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Colleferro, il comunicato del comitato dei residenti in merito alla discarica di Colle Fagiolara

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Qui di seguito la nota del comitato residenti Colleferro in merito alla discarica di Colle Fagiolara

Qui di seguito la nota del comitato residenti Colleferro in merito alla discarica di Colle Fagiolara

Il comunicato

La politica, secondo i suoi piani semplici e lineari, vuole riaprire la discarica per liberarsi della frazione ottenuta dal trattamento biologico del rifiuto urbano (FOS) e per risolvere gli enormi problemi dovuti alla mancanza di impianti di conferimento, con un indubbio introito economico. Il progetto di cui ora parleremo è parte di una operazione nella quale il recupero del sito e le operazioni di capping preliminari alla chiusura definitiva c’entrano poco.

Il progetto di Lazio Ambiente e del consorzio Minerva
Una situazione spinosa e pericolosa si sta profilando per la discarica di Colle Fagiolara e il Comune di Colleferro ne è responsabile. Ad oggi sappiamo che l’Amministrazione ha precostituito con le proprie scelte (e in alcuni casi, con l’inerzia) le condizioni oggettive che potrebbero consentire alla Regione di portare in porto il suo progetto.

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Il progetto della Regione
La Regione punta a riutilizzare il sito di Colleferro per conferire 137.100 mc di FOS. Due anni fa quando il Comune aveva “chiuso” colle Fagiolara non aveva colmato l’invaso autorizzato nè esaurito le volumetrie, con un costante peggioramento delle condizioni di sicurezza, di instabilità emergenziale, dello stato sanitario dei cittadini e della rilevanza degli impatti ambientali.

Perché siamo arrivati a questo punto?
Solo un paio di mesi fa, l’8.11.2022 il consorzio Minerva, partecipato dal Comune di Colleferro, capofila e socio di maggioranza relativa, ha presentato un progetto per la “Riconfigurazione morfologica della discarica, capping finale e miglioramento impiantistico” per essere sottoposto alla Valutazione di impatto ambientale (VIA) nell’ambito del Provvedimento autorizzatorio unico regionale (PAUR, art. 27-bis del D.Lgs. 152/2006).
Come abbiamo ribadito più volte, l’interruzione anticipata dei conferimenti e la mancanza del Piano di chiusura regionale non consentono la chiusura finale della discarica, che necessitava della indifferibile messa in sicurezza.
L’avevamo detto ed ora vediamo realizzarsi le condizioni che in molti preferivamo non voler considerare.

La situazione oggi
Il consorzio, indicato dal Comune come nuovo gestore della discarica, è subentrato nella titolarità del procedimento di PAUR con una sua progettazione, dopo aver sottoscritto con Lazio Ambiente spa un contratto di affitto del relativo ramo d’azienda e registrato la voltura della Autorizzazione integrata ambientale (AIA).
Il primo progetto presentato da Lazio Ambiente spa l’8.9.2021 per colmare la “buca”, che ha una volumetria residua di circa 300.000 mc, prevedeva l’utilizzo di circa 137.100 mc di FOS e 133.400 mc di terreno per un totale di 270.500 mc, a differenza del progetto del consorzio che esclude la FOS.
La stessa Regione fin dal 10 gennaio 2020, cinque giorni prima della “chiusura” di colle Fagiolara, aveva comunicato – anche il Comune ne era al corrente – che intendeva destinare Colleferro a supporto del ciclo dei rifiuti di Roma, passando dall’operazione di smaltimento ad attività di recupero della FOS. Questo il programma di cui tutti eravamo edotti. Ora è credibile che il Sindaco Sanna e l’Assessore all’Ambiente Calamita si siano fatti trovare impreparati?

