Accolto il ricorso dell’automobilista, che aveva simulato il raggiro per guadagnare
Niente condanna per frode assicurativa se non è la stessa compagnia a presentare la querela per il falso incidente. Lo ha sancito la Corte di cassazione che ha accolto il ricorso di un automobilista che aveva inventato il raggiro per guadagnare.
Sul punto la seconda sezione penale ha spiegato che il reato di frode in assicurazione non ha natura plurioffensiva in quanto è volto a tutelare esclusivamente il patrimonio delle imprese assicuratrici dai comportamenti contrari alla buona fede contrattuale, sicché legittimata a proporre querela è solo la compagnia che gestisce o liquida il sinistro e non anche la persona danneggiata dal reato, che potrà agire eventualmente per il risarcimento del danno subito.
Per i giudici di legittimità, infatti, di cui ha scritto il sito Cassazione.net, Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, il motivo è fondato e, al riguardo, hanno ricordato che “Questa conclusione muove dalla necessaria distinzione tra persona offesa dal reato, ovvero il soggetto titolare dell’interesse direttamente protetto dalla norma penale e la cui lesione o esposizione a pericolo costituisce l’essenza dell’illecito, e persona danneggiata, che assume di aver subito un pregiudizio dal reato, posizioni che, sebbene spesso risultano cumulate in capo al medesimo soggetto, debbono essere tenute concettualmente distinte in quanto solo la prima legittima l’esercizio del diritto di querela, spettando al danneggiato esclusivamente la facoltà di esercizio dell’azione civile in sede penale.”