Ogni anno nel mondo si producono circa 40 milioni di tonnellate di polietilene tereftalato, noto come PET, un derivato dal petrolio greggio.
Le applicazioni tipiche di questa materia plastica includono bottiglie per bibite analcoliche, succhi di frutta, acque minerali. Particolarmente adatto alle bevande gassate, oli da cucina e da tavola, salse e condimenti, e detergenti. Vaschette e contenitori a collo ampio, marmellate, composte, frutta e alimenti secchi. Vassoi per cibi precotti pronti per il riscaldamento in forno a microonde o forno tradizionale. Preparazioni a base di pasta, carne e verdura. Fogli per cibi precotti, snack, frutta secca, dolciumi, confetteria a lunga conservazione.
Altri prodotti in PET con barriera all’ossigeno rinforzata per birra, prodotti freschi confezionati sotto vuoto quali formaggi, carni, vini, condimenti, caffè, dolci e sciroppi. Il materiale, in particolare quando è sottoposto a fonti di calore e ai raggi diretti del sole, libera negli alimenti delle sostanze chimiche che passano così nell’organismo umano.
Uno degli agenti normalmente sospettati è l’acetaldeide, che può provocare la cirrosi epatica, che tuttavia è presente in alta percentuale anche in alimenti naturali quali la frutta. Ancora più preoccupazioni e controversie desta l’emissione di interferenti endocrini (EAS), noti anche come ormoni ambientali o sostanze attive a livello ormonale.Se assunti dall’organismo a dosaggi elevati gli EAS possono interferire con il sistema ormonale arrecando danni alla salute con conseguenze anche molto serie, come sterilità, cancro, diabete e neuropatologie quali l’ADHD o l’autismo.
Il problema è che si tratta di un notevole gruppo di sostanze con effetti sul sistema endocrino, l’OMS presume che arrivino fino a un numero di 800 e che gli effetti sull’organismo umano non siano ancora stati studiati.
Lo ha dimostrato un nuovo studio della clinica universitaria di New York, la NYU Langone che giunge alla scioccante conclusione che gli EAS solo negli USA causano danni e spese mediche per 340 miliardi di dollari l’anno.
Le sostanze attive a livello endocrino non vengono assunte dall’organismo solo attraverso le bottiglie PET, ma anche tramite i pesticidi, i cosmetici o i giocattoli di plastica.
Che la plastica faccia male all’ambiente ormai è chiaro, ma quanto sappiamo circa gli effetti della plastica e soprattutto degli additivi impiegati nella sua produzione e nei diversi processi industriali che la utilizzano? Intanto scienziati, politici ed esponenti delle associazioni dei consumatori stanno discutendo di divieti, valori limite adeguati e alternative ai veleni contenuti nella plastica.
Nonostante le rassicurazioni dei principali produttori, tuttavia Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, alla luce delle indagini che gettano ombre sulla sicurezza del polietilene tereftalato, noto come PET, ritiene utile una più accurata e approfondita revisione da parte delle autorità sanitarie europee e nazionali al fine di dirimere ogni dubbio in merito.