Durante il secondo conflitto mondiale la carica di Vescovo della Diocesi di Segni fu ricoperta da Monsignor Fulvio Tessaroli il quale, nominato nel dicembre del 1933, per diciotto anni svolse il suo episcopato nella diocesi lepina. La Diocesi, la Diocesi comprendeva i territori di Montelanico, Gavignano, Artena, Colleferro oltre a Valmontone e Segni. Nel 1981 fu unita a quella di Velletri assumendo il nome di Diocesi Suburbicaria di Velletri-Segni. Fulvio Tessaroli, nacque ad Assola (Mantova) il 17 novembre 1879 da battista e Ildegonda Bodana e fu battezzato due giorni dopo la nascita. Primo di 12 figli, la famiglia era sostenuta soltanto dal lavoro del padre che faceva il sarto ambulante. Fulvio fu cresimato da S. Pio X allora vescovo di Mantova. Dopo i primi studi nel paese nativo, iniziò privatamente il ginnasio da don Pietro Magri, rettore della chiesa di Cadimarco, una frazione vicino casa sua. Terminati gli studi di Teologia, a 21 anni ricevette il diaconato. Il 24 maggio 1902, all’età di 23 anni, fu ordinato sacerdote. Rimase in seminario dove insegnò por 7 anni materie letterarie. Nell’estate del 1909 divenne parroco di Nuvolato (Mantova) dove rimarrà per 6 anni. Dall’ottobre del 1915 al marzo del 1934 fu parroco di Canneto sull’Oglio. Eletto vescovo della Diocesi di Segni nel dicembre del 1933 prenderà incarico nel febbraio dall’anno seguente rimanendo per 18 anni vescovo. Nel 1952 lascia il governo della Diocesi ritirandosi a Canneto dove morirà l’anno seguente il 13 gennaio.
Tutta la documentazione prodotta dal Vescovo Tessaroli durante il suo periodo di governo è ora conservata presso l’Archivio Storico Diocesano ‘Innocenzo III’ di Segni.
Fra le carte del fondo Corrispondenza di quegli anni tragici della seconda Guerra Mondiale, esiste un carteggio del Tessaroli, di ridotte dimensioni, dedicato ai danni subiti dalle comunità della Diocesi durante i bombardamenti del 1943 e 1944. Si tratta perlopiù di brevi registrazioni sulla situazione della popolazione e sullo stato degli edifici in particolare quelli sacri.
Nel primo di questi resoconti, dopo aver dato conto dei danni e delle distruzioni delle altre comunità, si arriva a descrivere la cittadina di Valmontone. Qui, annota il Vescovo Tessaroli, “i bombardamenti salgono a decine e il cannoneggiamento durò una settimana e più nel maggio del 1944, non se ne può calcolare il numero delle case crollate: in piedi sono rimaste alcune decine e queste pure danneggiate. E’ un cimitero. La popolazione abita in capanne, grotte, rifugio in campagna. Un migliaio trovano ora ricovero nel Palazzo Doria e duecento nel convento dei Frati Minori danneggiato.[…] Le vittime in Valmontone 200”. Nei bombardamenti del 1944 le vittime totali in tutta la Diocesi furono 600[1].
In una successiva nota, Tessaroli espone le difficoltà affrontate dal clero per condurre la vita religiosa e tentare di portare qualche conforto tra la popolazione. Fra il ‘43 e il ’44, visitò tutta la Diocesi, malgrado gli allarmi continui, celebrando nelle Chiese, in compagnia, all’aperto e nei rifugi, amministrando Comunioni e 1500 cresime, “con grande conforto dei fedeli”. A Montelanico il giorno 3 maggio, mentre si recava alla chiesa principale di S. Pietro “caddero alcune bombe presso il paese, fortunatamente senza vittime”. Visitò nelle grotte e nelle capanne li rifugiati e tutti i luoghi dei disastri. Dopo i bombardamenti di città si recò nei luoghi colpiti, visitando i feriti raccolti nell’Ospedale, presenziando e parlando al funerale delle vittime, distribuendo soccorsi del Santo Padre e di S. Altezza Reale il Principe Umberto.
Concesse ai sacerdoti, in caso di necessità, la celebrazione all’aperto e le facoltà opportune per i confessori, in occasione del tempo Pasquale per facilitare l’adempimento del precetto, con grande vantaggio spirituale, perché in campagna si accostarono ai Santi Sacramenti, tante anime che da anni ne erano lontane.
I danni morali sofferti dal popolo sono molti e gravi, specialmente per la promiscuità dei sessi nelle grotte e anguste capanne in cui si rifugiò per sfuggire ai bombardamenti che miravano ai centri, e per la presenza di profughi e di soldati, i quali, accolti nelle grotte dalle famiglie, contrassero familiarità con ragazze molte delle quali, specialmente a Valmontone, rimasero incinte. Violenze a ragazze e danni furono usate dai Marocchini bestiali. Ma essendosi formate squadre di cittadini per difesa, cessarono le dette violenze. Lo stato odierno religioso delle popolazione è preoccupante per senso di disagio, sfiducia e apatia [accompagnato] da insufficienza del vitto e da “prezzi astronomici di esso. Grande conforto con riconoscenza al S. Padre, ha arrecato il Refettorio del Papa per 600 razioni di minestre giornaliere”.
Durante questi anni, nonostante la distruzione e i danni provocati dai bombardamenti, secondo il Vescovo, anche un altro pericolo si fa largo nelle campagne, confondendo i fedeli e sviandoli dalla dottrina cristiana: il comunismo. Il Vescovo vive con profonda inquietudine questa affermazione e, sempre in una nota della corrispondenza, rivela che “il pericolo per il popolo è sempre il comunismo, il quale assumendo atteggiamento rispettoso della Religione, penetra più facilmente nel popolo”. Le preoccupazioni di mons. Tessaroli non si spensero neanche a guerra terminata. Divennero anzi continuo motivo di apprensione per il prelato che si spense nel 1952 ormai lontano dalla sua amata Segni e dalla sua Diocesi.