Nella giornata di ieri, 15 febbraio, il personale della Squadra Mobile ha dato esecuzione all’ ordinanza di applicazione della misura della custodia in carcere emessa dal G.I.P. del Tribunale di Roma su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di Roma nei confronti di L. D., classe ’86, ritenuto responsabile di tentato omicidio aggravato dal metodo mafioso e porto abusivo di armi.
I fatti e le indagini
L’uomo è stato sorpreso in un ristorante di Fiumicino a seguito della pressante attività info-investigativa condotta dal personale della Squadra Mobile di Roma tesa al rintraccio dello stesso il quale, la mattina del 10 febbraio 2021, all’atto dell’accesso della P.S. presso la sua abitazione non è stato rintracciato. Da tale giorno, immediate ed ininterrotte sono state le ricerche da parte degli agenti.
Nell’autovettura dello stesso sono state rinvenute delle borse contenenti i suoi abiti ed effetti personali tanto da far ritenere che il L. stesse pianificando la sua fuga.
I fatti in contestazione risalgono alla sera del 25 novembre 2016 , nella zona di Tor Bella Monaca, quando L., nel pretendere la restituzione di una ingente somma di denaro, ha esploso numerosi colpi di pistola in strada, colpendo all’addome M. G., il quale è stato ricoverato in prognosi riservata e sottoposto d’urgenza ad un delicato intervento chirurgico.
Immediato l’intervento del personale della Sezione Volanti e della Squadra Mobile, allertato dalle chiamate giunte al 112, che segnalavano una lite culminata con l’esplosione di colpi di arma da fuoco. Sul posto erano state rinvenute tracce ematiche e l’ogiva di un proiettile.
I primi riscontri avevano consentito di indirizzare l’attenzione sul L. il quale, nel corso di una discussione, aveva preteso la restituzione di una somma di 30.000 euro e, subito dopo i fatti, si era dato alla fuga senza fare rientro presso la propria abitazione.
Al momento del tentato omicidio del M., peraltro, il L. era sottoposto alla misura della sorveglianza speciale di P.S. ed era stato scarcerato da poco più di un mese.
È su di lui e sulla sua cerchia di famigliari, quindi, che si erano concentrate le indagini attraverso intercettazioni telefoniche ed analisi dei tabulati.
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La svolta arriva però nel 2018, grazie alle dichiarazioni rese da un collaboratore di giustizia, alla luce delle quali erano stati nuovamente analizzati tutti i dati raccolti in precedenza attraverso una meticolosa e laboriosa attività di riscontro.
Il collaboratore confermava che il L. si era reso irreperibile, subito dopo il fatto, al fine di sottrarsi all’esame del “guanto di paraffina”: la sera stessa della sparatoria, infatti, l’uomo si era presentato – accompagnato dal fidanzato della cugina – presso l’abitazione del collaboratore a Guidonia Montecelio, chiedendo aiuto per una sistemazione provvisoria e dichiarando di aver sparato al M. al culmine di una lite.
Nei pressi di Guidonia, il L. era rimasto per circa 10 giorni, come effettivamente riscontrato attraverso la lettura dei tabulati telefonici e il riascolto delle intercettazioni telefoniche effettuate.
Le modalità eclatanti con le quali si è svolta l’intera vicenda ed il clima di omertà ingeneratosi sia nella vittima sia nelle altre persone presenti sul posto (le quali non hanno offerto alcun contributo alla ricostruzione dei fatti) oltre alla modalità “plateale” dell’agguato, sono state ritenute dal Giudice tali da integrare l’aggravante di aver agito “con il metodo mafioso” : il L. infatti ha esploso più colpi di pistola sulla pubblica via, nella completa omertà degli spettatori che si sono rifiutati di formalizzare quanto visto (tanto da negare financo di aver contattato il N.U.E. nell’immediatezza dei fatti) per paura di ritorsioni o – in alcuni casi – si sono addirittura prodigati per eliminare le tracce di quanto successo.
Persino il M., vittima della sparatoria, ha dichiarato di non frequentare Tor Bella Monaca – pur vivendoci dalla nascita – e di essere stato colpito da un colpo vagante mentre si trovava casualmente a conversare con alcuni parenti in Via dell’Archeologia.
L’arresto di L. si inserisce nella più ampia azione della Direzione Distrettuale Antimafia di Roma e della Squadra Mobile tesa a contrastare l’attività criminale posta in essere nel quartiere di Tor Bella Monaca, caratterizzato da una costante conflittualità tra più gruppi criminali connessa al predominio sulle piazze di spaccio della zona, nel contesto della quale si sono registrati numerose aggressioni anche mediante l’utilizzo di armi.
Il L., attualmente considerato tra i più pericolosi ed influenti elementi nello scenario criminale di Tor Bella Monaca, è conosciuto nel quartiere per la sua caratura criminale: pregiudicato per violenza e resistenza a Pubblico Ufficiale, lesioni personali, detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti, è legato a I. V., altro personaggio di spicco nella criminalità locale, legato al clan Cordaro.
Nel luglio 2016, infatti, a seguito dell'”Operazione R9″, questo Ufficio ha dato esecuzione a 37 misure cautelari nei confronti degli esponenti della famiglia Cordaro, dedita al traffico di stupefacenti del tipo cocaina e hashish, che aveva conquistato il controllo della redditizia piazza di spaccio con centro operativo nel comparto R9 di Tor Bella Monaca e che si era resa protagonista di una serie di violentissimi fatti di sangue culminati in un omicidio e numerosi tentati omicidi.
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I. V., classe 1990 si era peraltro reso latitante dopo essere stato erroneamente rimesso in libertà a seguito dell’assoluzione in primo grado nel procedimento penale che lo vedeva imputato per l’omicidio di D. S., avvenuto nel novembre 2016.
La latitanza, durata circa tre mesi, si era conclusa a Monterotondo (RM) dove nell’agosto 2019 era stato rintracciato e ricondotto in carcere, dove deve scontare 26 anni di reclusione per sodalizio criminale; successivamente, è stato condannato all’ergastolo dalla Corte d’Assise d’Appello di Roma per omicidio.
Foto di repertorio