Nella giornata di oggi, al varco di polizia di frontiera di Ventimiglia, gli agenti della Polizia di Stato della Squadra Mobile di Roma erano presenti all’arrivo del tunisino presso il Settore di Frontiera della Polizia di Stato di Ventimiglia (IM), per notificargli l’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal GIP del Tribunale di Roma, su richiesta della Procura capitolina, poiché gravemente indiziato dell’omicidio preterintenzionale del militare dell’Esercito Italiano, avvenuto a Roma in via dei Sesami angolo piazza De Bossi, il 10 febbraio scorso.
Militare ucciso in strada a Roma: gli ultimi aggiornamenti
ABIDI Mohamed sarebbe fuggito da Roma qualche giorno dopo aver commesso il fatto, quando la sua foto era ormai riportata da tutti i mass media; gli agenti della Squadra Mobile non erano riusciti a trovarlo nell’appartamento che, da indagini tecniche, era emerso come suo nascondiglio, ma avevano trovato evidenti e fresche tracce della sua presenza.
Dopo aver appreso della sua partenza, ed accertato che avesse dei parenti in Francia nella zona di Montpellier, allora si è proceduto ad intensificare i precedenti contatti giá avviati con la Polizia Francese, attraverso il Servizio di Cooperazione Internazionale (S.C.I.P.) Divisione S.I.Re.N.E., che hanno portato al fermo del soggetto, in data 24 febbraio scorso, al posto di Polizia di Frontiera francese di Le Perthus, al confine con la Spagna, munito di fotocopia di un documento intestato ad un connazionale di nome CHANNOUFI Mohammed, mentre tentava di raggiungere la Spagna.
Era conosciuto dalla Gendarmeria Francese in quanto nel suo passato periodo di vita in Francia era stato fermato per guida senza patente nella zona di Perpignan: nella circostanza gli erano state prese le impronte digitali, risultate utili per la sua identificazione e per riscontrare l’inserimento nel circuito Schengen del Mandato di Arresto Europeo ai fini estradizionali emesso dall’Autorità Giudiziaria competente.
Le indagini della Squadra Mobile sull’omicidio hanno portato a ritenere che il movente dell’omicidio del Caporal Maggiore possa essere ascrivibile ad una banale lite per motivi di viabilità, iniziata con una discussione e poi sfociata nell’aggressione dell’ABIDI verso il LUCENTE che, cadendo a terra dopo aver ricevuto un pugno, ha violentemente sbattuto la testa nell’asfalto.
I testimoni, infatti, avevano visto la scena delle due auto, la Fiat 500 Abarth del tunisino e la Fiat Panda del militare infermiere, ferme in mezzo alla carreggiata con il motore acceso.
Il tunisino che era vestito completamente di nero, indossante uno scalda collo nero, a copertura parziale del volto, ed un cappuccio nero, dopo il pugno si sarebbe chinato verso la vittima provando a scuoterla per sincerarsi delle sue condizioni, ma avendo notato che il malcapitato non aveva reazioni, lo avrebbe afferrato dalle spalle e trascinato verso lo sportello lato passeggero, sistemandolo in posizione semi seduta per poi allontanarsi velocemente a bordo della sua auto.
Le serrate indagini hanno portato al rintraccio del proprietario del mezzo, un romano dell’87, il quale quella notte aveva prestato la sua auto ad un suo conoscente di origini tunisine, a lui noto come “Mo Bro” che poi gliela aveva riportata nella nottata stessa.
Lo straniero veniva identificato come ABIDI Mohamed, grazie all’impronta trovata da personale del Gabinetto Interregionale della Polizia Scientifica di Roma sul vetro dell’autovettura del Caporal Maggiore, e poi riconosciuto dal proprietario della 500 a seguito di individuazione fotografica.
A seguito della ricostruzione investigativa effettuata dalla Squadra Mobile la Procura della Repubblica di Roma richiedeva la misura cautelare in carcere dello straniero, concessa poi dal G.I.P. del Tribunale di Roma, notificata appunto in data odierna.
Si stanno raccogliendo ulteriori elementi sui fiancheggiatori del tunisino che ne hanno coperto la latitanza sia su Roma che successivamente in Francia: a seguito delle perquisizioni delegate dal Sost. Proc. dr. Gennaro VARONE, titolare delle indagini, sono stati trovati e sequestrati i cellulari e alcuni supporti informatici in possesso di alcuni soggetti, indagati per favoreggiamento personale.
Ad ogni modo l’indagato è da ritenere presunto innocente, in considerazione dell’attuale fase del procedimento, ovvero quella delle indagini preliminari, fino a un definitivo accertamento di colpevolezza con sentenza irrevocabile.