Lo smart-working ha cambiato notevolmente la concezione del lavoro. Inizialmente ci sono state molte difficoltà ad adattarsi a questa nuova modalità di lavoro ma, con il tempo, numerosi lavoratori hanno deciso di voler lavorare esclusivamente da remoto.
Per queste ragioni, molte aziende hanno proposto una nuova modalità di lavoro, quello ibrido. Questo prevede lo svolgimento del proprio impiego alcuni giorni in ufficio e altri giorni da remoto.
Eppure, lo smart-working ha consentito a molte persone, specie del Sud Italia, di poter lavorare dal loro paese d’origine.
Infatti, il 77% delle aziende italiane ha deciso di adottare lo smart-working, almeno nella modalità ibrida. Questo consente di avere molte più possibilità per lavorare e vivere in diverse aree del nostro Paese.
Parte il south-working: un modo per rilanciare il Sud Italia
Fino ad ora abbiamo parlato del lavoro da remoto chiamandolo smart-working, ma ora dobbiamo fare un passo successivo, parlando di south-working.
Secondo le statistiche, entro il 2030 gli abitanti di età compresa tra i 20 e 64 anni diminuiranno dell’11%. Tuttavia, questa problematica potrebbe essere contenuta grazie ai cosiddetti flussi migratori interni, legati alla ricerca del lavoro.
Attualmente, stando alle offerte di lavoro, solo l’8% di queste arrivano dal Sud Italia, mentre il 78% delle offerte si concentra nelle regioni del Nord.
Eppure, il lavoro da remoto potrebbe apportare notevoli cambiamenti per quanto riguarda la distribuzione della popolazione nel nostro Paese.
Insomma, non sarà più indispensabile spostarsi al Nord per poter lavorare, ma la propria attività potrà essere mandata avanti direttamente nel Sud Italia, grazie al south-working.
Aumentano gli hub di lavoro nel Sud Italia: un modo per incentivare il south-working
Gli hub di lavoro al Sud Italia sono in continuo aumento. Ad esempio, Randstad ha avviato un hub di lavoro ad Aliano, un piccolo paese in provincia di Matera.
L’obiettivo è quello di creare degli hub che siano al di fuori dalle grandi città o dei centri più popolosi del Paese.
Inoltre, è bene ricordare che l’occupazione giovanile e femminile a livello locale rientrano tra gli obiettivi fissati dal PNRR. Oltre a questo, si cercherà di favorire opportunità occupazionali all’interno dell’intero territorio nazionale.
Per lavorare da remoto serve la Partita IVA?
Il lavoro da remoto può essere concesso sia ai liberi professionisti, sia ai lavoratori dipendenti. Tuttavia, nella maggior parte dei casi, i lavoratori che prestano le loro attività da remoto sono in Partita IVA.
Per questo motivo ti consigliamo di parlare con un consulente fiscale, come Fiscozen. In questo modo, per mezzo di una consulenza gratuita e senza impegno, potrai porre all’esperto fiscale tutte le tue domande, come quelle inerenti alle tasse, al domicilio fiscale e alla fatturazione.