Sabato 17 settembre 2016, alle ore 18:31 (sì, proprio e trentuno), all’Auditorium San Paolo Apostolo, in Viale Madrid, nel quartiere Cavoni, a Frosinone, lo scrittore Massimo Roscia presenterà, in prima nazionale, il suo nuovo libro intitolato “Di grammatica non si muore”, edito da Sperling & Kupfer spa.
Alla presentazione, organizzata da Bruno Paolozzi (Agenzia Eventi editoriali Giulio Einaudi), interverranno Massimo Roscia e i giornalisti Alessio Porcu e Laura Collinoli, che avranno l’ingrato compito di moderare il paladino della lingua italiana.
Dopo lo straordinario successo del romanzo “La strage dei congiuntivi”, pubblicato per i tipi della romana Exorma nel 2014 e divenuto un vero e proprio caso editoriale nazionale (cinque ristampe e oltre diecimila copie vendute), Massimo Roscia torna in libreria e questa volta lo fa con la storica casa editrice fondata a Stoccarda nel 1895 da Heinrich Otto Sperling e di proprietà della Mondadori.
“Di grammatica non si muore” è un intelligente manuale, a uso di quelli “che la grammatica l’hanno sempre odiata”, che si legge come un romanzo; è un passatempo per ogni età, utile, concreto e spassoso; è un libro che segue le regole ma esce dagli schemi, descrive e circoscrive l’uso ma non prescrive, mette in rima le norme ma non mette in riga chi si (e le) applica.
Perché Massimo Roscia crede fermamente nella grammatica, ma crede un po’ meno nell’approccio paludato tutto nozioni e casi noiosi. Così ha deciso di svecchiarlo, per dimostrare che le norme possono essere semplici, intuitive e persino amichevoli. Un po’ Rodari e un po’ Flaiano, Roscia passa in rassegna le fondamenta dell’italiano e si diverte a calarle in esempi contemporanei (dai ritmi rap alle serie tv, dai fantasy ai videogame); riprende gli svarioni più comuni (dall’uso maldestro dell’accento all’abuso disinvolto dell’apostrofo) creando giochi promemoria per non essere più indotti in errore; si batte per la salvaguardia delle forme (utili) in estinzione, come il congiuntivo, e invoca il debellamento della pandemia di ciaone e apericena.
Sempre all’insegna dell’uso pratico e vivo, perché la lingua è fatta per essere parlata, adattata, modificata, arricchita, cambiata, rivista, aggiornata, corretta, sempre e comunque amata.