosa ho imparato da questa pandemia è che non vi è nulla di sicuro. Non possiamo sicuramente escludere la terza ondata della pandemia, ma sappiamo tutti quali sono i comportamenti da adottare per evitarla o almeno per ridurne l’impatto. Ciò che accadrà a gennaio lo decideremo noi, nelle prossime settimane, durante le feste natalizie. Sarà necessario un supplemento di attenzione: è questo è il vero regalo natalizio che possiamo fare a noi stessi e ai nostri cari, specialmente se anziani e non in buona salute”

Qualche giorno fa in Uk sono iniziate le prime vaccinazioni, a breve anche negli Usa. Ma in Europa non si poteva fare prima?

“Il Regno Unito con il V-Day, mutuando il D-Day, ha voluto avviare questa campagna di vaccinazione con una metafora militare, assimilandolo allo sbarco in Normandia del 6 giugno 1944, che segnò l’inizio della liberazione dell’Europa continentale durante la seconda guerra mondiale. Per far questo ha accelerato al massimo i tempi di valutazione dei dossier anche per dimostrare di essersi staccata dall’Europa. In questa pandemia però, nessuno si salva da solo, soprattutto prima negando il problema, poi scegliendo la via dell’immunità di gregge naturale ed alla fine correndo per fare qualche giorno prima quello che tutti faranno. L’importante è sapere che, quando arriverà l’autorizzazione, il vaccino sarà sicuro e soprattutto disponibile”

Le differenze tra i principali vaccini Moderna, Pfizer-Biontech e AstraZeneca, quali sono le principali differenze tra questi tre vaccini?

“Tutti e tre i vaccini vanno a “colpire” lo stesso bersaglio, ovvero la proteina spike del coronavirus, ma utilizzano tecnologie diverse. I primi due utilizzano la tecnologia del cosiddetto “RNA messaggero”: viene fatto penetrare nelle cellule umane il materiale genetico della proteina spike, in modo tale che sia il nostro stesso corpo a produrre questa proteina contro la quale viene attivato il sistema immunitario umano. Il vaccino di AstraZeneca utilizza invece il sistema del vettore virale, lo stesso che stiamo utilizzando allo Spallanzani per i trial del vaccino italiano ReiTHera: viene utilizzato un virus innocuo per l’uomo, che può essere un comune adenovirus umano o di un primate (per il vaccino AstraZeneca lo scimpanzè, per ReiTHera il gorilla), che viene reso incapace di replicarsi e al cui interno viene innestato il codice genetico della proteina del virus contro il quale si vuole sviluppare l’immunità. Questo virus ingegnerizzato viene iniettato nel corpo umano dove, anziché replicare se stesso, fa produrre alle cellule umane la proteina spike”

La campagna vaccinale: Teme che l’ondata di scetticismo possa influire negativamente sulla campagna vaccinale prevista a partire da gennaio?

“Io sono convinto che nei primi mesi avremo il problema opposto: tutti vorranno essere vaccinati perché sarà l’unico mezzo per provare a tornare ad una vita normale. Proprio per questo sarà essenziale comunicare bene che la definizione delle categorie e dei soggetti che riceveranno prioritariamente il vaccino è frutto di attenta analisi dei rischi basate su dati scientifici. I primi saranno gli operatori sanitari e sociosanitari, i residenti e i lavoratori delle RSA, e le persone di età superiore agli 80 anni”

Lei lo rederebbe obbligatorio? Per tutti?

“Occorre convinzione e non costrizione. È stata necessaria una legge sull’obbligo vaccinale dei minori per difendere i bambini da genitori irresponsabili dopo che i livelli di vaccinazione per molte malattie, come il morbillo, erano scese in Italia sotto il livello di guardia. Ma per questa malattia, per la quale il vaccino serve soprattutto alle persone più avanti con gli anni, sono molto perplesso sull’ipotesi di introdurre un obbligo. L’Italia non è uno stato di polizia. Ma questo non significa che ci possano essere attività, professionali e non, per svolgere le quali sia richiesto il vaccino a tutela degli altri”

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Secondo lei, le misure previste nel Dpcm per le festività, sono sufficienti per evitare il diffondersi del contagio?

“No. L’unica misura necessaria e sufficiente è la convinzione di ciascuno di noi a fare la propria parte per evitare la diffusione del virus e per proteggere noi stessi e i nostri cari”