Cronaca

Cassazione conferma condanna a tre anni per Mulè per omicidio Caputo

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Confermata e resa definitiva dalla Cassazione la condanna a tre anni di reclusione per l'ingegnere informatico di Roma Soter Mulè, 48 anni, accusato di avere avuto responsabilità nella morte di una Paola Caputo.

Confermata e resa definitiva dalla Cassazione la condanna a tre anni di reclusione per l’ingegnere informatico di Roma Soter Mulè, 48 anni, accusato di avere avuto responsabilità nella morte di Paola Caputo, una ragazza di 23 anni.

La Cassazione ha così respinto il ricorso della Procura generale e della stessa parte civile confermando l’accusa di omicidio colposo.

Il Fatto:

Paola Caputo perse la vita nello svolgimento di un gioco erotico che prevedeva una particolare pratica sadomaso, nella quale era coinvolta con una sua amica.

La notte del 10.9.2011 agenti della polizia, quasi in concomitanza con il personale del 118, giungevano in Via dei Settebagni numero 388 presso lo stabile dell’Agenzia delle Entrate.

All’interno di un locale del secondo piano interrato dello stabile, i poliziotti si trovano davanti a due ragazze, ancora in parte legate tra loro con delle corde, e ad un uomo in stato di shock.

Paola Caputo era già deceduta, mentre l’altra era in condizioni gravi, in quanto aveva un’ insufficienza respiratoria acuta da probabile strangolamento ed anche una lesione assonale con edema cerebrale. Per questo fu trasportata d’urgenza prosso l’ospedale Sant’Andrea di Roma.

La serata fatale:

Durante il processo emerse come  Soter Mulè, Paola Caputo e la sua amica, si conoscessero già da un paio di mesi circa. Pare che Mulè, in quel periodo, avvesse avuto rapporti sessuali con entrambe. La sera del tragico evento, i tre avevano deciso di cenare insieme e di andare ad un concerto. La decisione di praticare il “bondage” venne presa a notte inoltrata.

Il bondage in via generale può essere definito come quell’insieme di pratiche finalizzate ad aumentare il piacere erotico, fondate sulla costrizione fisica e sulla limitazione coatta dei sensi.

In riferimento ai fatti Mulè, in accordo con le ragazze, voleva praticare il “breath playing”, che prevede l’ utilizzo di corde intorno al collo, per alternare la sensazione di soffocamento con il respiro.

Cosa accadde?

Giunti nel locale di  Via dei Settebagni, Mulè si adopera per immobilizzare le braccia delle due ragazze con alcune corde. Inoltre queste erano legate con una corda che collegava il collo di entrambe, fatta poi passare sopra un tubo metallico posto all’altezza di due metri dal pavimento.

Purtroppo poco dopo l’inizio del loro gioco, nel quale il Mulè  bilanciava il peso delle ragazze appese, Caputo Paola si sentì male e perdette i sensi. Il peso del suo corpo, metteva in tensione la corda posta intorno al suo collo e quella collegata intorno al collo dell’amica.

In quel momento Mulè perdette il controllo dell’equilibrio trovandosi dinanzi ad una ragazza completamente accasciata che si stava strozzando e che con il suo peso aveva messo in eccessiva tensione le corde che la legavano e quelle dell’amica che si trovava troppo alzata dalla parte opposta.

C’è da considerare anche che le condizioni fisiche dei tre non erano ottimali per vari motivi. Oltre l’ora tarda, avevano bevuto e fatto uso di hashish, come risultò in seguito ad analisi.

In più lo stesso Mulè ammise successivamente la sua poca dimestichezza con tali pratiche. Aveva solamente partecipato a due corsi.

I Processi:

Nel processo di primo grado, svoltosi con rito abbreviato, Mulè riportò una condanna di quattro anni e otto mesi. Furono concesse le attenuanti generiche. In particolare il giudice tenne in considerazione che Mulè :
– agì con il consenso delle vittime, come confermò l’amica di Paola Caputo

– si attivò immediatamente per soccorrere le ragazze e che confessò sin da subito il delitto, negandone l’intenzionalità omicida.

Su quest’ultimo punto però va precisato che sebbene nell’atto della legatura avesse cercato di prendere alcune precauzioni, facendo dei nodi in un certo modo, Mulè non aveva a portata di mano un coltello o delle forbici, per eventuali interventi di urgenza. Fu proprio la ricerca di un oggetto utile a tagliare le corde che ritardò l’intervento di Mulè.

Inoltre la sua difesa tentò di ipotizzare come possibile causa della morte di Caputo una pregressa patologia cardiaca. Ipotesi smentita dall’autopsia che dichiarò il soffocamento come unica causa del decesso.

Il processo d’appello stabilì una riduzione della pena,condannando Mulè a tre anni di reclusione. Lo stesso venne prosciolto dal reato di lesioni colpose all’altra ragazza, che non presentò mai querela.

I giudici della Cassazione hanno respinto il ricorso del Pg di Roma e dei familiari della ragazza deceduta, che avevano chiesto il ripristino di una pena più severa.

Confermato dunque l’omicidio colposo e la non accusabilità per il reato di lesioni, ai danni dell’altra ragazza, che aveva aumentato di un anno e otto mesi la pena.