Curiosità

La rivolta e l’assalto al Municipio di Segni del 13 ottobre 1911

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Colleferro Biblioteca Comunale donne lettura

Fin dalle prime ore della mattina di domenica 13 ottobre, alcune donne, riunite in piazza S. Maria, si spostarono dirigendosi al Municipio. Percorrendo le vie del paese, oltre alle donne, si unirono anche gli uomini. Sotto il Comune in breve tempo si radunarono più di 300 persone. La folla cominciò ad urlare e ad inveire contro le autorità locali minacciando l’assalto al Municipio. Gli otto carabinieri presenti del contingente locale, opposero una prima resistenza ma il numero dei manifestanti aumentava sempre di più. Dopo un primo contatto le donne, avanguardie della sommossa, riuscirono a rompere la resistenza delle forze dell’ordine e entrando nel palazzo comunale arrivarono fino al primo piano dove, nella confusione che seguì, vennero bruciati mobili e documenti mentre altri oggetti vennero buttati dalle finestre sulla piazza sottostante. Solo in tarda serata l’intervento tardivo di un gruppo di soldati di sostegno alle forze locali riuscì a riportare la calma in paese. La rabbia della folla si era concentrata sulle cose e, fortunatamente, non ci furono vittime se non qualche ferito lieve.

Perché l’assalto al Comune e quali i motivi di questa protesta? Una presunta epidemia di colera aveva spinto le autorità locali ad intervenire isolando alcune persone, ritenute contagiate, in un lazzaretto allestito per la circostanza nei locali del Tiro a segno, in località Pianillo. Ma gran parte della popolazione non si fidava dei provvedimenti dell’autorità anche perché privavano le famiglie di un indispensabile sostegno necessario per il lavoro nei campi e per la raccolta dei frutti della stagione autunnale, come le castagne. Dopo l’assalto al comune, infatti, la folla si diresse nei locali del lazzaretto per riprendersi i degenti trattenuti e riportarli a casa. Nei giorni successivi la sommossa, le autorità ripresero i malati con la forza riportandoli nel lazzaretto, vennero compiuti anche diversi arresti e, qualche settimana dopo, alla sbarra presso il Tribunale di Velletri, vennero condotte 51 persone, fra uomini e donne, e la conseguente sentenza dette responsabilità e pene carcerarie.

Le pene comminate però non scalfirono minimamente le ragioni della protesta e consegnarono anzi a futura memoria il ricordo di una giusta sollevazione, nata contro la presunta epidemia di colera ma accompagnata anche dal risentimento verso l’iniquità delle condizioni sociali, verso il carovita di quegli anni e contro una classe politica indifferente alle richieste della popolazione. Del resto, come scrive Silvano Tummolo nel libro dedicato al fatto, “i medesimi arrestati, in attesa di giudizio, trascorsero molta parte del tempo carcerario facendosi reciprocamente compagnia cantando in coro, a dimostrazione che anche la reclusione li lasciava sereni nel convincimento di aver agito nel giusto”.