Il Tribunale Ordinario di Roma, II sezione civile, si è espresso in favore di un cittadino in una causa giudiziaria contro la Regione Lazio.
La causa:
Nel processo una donna ha riferito che il genitore, affetto da demenza di Alzahimer di grado medio-severo e da altre patologie correlate, era stato autorizzato dalla Regione Lazio al ricovero presso una Residenza Sanitaria Assistenziale dove era rimasto dal 6.2.2010 all’ottobre 2012.
La figlia ha dimostrato di aver corrisposto personalmente, a titolo di compartecipazione alla retta dovuta per il soggiorno del genitore, la somma complessiva di 12.981,54 euro.
Appellandosi al principio espresso nella sentenza della Corte di Cassazione n 4558/2012 ha richiesto al Tribunale di Roma, su giudizio proposto dai legali dell’Associazione Avvocato del Cittadino, la restituzione della somma da lei versata per la degenza dell’anziano padre presso una Residenza Sanitaria Assistenziale (RSA) della capitale.
Il Tribunale di Roma ritenendo che “l’attività prestata in favore di soggetto gravemente affetto da morbo di Alzheimer ricoverato in istituto di cura è qualificabile come attività sanitaria, quindi di competenza del Servizio Sanitario Nazionale, ai sensi dell’art. 30 della legge n. 730 del 1983, secondo cui sono a carico del SSN gli oneri delle attività di rilievo sanitario connesse con quelle socio-assistenziali”, si è pronunciato in favore della donna.
Per questo la Regione Lazio avendo avuto un ingiustificato arricchimento ai danni della donna corrispondente al risparmio di spesa è stata condannata al pagamento della somma complessiva di 13.393,44 Euro, ovvero l’importo speso più gli interessi.
Sentenza n. 4558 del 12 dicembre 2011, depositata in segreteria il 22 marzo 2012, emessa dalla Corte Suprema di Cassazione:
Con questa sentenza la Cassazione confermò il carattere prevalentemente sanitario delle prestazioni erogate a favore di una persona anziana malata di Alzheimer.
Persone affette da questa patologia, necessitano di prestazioni sociosanitarie ad elevata integrazione sanitaria, definite come, in base all’Art.3, comma 3 del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 14 febbraio 2001:
“Sono da considerare prestazioni socio-sanitarie ad elevata integrazione sanitaria di cui all’art. 3-septies, comma 4, del decreto legislativo n. 502 del 1992, e successive modifiche e integrazioni, tutte le prestazioni caratterizzate da particolare rilevanza terapeutica e intensità della componente sanitaria, le quali attengono prevalentemente alle aree materno-infantile, anziani, handicap, patologie psichiatriche e dipendenze da droga, alcool e farmaci, patologie per infezioni da H.I.V. e patologie terminali, inabilità o disabilità conseguenti a patologie cronico-degenerative. Tali prestazioni sono quelle, in particolare, attribuite alla fase post-acuta caratterizzate dall’inscindibilità del concorso di più apporti professionali sanitari e sociali nell’ambito del processo personalizzato di assistenza, dalla indivisibilità dell’impatto congiunto degli interventi sanitari e sociali sui risultati dell’assistenza e dalla preminenza dei fattori produttivi sanitari impegnati nell’assistenza”.
“Dette prestazioni a elevata integrazione sanitaria sono erogate dalle aziende sanitarie e sono a carico del fondo sanitario. Esse possono essere erogate in regime ambulatoriale domiciliare o nell’ambito di strutture residenziali e semiresidenziali e sono in particolare riferite alla copertura degli aspetti del bisogno socio-sanitario inerenti le funzioni psicofisiche e la limitazione delle attività del soggetto, nelle fasi estensive e di lungo assistenza”.
Ciò indica che le persone con demenze gravi o con Alzheimer devono essere prese in carico della sanità e non devono avere l’onere del costo delle cure prestate a domicilio e/o in strutture come le RSA