Gli ‘esitanti’ del vaccino, oltre a non proteggersi, stanno rallentando il raggiungimento dell’immunità di gregge e contribuiscono al persistere della pandemia di Covid-19. Uno studio internazionale condotto dall’Università Cattolica, campus di Roma, in collaborazione con New York Medical College, Università di Belgrado e Università di Verona, analizza le ragioni del fenomeno e propone delle possibili soluzioni.
La pandemia di Covid-19 non accenna a fermarsi e l’unica arma a disposizione per flettere le curve dei nuovi casi giornalieri, soprattutto quelle di mortalità, è la vaccinazione. Ed è una corsa contro il tempo, anche perché a breve si porrà la necessità di cominciare tutto da capo, con la somministrazione della terza dose ai primi vaccinati, ma soprattutto ai ‘fragili’.
“Vale la pena ricordare – sottolinea la professoressa Fidelia Cascini, docente di Igiene generale e applicata presso il Dipartimento di Scienze della vita e sanità pubblica della Facoltà di Medicina e chirurgia dell’Università Cattolica, campus di Roma e primo autore dello studio – che le persone attualmente ricoverate in ospedale per complicanze legate al Covid-19 o che muoiono per queste complicanze, sono per la quasi totalità non vaccinate. In Italia, il bollettino ISS di metà luglio, riportava che la protezione generata dai vaccini rispetto al ricovero in ospedale è del 94,57%, per il ricovero in terapia intensiva del 97,3% e per i decessi del 95,8%. Anche per la variante Delta, attualmente quella predominante in Europa, l’aumento del rischio di ospedalizzazione è soprattutto tra chi non è vaccinato o lo è parzialmente”.
Eppure, nonostante le robuste evidenze sull’efficacia del vaccino, la schiera degli ‘esitanti’ (una popolazione molto diversa dai ‘no-vax’) continua ad essere numerosa, rendendo così una chimera il raggiungimento dell’immunità di gregge che, secondo gli esperti, nel caso del Covid-19, avverrebbe solo al superamento dell’82,5% di popolazione vaccinata. Uno studio internazionale appena pubblicato su EclinMedicine del gruppo The Lancet, frutto della collaborazione tra Università Cattolica, New York Medical College, Università di Belgrado e Università di Verona ha analizzato le possibili ragioni alla base del fenomeno, nella speranza di trovare le parole giuste per vincere i dubbi di queste persone, aiutando così loro e l’intera comunità.
“L’esitazione vaccinale – spiega la professoressa Cascini – è un fenomeno multifattoriale influenzato da una serie di fattori: cognitivi, psicologici, socio-demografici, politici e culturali. Nel caso del Covid-19, la velocità alla quale sono stati sviluppati i vaccini ha rappresentato un importante contribuito. Ma i pilastri su cui questa esitazione si fonda sono essenzialmente quattro: il tempo, la consapevolezza, la personalizzazione, e la confidenza”.
Gli autori di questa pubblicazione hanno effettuato una ricognizione di tutta la letteratura scientifica pubblicata sull’argomento, selezionando 209 studi. La prima constatazione è stata che i tassi di ‘esitazione’ vaccinale variano molto nelle diverse regioni del mondo; quelli più alti si registrano nei Paesi arabi.
Per quanto riguarda l’identikit dell’esitante, gli autori hanno evidenziato che l’esitante tipo è una donna, giovane, con scarso livello di istruzione, basso reddito, priva di assicurazioni sanitarie, residente in aree rurali e appartenente ad una minoranza etnica.
Ma come convincere gli esitanti? “La letteratura scientifica – commenta la professoressa Cascini – suggerisce di mettere in campo strategie innovative per rispondere direttamente ai bisogni espressi dalle persone, che sono i driver dei loro comportamenti, affrontando i motivi alla base dell’esitazione”.
E lo studio appena pubblicato ha individuato in ‘quattro pilastri dell’esitazione’, gli ostacoli principali all’accettazione del vaccino; per ognuno di loro, gli autori propongono una possibile soluzione.
