La promessa arriva da uno studio internazionale coordinato dall’Università Cattolica, campus di Roma. Il nanomateriale inserito nei tessuti li rende efficaci nell’inattivare il virus. La ricerca pubblicata su “iScience”.
Ricercatori dell’Università Cattolica, campus di Roma – Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS hanno scoperto un modo per sviluppare mascherine e altri strumenti di protezione a prova di coronavirus: infatti, hanno dimostrato che tessuti “imbastiti” (funzionalizzati) con il grafene e con ossido di grafene possono eliminare il SARS-CoV-2 con un’efficacia fino al 99%.
Sono i risultati di uno studio coordinato dal professor Massimiliano Papi, associato presso il Dipartimento di Neuroscienze dell’Università Cattolica, Campus di Roma pubblicato sulla rivista “iScience”.
Le mascherine sono divenute ormai un presidio protettivo per tutti, che probabilmente si dovrà utilizzare ancora a lungo. Di qui l’idea di renderle ancora più protettive, non solo per gli operatori sanitari ma per la popolazione generale.
Già in passato altre ricerche hanno dimostrato le proprietà antisettiche del grafene, un nanomateriale a base di carbonio presente anche nelle mine delle matite; per questo i ricercatori hanno pensato di estenderne l’uso anche ai presidi protettivi anti-Covid-19.
I ricercatori hanno creato dei tessuti “funzionalizzati”, ovvero normali tessuti (cotone e poliuretano) nelle cui fibre vengono inseriti dei foglietti di grafene oppure di ossido di grafene.
“Abbiamo testato l’efficacia di questi tessuti funzionalizzati infettando in laboratorio il tessuto con il SARS-CoV-2 – racconta Papi -; prima abbiamo immerso il tessuto in un liquido infetto, poi abbiamo fatto fluire con una siringa il fluido contaminato dal virus. In un secondo tempo abbiamo estratto il virus dal tessuto e valutato la sua capacità di infettare le cellule in provetta”.
Mentre dai tessuti standard viene estratto il virus attivo, in quelli funzionalizzati la carica virale estratta è ridotta fortemente: si ha una riduzione pressoché totale (del 99%) quando si immerge il virus nel tessuto e una del 78% circa quando lo si filtra con una siringa.
“Sono molti i campi di applicazione di questi materiali antivirali da noi sviluppati – sottolinea Papi – per esempio mascherine e guanti più sicuri. Inoltre, abbiamo sviluppato e testato dispositivi medici stampati in 3D nella facility 3D Bioprinting del Policlinico Gemelli con materiale termoplastico funzionalizzato con il grafene e abbiamo dimostrato come questi oggetti 3D sono antivirali e si possono sterilizzare con la luce del sole (in quanto il grafene assorbe l’infrarosso del sole e lo trasforma in calore e l’ipertermia disattiva il virus), conclude il ricercatore della Cattolica.