È discriminatorio e quindi nullo il licenziamento del dipendente pedinato da un investigatore privato a differenza dei suoi colleghi. Lo ha sancito la Corte di Cassazione che, con l’ordinanza 2606/2023 depositata il 27 gennaio 2023, ha respinto il ricorso di un’azienda che aveva fatto seguire un dipendente, sindacalista.
La decisione della Corte di Cassazione
I Supremi giudici hanno spiegato che il lavoratore aveva dimostrato il fattore di rischio (essere attivista sindacale) ed il trattamento meno favorevole rispetto a quello riservato ad altri soggetti in condizioni analoghe e senza responsabilità sindacali, ovvero l’avere la società disposto indagini investigative nei suoi confronti e non nei confronti di altri addetti alla medesima linea e che operavano con le sue stesse modalità di lavoro.
Per i giudici di legittimità, insomma, di cui ha scritto il sito Cassazione.net, Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, l’uomo aveva dedotto una correlazione significativa tra tali elementi (trattamento sfavorevole in ragione dell’attività sindacale, in un contesto particolarmente conflittuale collegato in tale periodo al suicidio di un collega ed al rinvenimento di un suo messaggio diretto alla società, che collegava il suicidio allo stress lavorativo, con connessi contenziosi relativi ad altra sanzione disciplinare collegata a tale vicenda ed a ricorso ex art 28 legge Stat. Lav. del sindacato di cui l’odierno ricorrente era delegato).
Al contrario, la società non aveva dimostrato la ragione per la quale aveva disposto accertamenti investigativi che avevano portato a evidenziare incongruenze ed anomalie nell’orario di lavoro e nei rimborsi spese a base del licenziamento disciplinare, così prestandosi al sospetto di un intento persecutorio legato all’attività sindacale sgradita svolta dal lavoratore.
Foto di repertorio