Occhio allo scambio del “cartellino” tra dipendenti: il “furbetto” rischia una condanna penale per falsa attestazione. Reato anche se la sostituzione del badge non ha ricadute pratiche sul servizio.
Le conseguenze
Va condannato il “furbetto del cartellino” solo perché si è scambiato il badge. Risponde, infatti, di falsa attestazione pure se lo scambio non ha avuto ricadute pratiche in termini di disservizio nella pubblica amministrazione.
A chiarire tali principi la sentenza 36712/2021 del 08 ottobre scorso. Nella fattispecie la terza sezione penale della Suprema Corte ha rigettato il ricorso di un dipendente di una struttura ospedaliera che si era visto assolvere in primo grado ma poi modificare la decisione in appello intendendosi integrato di falsa attestazione.
Secondo la ricostruzione della procura, infatti, il “sanitario” era solito scambiarsi il badge con altri colleghi, comportamento che per il Giudice per l’udienza preliminare non integrava gli estremi del testo di cui all’articolo 55 quinquies del decreto legislativo 165/01, a mente del quale occorrerebbe sia la falsa attestazione della presenza in servizio attraverso la timbratura del badge con mezzi fraudolenti, sia la prova dell’assenza del dipendente dal servizio: condotta questa non dimostrata nel caso approdato fino alla Cassazione.
Tuttavia, la Corte d’appello di Salerno, aveva ribaltato il verdetto di assoluzione perché “il fatto non sussiste” e ha sostenuto la responsabilità dell’imputato per il solo scambio del cartellino tra dipendenti. Nella fattispecie, per gli ermellini, la corte di secondo grado ha deciso correttamente la causa concludendo con una sentenza di non luogo a procedere con formula meno favorevole, «tale essendo pacificamente quella dell’esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto».
Il reato in questione, difatti, anche per i giudici di legittimità si consuma «per il solo fatto di non aver passato il badge personalmente, ma di aver delegato altri all’incombente, a prescindere dal danno all’Amministrazione che invece porterebbe alla contestazione di truffa aggravata». Insomma, per Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, un monito a tutti i dipendenti della pubblica amministrazione ad evitare sotterfugi perché, in ogni caso, oltre a ripercussioni sul luogo di lavoro si può subire una condanna che può macchiare la fedina penale.