Attualità

Decathlon, caso razzismo: polemica per il brand “Migrazione speciale”

Condividi su Facebook Condividi su Whatsapp Condividi su Telegram Condividi su Twitter Condividi su Email Condividi su Linkedin
Decathlon cerca personale roma

Errore di comunicazione? Nella foto di un poster esposto in un negozio in franchising di Ajaccio in Francia, si vede un uccello intento a volare, un fucile con delle cartucce e la frase ” Migrazione speciale“. Secondo i sui critici che hanno segnalato la cosa all’account ufficiale di Décathlon lo spot che ha scioccato gli spettatori, si riferisce alla questione dei migranti che è al centro del dibattito.

I tweet non mancano di sottolineare il “cattivo gusto” di questo manifesto. E, come riportato diversi commenti sui siti internet che hanno riportato la notizia, altri hanno sfruttato questo poster per scopi ideologici come il collettivo Sauvons Calais che si batte contro l’immigrazione, che ha implementato il manifesto sulla sua bacheca di Facebook. Il marchio sportivo si è giustificato. “Il nostro negozio in franchising di Ajaccio ha usato questo poster tappezzando il suo negozio. Questa comunicazione, molto imbarazzante, è stata divulgata solo a livello locale e non è legata ad alcuna campagna nazionale, che peraltro non abbiamo convalidato e di cui siamo venuti a conoscenza a posteriori. L’azienda francese che riunisce sotto il suo marchio una catena di negozi di articoli sportivi a livello mondiale, deplora e sottolinea che questa pubblicità è del tutto inappropriata“-.

Alle proteste dei critici che hanno censurato il poster, per evitare qualsiasi confusione, l’azienda ha risposto facendo rimuovere immediatamente il manifesto pubblicitario dalle vetrine del negozio, comunicandolo sulle pagine di Facebook. Prevedibile quello è seguito, cioè una lunga serie di tweet indignati, di discussioni su Twitter, di critiche nei confronti dell’azienda francese e del messaggio sbagliato che la campagna pubblicitaria trasmette ai più.

Da Décathlon, che è un’azienda di successo e che, grazie ai prezzi socialmente ed economicamente trasversale, ci si aspetterebbe un messaggio diversamente diverso. O quantomeno una campagna pubblicitaria che non ammetta fraintendimenti. Anche perchè provocare è diventato lo spot preferito dei pubblicitari, commenta Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”. Mentre la nostra associazione si aggiunge alle altre forze che contrastano il fenomeno del razzismo, e al tempo stesso si pone come catalizzatore di quelle forze.

In Italia il monitoraggio della pubblicità è affidato all’Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria. Il codice dello IAP stabilisce, tra l’altro, che essa deve: “rispettare la dignità della persona in tutte le sue forme ed espressioni”. Partendo da questo principio, lo “Sportello dei Diritti” quando individua uno spot manda una mail allo IAP affermando che esso contraddice quella norma. Il vantaggio di indirizzare le proteste a questo istituto è che così facendo ci rivolgiamo alle imprese, cioè a chi pianifica e sdogana le réclame.

Il nostro intento non è la soppressione di un singolo spot particolarmente denigrante, perché ciò equivarrebbe ad accettare implicitamente tutti gli altri, ma quello di fare continua pressione perché l’intero fenomeno sia ripensato alla luce di una nuova sensibilità emergente.