Di seguito, il comunicato stampa del Comitato residenti Colleferro.
Il comunicato stampa
Dopo due mesi dall’annuncio di sospensione e revisione del SIN (sito di interesse nazionale) bacino del fiume Sacco e il caso Catelant (importante multinazionale farmaceutica con stabilimento ad Anagni), cosa ha fatto la Regione Lazio?
Ad aprile le dichiarazioni del Presidente della Regione e le obiezioni di quello di Unindustria sulla Catelant e sul Sin hanno fatto esplodere la questione dell’immobilismo dei vertici della politica, dei partiti e delle Istituzioni pubbliche che a livello territoriale hanno competenze e poteri di controllo.
Durante l’assemblea degli industriali, forse confusa con l’aula consigliare della Pisana, Zingaretti ha annunciato l’intesa tra Governo e Regione sulla sospensione dell’efficacia del decreto riguardante la perimetrazione del Sin, escluse le aree ripariali. Zingaretti avrebbe sollecitato il Governo ad adottare un decreto per definire “in pochi mesi” una nuova perimetrazione del sito, divenuto negli anni frutto “di errori ed illusioni, che hanno bloccato tutto.”
Secondo politici e imprenditori Catalent avrebbe rinunciato all’investimento nella valle del Sacco per realizzarlo in Inghilterra a causa di ritardi nell’iter autorizzatorio, inghiottito dalle sabbie mobili della burocrazia italiana.
Un argomento che viene utilizzato anche in questo caso per mettere sul banco degli imputati le limitazioni imposte dal Sin, mentre Arpa non ha rilevato l’inquinamento di suolo e sottosuolo nell’area interessata dal progetto di Catalent. L’autorizzazione sarà poi rilasciata quando ormai la multinazionale ha abbandonato Anagni.
Invece di una autocritica sulle proprie responsabilità, è partito l’attacco alle prassi burocratiche e alle inefficienze amministrative che, secondo la valutazione pressoché unanime della politica e dell’economia, sono la causa dei tempi lunghi nel rilascio delle autorizzazioni, insieme agli obblighi imposti dal Sin (anche il Covid).
Argomento mai abbastanza provato: nei suoi procedimenti è la stessa Regione a non rispettare i termini perentori previsti dai vari iter. I ritardi sono piuttosto da attribuire alle lungaggini della politica, sempre pronta a cogliere i segnali di malumore di una platea qualificata, ma con poca attitudine a misurarsi con i tempi di investimento degli imprenditori, conservando l’abitudine di addossare alle lotte ambientali sul territorio le “colpe” di progetti produttivi non andati in porto. Davvero ancora qualcuno vuole far credere che siano le proteste ambientaliste il freno allo “sviluppo” della valle del Sacco?
Torniamo alle procedure che, riteniamo, siano ferme all’annuncio di Zingaretti del 28 aprile scorso. Il Presidente della Regione ha lasciato intendere che l’iniziativa per la sospensione del Sin dovesse essere presa dal Governo e che ci fosse una intesa istituzionale formale.
Immediata la replica dal Ministero della Transizione ecologica: nessuna sospensiva e sia la Regione, se lo ritiene, a farsi parte attiva nella richiesta di riperimetrazione, dichiara la Sottosegretaria di Stato, Fontana.
Se Zingaretti conoscesse meglio la normativa saprebbe che spetta alla sua Regione presentare istanza di riesame del procedimento di riperimetrazione del Sin con la partecipazione dei Comuni ed Enti competenti in materia di salute ed ambiente, similmente a quanto avvenuto nel 2016.
Anche ai protagonisti economici del territorio – rappresentati dal Presidente degli industriali – deve essere sfuggito che alcuni decreti sono intervenuti proprio sulle norme riguardanti le procedure amministrative ed hanno introdotto misure di semplificazione e accelerazione.
Dal 2020 infatti sono entrate in vigore le nuove disposizioni che ampliano le ipotesi in cui è possibile realizzare interventi ed opere nei siti da bonificare.
Inoltre, per conoscere in tempi rapidi le condizioni per l’approvazione del progetto operativo, limitando i passaggi intermedi, è prevista la possibilità dì accertare lo stato di potenziale contaminazione attraverso indagini preliminari con una procedura abbreviata e presentare gli esiti della caratterizzazione e delle analisi di rischio.
Per la matrice suolo è prevista la certificazione di avvenuta bonifica in assenza di interferenze con la matrice acque sotterranee.
Ancora più sorprendenti i rapporti tra i vari livelli istituzionali. Il Presidente della Regione non avrebbe chiarito se una simile iniziativa sia stata assunta d’intesa con il Commissario straordinario per gli interventi di bonifica e messa in sicurezza della valle del Sacco, Bonsignore, appena nominato da Zingaretti a gennaio scorso.
Sempre a gennaio, per rimettere in moto la macchina, la Sottosegretaria Fontana ha assunto l’iniziativa di istituire presso la Prefettura di Frosinone un Tavolo politico istituzionale, da lei presieduto allo scopo di monitorare lo stato di attuazione degli interventi nel Sin e scongiurare la perdita, per scadenza dei termini, dei fondi stanziati per bonificare il bacino del Fiume Sacco, previsti nell’Accordo di Programma del 2019.
A marzo peraltro l’assessorato regionale ai rifiuti, andando controtendenza, ha reso noto che sono stati approvati e finanziati i progetti di caratterizzazione ai fini della bonifica e il monitoraggio delle acque, ma in realtà anche in questo caso i tempi sono stati biblici.
Infine l’eventuale utilizzo di terre provenienti dall’area Sin senza caratterizzazione di legge (a titolo gratuito o addirittura a pagamento) da miscelare con rifiuti dei Tmb per la copertura di discariche è solo un nostro timore eccessivo.
Il fiume Sacco da corridoio di biodiversità rischia di identificarsi come sversatoio di rifiuti industriali e il Contratto di Fiume, che potrebbe favorire la sua rigenerazione e riqualificazione ambientale, non è stato colto dalle Amministrazioni comunali nella sua capacità di migliorare il territorio.
Foto di repertorio