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Sanità, USB: il 28 gennaio sciopero del settore in difesa del servizio pubblico

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USB ha proclamato lo sciopero generale della sanità pubblica per il prossimo 28 gennaio; uno sciopero non solo giusto ma necessario per lanciare un definitivo grido d’allarme sulle condizioni di lavoro degli operatori sanitari e sull’assenza di cure ai cittadini. Prima che gli effetti delle scelte scellerate del governo ricadano irreversibilmente sulla qualità della vita di tutti.

Il 28 gennaio sciopero del settore in difesa del servizio pubblico

L’unica diga indicata dal governo nel contrasto alla pandemia, il tasso di occupazione dei posti letto nelle terapie intensive e nei reparti ordinari, è ampiamente saltata, portando ben oltre la soglia di sicurezza le strutture ospedaliere, mentre i servizi territoriali e i dipartimenti di prevenzione risultano non pervenuti ormai da mesi e il tracciamento è completamente demandato alle farmacie che stanno facendo affari milionari sulla pelle dei cittadini. Negli ospedali si lavora senza soluzione di continuità, completamente saltati i riposi e le ferie, subissati da ordini di servizio per la continua assenza di personale contagiato. Un peso insostenibile che avrà come diretta conseguenza quella di “bruciare” intere generazioni di sanitari per il futuro.

L’esiguo “tesoretto” di assunzioni, tutte precarie, è completamente vanificato dall’assenza di oltre 20mila sanitari contagiati e almeno altrettanti assenti perché sospesi senza stipendio per non aver assolto all’obbligo vaccinale. Con l’evidente paradosso che a lavorare va un numero crescente di personale positivo, complice l’autosorveglianza al posto della quarantena, mentre a casa senza stipendio rimangono sanitari negativi e/o guariti e quindi, spesso, in possesso del super green pass. Una follia, determinata da norme confuse e sbagliate, che hanno come unico orizzonte quello di non fermare la produzione e sempre più spesso dettate da una volontà punitiva piuttosto che dall’efficacia nel contrastare la pandemia. Del resto i numeri sono sotto gli occhi di tutti, almeno fino a quando il governo non deciderà di nasconderli sotto il tappeto per occultare il suo drammatico fallimento nel garantire la tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori e dei cittadini.

Va pure peggio per i cittadini, sui cui comportamenti viene puntualmente riversata la responsabilità dei contagi e per i quali le cure sono ormai off limits. Alle milioni di prestazioni ordinarie saltate nella prima ondata di Covid, e mai recuperate nonostante le pesanti elargizioni ai privati, si somma la completa inaccessibilità odierna delle strutture ospedaliere e ambulatoriali che vede ridotta dal 50 all’80% la chirurgia (anche oncologica) e tutte le prestazioni ordinarie. Il combinato disposto di inaccessibilità delle cure e aumento del costo della vita ha portato oltre il 50% delle famiglie a rinunciare totalmente alle cure. Non si può pensare di aspettare la fine della pandemia  per poi certificare l’abbassamento dell’aspettativa di vita in salute, bisogna agire ora! Massicci finanziamenti alla sanità pubblica (di cui non c’è traccia nel PNRR), reinternalizzazione dei servizi in mano ai privati, assunzioni e stabilizzazioni del personale sanitario, abolizione del numero chiuso nelle università, investimenti nei dipartimenti di prevenzione e nella medicina territoriale.

In questo contesto il rinnovo del contratto della Sanità in discussione in questi giorni, più che una  soluzione finisce per essere un problema. Non solo non dà risposte sul piano salariale né all’aumento del costo della vita, come del resto già avvenuto per il contratto delle Funzioni Centrali appena rinnovato, né all’enorme sforzo compiuto dagli “eroi” in questi 2 anni di pandemia e ai quali, unicamente, si deve la tenuta del sistema sanitario pubblico, ma non contiene nemmeno una visione complessiva dell’organizzazione del lavoro di un sistema complesso come quello sanitario, limitandosi ad ammiccare a qualche richiesta corporativa di carriera dirigista, sul modello dei medici (sic!), in un’ottica di sempre maggiore liberalizzazione della professione Infermieristica.

Per questo lo sciopero di un altro sindacato di categoria proclamato nella stessa giornata del 28 gennaio risulta assolutamente insufficiente sul piano delle rivendicazioni contrattuali e anacronistico sul piano della funzione sociale necessaria al Paese e della quale il personale sanitario deve urgentemente riappropriarsi per poter ancora parlare in futuro di salute e di sanità pubblica. È un’urgenza che il virus ci ha sbattuto in faccia, sarebbe criminale ignorarla!