L’Amministrazione non metta la testa sotto la sabbia
E’ ora che il Comune esca dalla comfort zone e difenda il territorio, opponendosi con il consorzio, al parere negativo della Regione in merito alla sostituzione della FOS con la terra, presentando in Conferenza di servizi una perizia tecnica e sanitaria a supporto del proprio progetto, a tutela della salute, della pubblica incolumità dei cittadini e in difesa dei diritti dell’Amministrazione.
Quest’ultima deve esprimere in modo inequivocabile il proprio motivato dissenso prima della conclusione dell’ultima Conferenza di servizi per poter eventualmente ricorrere alla Presidenza del Consiglio dei Ministri (art. 14 quinquies, L. 7 agosto 1990, n. 241).

Ricorso al TAR del Lazio
Qualora al termine dell’iter il parere della Direzione Regionale Ambiente non venisse riformulato, nonostante il dissenso qualificato del Comune di Colleferro, e venisse rilasciata determina regionale positiva al PAUR, chiediamo al Comune e al consorzio di impugnarla.
Questo Comitato e con quanti siano interessati ricorrerà autonomamente al TAR del Lazio.
Siamo l’unica realtà locale che – inspiegabilmente nessun altra sembra interessata – ha chiesto ed ottenuto di partecipare al procedimento. Nei giorni scorsi abbiamo inviato ai responsabili amministrativi della Regione una pec per contestare come anche in questa occasione il Comitato residenti Colleferro non sia stato convocato nella prima Conferenza di servizi del 12.1.2023, sebbene avesse presentato richiesta e depositato osservazioni.
Esclusione grave dal momento che stiamo seguendo le Conferenze di servizi fin dal primo progetto presentato da Lazio Ambiente spa e ingiustificata poiché la legge prevede la partecipazione dei cittadini ai processi decisionali riguardanti scelte ambientali che incidono sulla loro vita.
Tuttavia è molto più grave il fatto che in Conferenza di servizi non siano stati ancora acquisiti alcuni pareri qualificanti: quello di Arpa per mancanza delle integrazioni tecniche richieste, quello della Asl che non è riuscita a collegarsi e di Città Metropolitana di Roma Capitale.

Le osservazioni del Comitato residenti Colleferro
Premesso che siamo venuti a conoscenza del progetto del consorzio attraverso una defaticante attività di controllo dei siti istituzionali, mancando trasparenza e comunicazione da parte dei nostri Amministratori.
Nelle ultime osservazioni presentate il 7.12.2022, a titolo indicativo e non esaustivo, abbiamo confermato che lo stato sanitario di Colleferro e della valle del Sacco, area a maggiore inquinamento ambientale, è noto da tempo e deve essere tenuto in considerazione.
Nello specifico abbiamo osservato l’inidoneità della terra e l’impossibilità di realizzazione del progetto, i potenziali danni alla salute pubblica, le perdite economiche e lo sperpero di denaro pubblico.

Conclusione
Posto che secondo la normativa la gestione post mortem deve durare circa 30 anni e posto altresì che i lavori per avviarla dureranno almeno altri 3, come si possono mai quantificare i costi e come si può dimensionare il previsto impianto fotovoltaico, che tra molti anni sarà anche obsoleto? Se tutto va bene i cedimenti termineranno tra più di 30 anni e per questo abbiamo chiesto di eliminare dalla progettazione la spesa prevista per l’inutile intervento dell’impianto fotovoltaico.
Cosa ha fatto l’Amministrazione comunale in questi due anni, oltre ad adoperarsi per ottenere l’affidamento del sito e con esso i supposti finanziamenti regionali, per garantire una gestione in sicurezza ed evitare che a colle Fagiolara si realizzasse tale scenario?
In questa operazione il Comune incasserà dal conferimento della FOS e gestirà i fondi stanziati dalla Regione per il post mortem (24 milioni) e Lazio Ambiente spa riceverà un premio economico aggiuntivo a carico dell’Amministrazione colleferrina per i riflessi positivi legati al progetto di riconfigurazione del sito. Il consorzio Minerva sembrerebbe ridotto al ruolo di comparsa.

Foto di repertorio