Cronaca

Lannutti ricostruisce la vicenda di Fabrizio Pignalberi, che avrebbe subdolamente carpito la fiducia di molte persone provocando danni importanti

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Il giornalista/politico/Saggista Elio Lannutti ha pubblicato su Facebook il suo personale resoconto sulla vicenda di Fabrizio Pignalberi raccontata recentemente a Le iene. 

Di seguito, il post integrale:

Il caso di Silvia, morta suicida a causa probabilmente della disperazione per il figlio sottratto dal Tribunale per i minorenni e per le continue richieste di denaro del sedicente “avvocato” Fabrizio Pignalberi…
Atto n. 4-06953
Pubblicato il 26 aprile 2022, nella seduta n. 427
LANNUTTI , ANGRISANI , CORRADO – Al Ministro della giustizia. –
Premesso che:

“Le Iene”, seguitissimo programma televisivo di attualità ed approfondimento che va in onda su Mediaset, il 20 aprile 2022 si è occupato del caso riguardante Fabrizio Pignalberi, controverso fondatore del movimento “Più Italia” che, stando a diverse testimonianze raccolte da Giulio Golia, inviato storico della stessa trasmissione, avrebbe subdolamente carpito la fiducia di molte persone provocando danni importanti, tuttora irrisolti. Nel corso del servizio si è parlato del caso di una mamma, la trentanovenne S. D. P., morta suicida il 30 ottobre 2020 a causa probabilmente della disperazione per il figlio sottratto dal Tribunale per i minorenni, e affidato alla sorella D., e per le continue richieste di soldi da parte del sedicente “avvocato” Fabrizio Pignalberi, il quale, attraverso il suo studio e la complicità dei suoi fedelissimi, come si racconta nel servizio televisivo, è riuscito a entrare nel cuore di tutta la famiglia di S., facendosi conoscere come il “salvatore dei bambini di Bibbiano”, e dunque facendo credere a questa mamma che le avrebbe fatto riaffidare il figlio, salvo poi ledere significativamente la sua serenità e quella dell’intera famiglia della donna;
la prima volta Pignalberi avrebbe contattato S. nel 2019 sulla sua pagina “Facebook”, dove la donna era solita sfogarsi e raccontare il dramma che stava vivendo.

Da lì a poco, il sedicente avvocato avrebbe cominciato a frequentare l’intera famiglia di S., facendo persino credere alla sorella D. che, se avesse comunicato agli assistenti sociali che era incinta, avrebbero potuto perdere l’affidamento del bambino, tanto che la donna si è sentita in dovere di nascondere per nove mesi la gravidanza. Per mostrarsi affidabile, Pignalberi ha persino coinvolto S. nel suo partito, affidandole un incarico: quello di coordinatrice di Roma;

Pignalberi avrebbe fatto a S. continue richieste di denaro, sempre in contanti, la prima volta ottomila euro, poi tredicimila e così via. Avrebbe chiamato persino di notte per spillare soldi, alla donna e alla sua famiglia, minacciando che se non avesse ricevuto i compensi richiesti entro 48 ore non avrebbero più rivisto il bambino. Pignalberi fa credere che è sempre in Tribunale per seguire il caso, chiede a S. e alla sua famiglia soldi anche per fantomatiche opposizioni e ricorsi mai effettuati. Una richiesta continua ogni 20 giorni. Alla fine, la famiglia di S. sborsa cinquantamila euro;
la notte prima del 30 ottobre 2020 Pignalberi avrebbe inviato messaggi “Whatsapp” a S. informandola di fantomatiche voci sul suo conto, voci che se fossero giunte al Tribunale per i minorenni avrebbero indotto i giudici a toglierle definitivamente il bambino. A quel punto S. decide di farla finita. Pignalberi di tutta risposta lancia immediatamente una raccolta fondi per sostenere la famiglia della donna, convogliando però i soldi sull’IBAN del partito. E la sera stessa della morte di S. si presenta a casa dei familiari per chiedere altri 1.800 euro;

considerato che:
Pignalberi, forte di una laurea non riconosciuta in Giurisprudenza e di uno studio ben avviato, ha tratto in inganno molte famiglie, tante madri alle quali avrebbe promesso di riportare a casa i loro bambini in cambio di soldi. Ad alcune di loro è riuscito a spillare anche centomila euro;
la famiglia di S. ha inviato tramite ricariche “PostePay” almeno 15.000 euro all’avvocata Simona Giuliani, sempre al fianco di Pignalberi. Nel 2021 entrambi sono finiti sotto processo accusati di falso e di truffa; Pignalberi anche di calunnia, falso in cambiale (per il saldo e stralcio), formazione di un falso verbale di ricezione di querela, e la sola Giuliani di falso per l’attestazione di una procura alle liti. Altri soldi, due ricariche da 997 euro ciascuna, sono stati invece inviati dalla famiglia di S. a un’altra esponente del partito di Pignalberi, Clarissa Venti;
S. e i suoi parenti non sono state le uniche famiglie a inviare tramite “PostePay” soldi a Pignalberi e ai suoi sodali. E quando sono partite le prime denunce sul modus operandi del gruppetto, sono cominciate pure le minacce, anche fisiche, da parte di persone che si sono definite dirigenti del partito di Pignalberi;
sono almeno 10 anni che Pignalberi e i suoi sodali ricevono denunce da parte di chi è incappato nella loro rete, ma senza successo;

considerato infine che il sedicente “avvocato” Pignalberi aveva già svolto attività politica in altro movimento ed aveva poi fondato “Più Italia” e le persone cadute nella rete di Pignalberi, si sono dichiarate “vittime tradite da una giustizia vergognosamente garantista, che ha permesso che si consumassero nel silenzio e nella paura, gli orrori commessi da questo essere con la complicità dei quattro amici al bar. Vittime tradite da una politica sorda che sapeva quanto accadeva e che non ha mosso un dito per fermarlo. Nessuna pietà per chi ha sfruttato la disperazione di una madre che non ce l’ha fatta; nessuna pietà per chi ha sfruttato la disperazione altrui”,
si chiede di sapere:

se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza di quanto descritto in premessa;
se ritenga di dover intervenire con urgenza per accertare come sia stato possibile che questo gruppo facente capo a Pignalberi abbia potuto agire per anni indisturbato nonostante le numerose denunce, e se ritenga dunque di dover adoperarsi per risalire alla catena delle responsabilità.