- Il fattore tempo. La disponibilità delle persone a farsi vaccinare aumenta quando viene consentito loro di attendere più a lungo, prima di ricevere il vaccino. Da questo punto di vista, la velocità alla quale sono stati messi a punto i vaccini contro il Covid-19, rappresenta paradossalmente un problema perché aumenta la percezione di una loro scarsa sicurezza, e ciò impatta sugli alti tassi di esitazione a livello mondiale. Le persone chiedono alle industrie farmaceutiche e alle autorità sanitarie, più informazioni sulle fasi del processo di sviluppo dei vaccini e dei nuovi farmaci, prima che questi arrivino sul mercato. Il fattore tempo può essere inoltre considerato sotto altri punti di vista, e in particolare quando sia correlato a distanze o difficoltà che favoriscono la rinuncia al vaccino. Uno dei comuni italiani con il più basso tasso di vaccinati (meno del 40% di vaccinati) è Fiumedinisi in provincia di Messina; colpa anche del fatto che l’hub vaccinale più vicino dista oltre un’ora di auto, su strade peraltro poco agevoli secondo il Sindaco del Paese.
- La scarsa consapevolezza di rischi e benefici dei vaccini. Il grado di esitazione verso i vaccini aumenta quando le persone sono poco informate sui benefici, ma anche sui rischi degli stessi. Tra le popolazioni più ‘esitanti’ del mondo vi sono quelle dei contesti a basso reddito, le minoranze razziali e/o etniche e le persone con un basso livello di istruzione. Informazioni più complete e comprensibili a tutti, sono la chiave per cancellare i dubbi e la paura del nuovo, e potrebbero ridurre significativamente l’esitazione vaccinale.
- La mancanza di personalizzazione nella scelta del vaccino. I vari vaccini anti-Covid attualmente disponibili differiscono molto per meccanismo d’azione (mRNA, vettore virale, ecc.) e queste differenze contribuiscono ad influenzare il grado di accettazione/livello di esitazione delle persone. La principale barriera alla vaccinazione è la qualità delle informazioni su sicurezza ed efficacia di un vaccino rispetto agli altri disponibili. Questo aspetto è reso più complesso dalla rapidità con la quale viaggiano le informazioni (e la disinformazione) su Internet e sui social media. Migliorare le strategie di comunicazione ufficiali per combattere la disinformazione, faciliterebbe il dialogo con le persone e l’accettazione vaccinale.
- La poca confidenza verso l’operazione vaccinale. Gli operatori sanitari coinvolti nelle campagne di vaccinazione dovrebbero riuscire a guadagnarsi la fiducia e la simpatia delle persone. Avere l’impressione di trovarsi al cospetto di un professionista competente, aperto e onesto, gioca un ruolo fondamentale in questo senso. Le minoranze etniche e le persone provenienti da comunità a basso reddito, si trovano più a proprio agio con professionisti sanitari vaccinatori provenienti dal loro stesso contesto culturale e/o appartenenti alla loro comunità, con cui riescono ad instaurare un rapporto più confidenziale. È dunque importante offrire ai vaccinandi un ambiente familiare, incentivando l’impegno di operatori di un determinato contesto socio-culturale, nelle aree considerate vulnerabili. Un contesto facilitante e operatori sanitari appartenenti alla stessa comunità dei vaccinandi dovrebbero essere inclusi tra i fattori utilizzati per promuovere le campagne di vaccinazione per contrastare l’esitazione nei confronti dei vaccini.
“Il tema dell’accettazione/esitazione vaccinale – conclude la professoressa Cascini – è sempre più urgente. È necessario rafforzare la comunicazione ufficiale su questo tema perché l’affidabilità percepita svolge un ruolo importante nello sviluppo della fiducia: in particolare, la fiducia nei confronti delle autorità è cruciale nel guidare le inclinazioni delle persone verso l’accettazione dei vaccini. Ci auguriamo che i governi e i sistemi sanitari utilizzino quanto emerso da questo studio, che sintetizza lo stato dell’arte della letteratura scientifica sull’argomento, per adattare le proprie strategie e raggiungere così anche i gruppi di popolazione più esitanti”.
L’articolo è visibile al seguente link: https://authors.elsevier.com/sd/article/S258953702100393X