La nota del Sindacato USB
Non c’è posto in Amazon per i lavoratori fragili. Ancora una volta il colosso dell’e-commerce si distingue per la negazione dei più basilari diritti, come quello della conservazione del posto di lavoro per chi lotta contro una malattia, nel caso specifico un tumore.
A farne le spese stavolta è Gino C., driver in appalto Amazon presso la filiale di Pomezia (Roma), licenziato dall’azienda Unicotras Srl di Bari, fornitrice dei servizi di consegna per conto di Amazon, la stessa azienda che ad aprile aveva licenziato Claudio Ceccacci, delegato USB, colpevole di aver richiesto in maniera insistente la pulizia dei furgoni.
La gravissima vicenda di Gino inizia ad ottobre quando, dopo un periodo di malattia, viene ricoverato d’urgenza prima al Pronto Soccorso dell’Ospedale di Velletri, poi al Policlinico Gemelli, dove gli viene diagnosticato un cancro. Subisce altri due ricoveri tra novembre 2020 e gennaio 2021, seguiti da due cicli di chemioterapia.
Concluso il periodo di cure, rientra regolarmente in servizio il 13 settembre 2021, svolgendo le medesime mansioni che svolgeva nel periodo antecedente la malattia, fino al 22 settembre, quando gli viene recapitata da Unicotras Srl la comunicazione di licenziamento a causa del superamento del periodo di comporto, in palese violazione della normativa vigente e del CCNL applicato (Autotrasporto Merci e Logistica), che non prevede il cumulo dei giorni di malattia in caso di ricoveri dovuti a patologie oncologiche.
Il licenziamento viene quindi impugnato e, in seguito all’impugnativa, il lavoratore viene reintegrato in azienda, ma posto, senza che lo abbia mai richiesto, in aspettativa non retribuita. Ma l’attacco padronale nei confronti del lavoratore fragile non è ancora terminato; infatti, il 25 ottobre lo stesso viene sottoposto a visita medica presso il medico competente aziendale, il quale certifica la sua inidoneità alla mansione, nonostante lo stesso avesse regolarmente ripreso l’attività lavorativa nel mese di settembre.
Attualmente Gino, padre di famiglia, dopo essere stato reintegrato, è posto in aspettativa non retribuita; quindi non lavora e non percepisce stipendio. La sua colpa è quella di non essere, a giudizio di Amazon e Unicotras, abile allo sfruttamento, di essere un lavoratore a rischio per la produttività ed il profitto, quindi tanto meglio farlo fuori ed assumere altri drivers alle prime armi, da poter sfruttare mediante contratti a termine per un paio d’anni e sostituirli poi con altri ancora, salvo che nel frattempo non si ammalino, perché nei canoni di Amazon e delle aziende partner la produzione non si può fermare e i lavoratori fragili vanno trattati come la merce difettosa, come i pacchetti riusciti male e mandati al macero.
L’Unione Sindacale di Base da oltre un anno si batte nei magazzini Amazon per tutelare i lavoratori della più grande filiera di sfruttamento a livello globale e si adopererà affinché Gino ottenga giustizia e affinché a pagare il conto di tanta vigliaccheria siano un giorno i padroni, tanto Amazon, quanto le aziende che, attraverso il sistema perverso di appalti e subappalti, si arricchiscono sfruttando e svilendo la dignità di chi ha la sventura di capitare in uno dei magazzini di Jeff Bezos.
Ancora una volta, per i diritti in Amazon: consegna non effettuata!