Cronaca

Latina, controllavano il territorio: blitz anti mafia contro il clan Ciarelli

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Questa mattina, la Polizia di stato di Latina ha dato esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal G.I.P. di Roma su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di Roma nei confronti di 15 persone, ritenute gravemente indiziate a vario titolo dei reati di estorsione, truffa, violenza privata, danneggiamento e lesioni, reati aggravati dal metodo mafioso e dalla finalità di agevolazione mafiosa. L’attività è stata eseguita dalla Squadra Mobile di Latina, con la partecipazione di 4 equipaggi del reparto Prevenzione Crimine di Roma, il supporto di unità cinofile antidroga ed anti esplosivo e del reparto Volo di Partica di Mare, in collaborazione con le Squadra Mobili di Perugia, Teramo, Siracusa e Lecce, oltre che del Nucleo Investigativo Centrale della Polizia Penitenziaria – Nucleo Regionale Lazio e dei reparti penitenziari degli altri istituti interessati.

Ecco tutti i dettagli

L’indagine, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Roma, si è sviluppata a seguito degli approfondimenti svolti in merito alle dichiarazioni rese in diversi interrogatori da alcuni collaboratori di giustizia con riguardo le attività illecite svolte da appartenenti alla famiglia CIARELLI.

In particolare questi ultimi indicavano una pletora di imprenditori, commercianti ed altri cittadini quali vittime di usura ed estorsione da parte dei CIARELLI.

Le indagini condotte dalla sezione criminalità organizzata della Squadra Mobile di Latina, che si sono espletate attraverso servizi di natura tecnica, congiuntamente alle dichiarazioni rese dalle vittime delle estorsioni e delle violenze private, hanno consentito di riscontrare le propalazioni rese dai citati collaboratori di giustizia, i quali nei numerosi interrogatori hanno anche ricostruito le dinamiche criminali, presenti e passate, sviluppate sul territorio di Latina e Provincia.

Le indagini hanno evidenziato in termini di gravità indiziaria come i 10 episodi estorsivi per cui si procede abbiano mostrato l’utilizzo di condotte tipicamente assimilabili alle mafie tradizionalmente intese, ovvero: la prospettazioni di ritorsioni alle vittime in chiave plurale, la spendita del nome dei CIARELLI quale segno di appartenenza ad un gruppo criminale per amplificare l’efficacia delle azioni intimidatorie e violente, il riferimento a problemi giudiziari nonché alle spese relative ai processi degli appartenenti al gruppo per coartare la volontà delle vittime e l’affermazione del potere di riscossione del pizzo in quanto derivante dal controllo del territorio.

In molti degli episodi ricostruiti in termini di gravità indiziaria nel corso delle indagini, le vittime non hanno denunciato i fatti subiti per timore di ritorsioni, lasciando emergere un diffuso stato di assoggettamento ed omertà, determinandosi addirittura a mutare in alcuni le proprie abitudini di vita.

Nello specifico, è stato riscontrato come componenti della famiglia CIARELLI gestiscano, attualmente, una forma di protezione dei detenuti in carcere, pretendendo per tale servizio la corresponsione di un somma di denaro che assicura le vittime da violenze, minacce e ritorsioni.

Le vicende denunciate, inoltre, hanno evidenziato in termini di gravità indiziaria come lo stato detentivo non abbia indebolito la capacità intimidatoria della famiglia CIARELLI, la quale avrebbe continuato fino alla scorso anno, a formulare richieste estorsive nei confronti, di imprenditori, commercianti, semplici cittadini, alcuni dei quali persone offese nel processo Caronte, utilizzando il social Network Facebook, attraverso l’account “Puro Sangue Ciarelli”, per raggiugere le persone che si trovano sul territorio pontino.

La capacità di intimidazione che il clan CIARELLI è risultato in termini di gravità indiziaria esercitare ancora oggi, nella città di Latina è emersa attraverso azioni criminali che i giovani rampolli di famiglia, spendendo il nome del sodalizio e dei suoi esponenti di vertice, avrebbero posto in essere fino alla scorsa estate nella zona della cosiddetta Movida, nel centro storico di Latina, e in alcuni stabilimenti balneari sul lungomare di Terracina, laddove addetti alla sicurezza venivano fisicamente aggrediti, per avere impedito l’accesso al locale o la consumazione gratuita di cibi o bevande.

E’ stato da ultimo chiarito che alcuni membri della famiglia CIARELLI o avrebbero occupato arbitrariamente un immobile di proprietà di un avvocato di Latina, senza più versare nel tempo alcun pagamento di affitto, ma trasformando al contrario l’appartamento nella base logistica di una piccola attività di spaccio di cocaina che veniva portata avanti per mantenere i familiari detenuti.

 Il procedimento versa tuttora nella fase delle indagini preliminari, con la conseguenza che per tutti gli indagati vige il principio di presunzione di innocenza.