Ieri mattina, all’alba, con un dispositivo di oltre quaranta uomini della Polizia di Stato, sono state arrestate cinque persone, dopo quattro mesi di indagine, coordinate dalla Procura della Repubblica di Tivoli, che hanno consentito di denunciare altre sette persone.
I fatti
Erano ben organizzati, esperti e dotati di una efficiente rete logistica dislocata su una vasta area della periferia romana, tra Formello e Guidonia, i cinque uomini che stamane sono stati arrestati dalla Polizia Stradale per associazione a delinquere finalizzata alla ricettazione e al riciclaggio di autovetture di provenienza furtiva e, per due di loro, anche per la vendita e la cessione di sostanza stupefacente (hashish).
Tutto è nato da un controllo degli agenti della squadra di Polizia Giudiziaria della polstrada di Roma in un capannone di Via Tiburtina, nel Comune di Guidonia, dove venivano sorpresi e arrestati due uomini intenti a smontare un’autovettura rubata.
Nel capannone, vi erano ben 31 veicoli di provenienza furtiva, gran parte già sezionati, e tutta l’attrezzatura necessaria per lo smontaggio e il confezionamento dei pezzi rubati.
Dopo il primo intervento, gli investigatori hanno iniziato a ricostruire la rete criminale che girava intorno al capannone e ai due uomini arrestati che apparivano svolgere un ruolo di manovalanza.
Dall’attività investigativa è emersa, fin dai primi momenti, una terza persona che, ogni giorno, dal capannone di Guidonia, trasportava i “ricambi” di provenienza furtiva presso altri siti in uso all’organizzazione criminale. Tra questi, in località Formello, veniva scoperta una vera e propria “centrale” di stoccaggio e riciclaggio di veicoli rubati e di parti di essi.
L’irruzione effettuata nel capannone di Formello, ha consentito di arrestare altre tre persone intente a smontare l’ennesima auto rubata.
Anche in questo secondo capannone, dove erano nascosti altri 6 veicoli rubati, era custodita tutta l’ attrezzatura necessaria per effettuare smontaggio e confezionamento delle parti meccaniche, compresi alcuni potenti jammer per inibire i segnali GPS-GSM-UMTS degli antifurti satellitari.
Dalle indagini è emerso che buona parte dei ricambi di provenienza illecita venivano spediti all’estero, attraverso container, in particolare verso Sudan e Marocco, dove l’organizzazione aveva numerosi contatti.
Le attività tecniche hanno evidenziato, inoltre, che alcuni dei membri dell’organizzazione si dedicavano anche allo spaccio di sostanze stupefacenti (hashish).
Nella gestione degli affari illeciti, i membri dell’organizzazione criminale hanno adottato ogni cautela possibile per eludere i controlli. L’ utilizzo della telefonia mobile veniva effettuato con estrema prudenza, evitavano di esporsi in prima persona nelle attività più rischiose (come il trasporto dei veicoli rubati) o, ancora, delocalizzavamo in siti diversificati lo stoccaggio dei mezzi. Infatti, in almeno altri due episodi i veicoli rubati erano stati nascosti all’interno di box privati.
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Quattro dei componenti della banda sono stati accompagnati in carcere, per uno di loro sono scattati gli arresti domiciliari e contemporaneamente sono state eseguite perquisizioni domiciliari in altri otto siti.