Se quella che stiamo vivendo è una pandemia che ha pochi precedenti, non possiamo dimenticare che il territorio della nostra penisola ha visto accavallarsi molte epidemie, più o meno diffuse, nel suo passato anche recente. Tra queste, una delle peggiori fu il colera che ha attraversato l’Italia, in momenti diversi, tutto il XIX secolo.
Scoperto in India nel 1817 e proveniente dalla regione del Bengala, il virus si sparse un po’ ovunque a seguito della conquista coloniale da parte delle truppe inglesi. Nel giro di pochi anni si diffuse largamente causando, in pochi decenni, circa 40 milioni di morti.
In Italia il colera, all’epoca definito come ‘morbo asiatico’, si affacciò nel luglio 1835, e non era la prima volta probabilmente che faceva la sua comparsa. Oltre all’ondata degli anni ’30, il colera tornò anche nel 1854-55 e soprattutto nel triennio 1865-67 con un bilancio finale di oltre 160.000 morti.
Molti furono i comuni colpiti nel Lazio durante le ondate nel corso del secolo. Ma anche in questa regione, come del resto in tutta l’Italia, la diffusione del colera avvenne a macchia di leopardo e non propagandosi linearmente ovunque.
Nei Castelli romani, ad esempio, il comune di Albano fece registrare un numero di decessi molto alto. Qui i morti furono quasi 500 in soli 39 giorni, mentre i paesi vicini restarono del tutto incolumi dal morbo.
Per avere particolari informazioni sulla diffusioni del contagio e sul numero di vittime provocate in altre località del Lazio, i dispacci si sono rivelati essere una preziosa fonte per aprire squarci di luce su contesti altrimenti rimaste in ombra. Del resto, erano documenti necessari per conoscere lo stato in cui vivevano i luoghi colpiti dal colera e quindi strumento necessario per le informazioni immediate fra centro e periferia. I dispacci, inoltre, consentono di ricostruire, passo dopo passo, il numero dei decessi causati dalla diffusione della malattia. Nelle zone ancora più a sud dei Castelli Romani il colera provocò diverse vittime. Alto fu il numero di morti a Montelanico paese dei Monti Lepini. Qui fra il dicembre del 1855 e il gennaio dell’anno successivo furono complessivamente 16 i decessi per colera, su una popolazione di poco più di 1500 abitanti. La diffusione del virus nel paese si arrestò solo grazie al miracolo operato dal Santissimo Salvatore”. Come in molti altri paesi laziali anche a Montelanico, le molte cronache e dispacci informativi dell’epoca attribuiscono all’intervento salvifico di una qualche entità soprannaturale la fine del contagio. Ma il colera si riaffacciò anche in anni successivi causando altri decessi ma con numeri più contenuti almeno nel territorio della regione laziale.