Ormai la truffa agli anziani sembra sia diventata una modalità comoda per “guadagnarsi da vivere” sfruttando la fragilità e la loro buona fede nel tentativo di salvare da eventuali guai giudiziari i propri cari.
La vicenda
Gli agenti della Polizia di Stato nella serata di ieri hanno notato una Fiat 500 X sull’autostrada A/1 che procedeva ad alta velocità, con due persone a bordo, un uomo ed una donna.
Dopo un breve inseguimento gli uomini della Polizia Stradale di Cassino sono riusciti a fermare la vettura.
Poiché i fermati hanno mostrato nervosismo al momento del controllo, dando versioni discordanti tra loro circa il viaggio, ed entrambi annoveravano precedenti di polizia, gli agenti hanno deciso di perquisire i due ed il loro veicolo.
Durante tale fase, la donna cercava di disfarsi di una busta di cellophane prontamente recuperata, al cui interno vi erano numerosi monili in oro, mentre indosso all’uomo oltre a vari preziosi sono stati rinvenuti 800 euro in contanti.
Gli accertamenti successivi grazie anche alla collaborazione dei Carabinieri di Rignano Flaminio hanno fatto emergere l’ennesima truffa agli anziani.
La vittima aveva ricevuto una telefonata da parte di un presunto “maresciallo dei Carabinieri” nella quale la avvisava che il figlio aveva provocato un sinistro stradale, e che sarebbe stato denunciato con la sospensione della patente.
Pagando però, tutto si sarebbe risolto per il meglio e che, a prelevare la somma ci avrebbe pensato una certa “Maria” persona di sua fiducia.
Infatti poco dopo “Maria” si recava a casa della malcapitata che in stato di agitazione ed ansia consegnava oltre al denaro anche oggetti in oro ed il bancomat con il relativo Pin.
I fermati, tra cui la donna riconosciuta come “Maria”, venivano arrestati e su disposizione dell’A.G. competente posti agli arresti domiciliari, mentre la refurtiva veniva riconsegnata alla sgomenta signora.
Per dovere di cronaca, e a tutela di eventuali indagati in caso di indagini, ci teniamo a ricordare che quanto detto non equivale a una condanna. Le prove si formano in Tribunale e l’ordinamento giudiziario italiano prevede comunque tre gradi di giudizio. Resta dunque valida la presunzione di non colpevolezza degli indiziati.
Foto di repertorio