Roma. La Polizia di Stato, a conclusione di un’indagine coordinata dalla Procura di Roma, ha eseguito Ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 3 persone per numerose ipotesi di truffa. L’ipotesi investigativa è che i presunti responsabili rubavano “in partenza” le buste con i bancomat nuovi, acquisivano i pin raggirando i clienti e prelevavano da 500 a 5 mila euro.
I dettagli
A seguito di attività investigativa personale della Squadra Investigativa del Commissariato Appio Nuovo, diretto da Pamela De Giorgi, ha dato esecuzione, con l’ausilio della Squadra Mobile di Caserta e del Commissariato di Aversa, a tre misure di custodia cautelare in carcere emesse dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale ordinario di Roma per ipotesi di reato di truffa aggravata in concorso, frode informatica, ricettazione, sostituzione di persona, possesso e fabbricazione di documenti di identificazione falsi, indebito utilizzo e falsificazione di carte di credito e di pagamento sottratte dal circuito postale.
La vicenda ha inizio a luglio 2020, quando un’anziana romana si rivolge al Commissariato Appio Nuovo per denunciare una serie di prelievi non autorizzati sul suo conto, con cui erano stati sottratti circa 12 mila euro. Il tutto era avvenuto a seguito di una telefonata ricevuta dalla vittima: una donna, presentatasi come dipendente della nota banca, di cui la stessa denunciante era cliente, paventando alcuni problemi con l’invio del nuovo bancomat, era riuscita a convincere la vittima a fornirle il codice pin della sua nuova tessera, che la stessa aveva ricevuto legittimamente pochi giorni prima.
Già dai primi accertamenti è emerso che il fatto denunciato al commissariato Appio non era un caso isolato.
Gli investigatori, lavorando su più di 40 episodi simili, avvenuti su tutto il territorio nazionale, hanno capito che il presunto gruppo criminale, con modalità che sono a tutt’oggi oggetto di accertamento, entrava in possesso delle lettere contenenti le nuove tessere bancomat/carte di credito destinate ai clienti del noto bancario. Buona parte di queste lettere sono state rubate nei compartimenti postali di Padova, ma risultano degli ammanchi simili anche da Bologna e Peschiera Borromeo. Con in mano le tessere, i sodali, iniziavano a chiamare i clienti ben sapendo che, con altre modalità, erano già entrati in possesso del pin, cercando di estorcere la combinazione di 5 numeri. Chi non voleva fornire il pin “a voce” veniva invitato a digitarlo sul proprio telefono cellulare, questo perché sul telefono del truffatore era istallato un D.T.M.F. – “dual tone multi-frequency ” – ovvero un sistema di codifica, usato in telefonia per decriptare codici numerici sotto forma di segnali sonori in banda audio.
Dopo aver acquisito i pin la presunta attività delittuosa veniva completata con un’ ulteriore mossa ancora più articolata: nello specifico, al fine di sfruttare il più possibile la disponibilità di conti correnti particolarmente “nutriti” ed evitare quindi di fermarsi al semplice prelievo consentito dal plafond, spostavano mediante bonifici somme di denaro verso conti correnti più “poveri”, sempre appartenenti allo stesso istituto di credito, di cui era stata sottratta la carta bancomat, unitamente alle carte bancomat delle vittime. Tali conti correnti, il cui iban era riportato sulla carta stessa insieme al nominativo del correntista, venivano utilizzati quali meri conti di transito. Successivamente, da questi, una volta accertato il movimento bancario, procedevano al prelievo di altre somme.
Tutte le operazioni illegali venivano compiute con cellulari e dispositivi elettronici obsoleti, contenenti all’interno schede sim acquistate con documenti falsi. Gli apparecchi, di fatto uso e getta, servivano al gruppo per contattare le vittime e per comunicare tra i componenti del gruppo durante le varie fasi (Furto, prelievo e bonifico).
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Gli investigatori del commissariato Appio, con il coordinamento della Procura di Roma (gruppo reati informatici), passando al setaccio ogni singola telefonata ed operazione bancaria, sono arrivati ad individuare almeno 4 italiani presunti componenti della banda. Durante la fase delle indagini uno dei soggetti presunti responsabili veniva fermato mentre trasportava circa 300 buste dello stesso istituto di credito interessato dalle indagini, con all’interno bancomat e carte di credito, nascoste nel cofano motore.
Si ritiene che il giro d’affari possa essere stato superiore al milione di euro.
Si evidenzia che si è ancora nella fase delle indagini preliminari e che i soggetti coinvolti devono ritenersi non colpevoli sino alla condanna definitiva.