L’Unione Sindacale di Base da anni denuncia il fenomeno del “blocco barella” nei pronto soccorso di Roma e del Lazio, che non riguarda più il periodo del picco influenzale o i primi caldi ma è ormai consuetudine.
Nei giorni scorsi abbiamo avuto picchi di 50 ambulanze ferme nei pronto soccorso: questo comporta il “sequestro” di mezzi di soccorso, assenti dal territorio, mentre i pochi rimasti percorrono decine di chilometri prime di arrivare al target, dilatando i tempi d’intervento rispetto agli standard europei e alle linee guida internazionali. Un fatto deleterio per un servizio in cui i minuti possono fare la differenza.
Questo avviene in attesa di un posto letto o di una barella per poter iniziare l’iter diagnostico terapeutico, altrimenti il paziente sarà costretto ad eseguirlo sulla barella dell’ambulanza che non è adatta per lo stazionamento prolungato ed è ad alto rischio di caduta.
Siamo arrivati a “ricoverare” i pazienti all’interno delle ambulanze parcheggiate all’esterno dei pronto soccorso. È inaudito che persone che richiedono l’ambulanza e quindi necessitano di un intervento in emergenza-urgenza, siano poi lasciate all’interno del mezzo di soccorso. Il personale ARES 118 deputato all’assistenza extraterritoriale si ritrova a mettere a disposizione l’ambulanza come fosse una stanza di degenza, senza gli stessi standard assistenziali e di comfort ospedaliero che un cittadino in stato di fragilità merita.
Durante il blocco, che può durare anche 12/14 ore, i lavoratori dell’ARES 118 svolgono il proprio turno in strada o seduti nel mezzo e per soddisfare i bisogni fondamentali debbono andare al Pronto Soccorso, mentre chi dovrebbe tutelare la salute e sicurezza di questi lavoratori è latitante.
Abbiamo avuto più incontri nel corso degli anni con i vertici regionali ed aziendali ma la conclusione è un rimpallo di responsabilità, mentre i cittadini ed i lavoratori subiscono il disservizio.
“Il virus non vi ha insegnato niente” era lo slogan con il quale chiedevamo risorse economiche ed umane per invertire tale tendenza; ma ad oggi nulla è cambiato. Le assunzioni fatte hanno colmato in parte le lacune che da anni affligge la sanità laziale. La Regione Lazio tace, tutti tacciono. L’USB Sanità Lazio no.
Chiederemo delucidazioni all’assessore D’Amato sulle azioni che, semmai ci fossero, sta mettendo in atto per ridare dignità ad un servizio fondamentale per la cittadinanza, garantire la sicurezza delle cure, salvaguardare la salute e la sicurezza dei lavoratori che un paese civile dovrebbe assicurare.
USB Sanità Lazio