Un croupier italiano 22enne, che lavorava al casinò di Portomaso, a St. Julian’s, di Malta, è stato arrestato con l’accusa di frode, falsificazione e appropriazione indebita. Il giovane, Luigi Giuseppe Comella, è sospettato di aver falsificato diverse partite al casinò ed è stato arrestato nella giornata di giovedì 27 aprile a seguito della segnalazione della direzione del Casinò di Portomaso, dove il giovane era impiegato.
Aiutava i giocatori a vincere. Il 22enne ha truccato alcune partite in accordo con giocatori compiacenti che in tre giorni hanno così “vinto” oltre 8mila euro ma il danno potrebbe essere maggiore
Il giovane ha ammesso il fatto, dunque di avere ricevuto una piccola somme di denaro, circa 150 euro per aiutare i giocatori d’azzardo a vincere. I fatti, sarebbero accaduti nell’arco di tre giorni. La truffa sarebbe avvenuta ai danni del casinò stesso e conseguentemente in favore dei giocatori e dello stesso croupier, nello svolgimento di un gioco di carte chiamato “Punto Banco”, dove abitualmente la posta in gioco è decisamente elevata.
Secondo i media maltesi, in tre giorni il danno arrecato al casinò ammonta a 8.050 euro totali. I truffatori adoperavano nelle operazioni strumenti elettronici particolari capaci di riconoscere le carte e facendo così perdere il banco in maniera sistematica già da parecchio tempo. I sospetti sarebbero supportati dai filmati delle telecamere a circuito chiuso della struttura, che sembrano aver immortalato il giovane mentre posizionava le fiches e le carte a favore di vincita per i giocatori compiacenti o per il banco. Comparso in aula nella giornata di venerdì, Comella che nel frattempo è stato licenziato, si è dichiarato colpevole di tutti i capi d’accusa e disposto a risarcire il casinò dell’intera somma persa a causa della frode, ottenendo la libertà su cauzione dietro garanzia personale di 8.000 euro, oltre al divieto di uscire di casa dalle 20:30 alle 7:00 del mattino e alla firma del libretto di cauzione due volte al giorno.
La collaborazione mostrata dal 22enne, l’importo “esiguo” intascato e la giovane età dell’imputato hanno portato l’accusa a non insistere in aula per una pena detentiva. In caso contrario, rileva Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, l’imputato avrebbe potuto rischiare una condanna pesante fino a 5 anni di carcere e una multa fino a 50.000 euro. L’udienza per la sentenza definitiva è stata fissata per venerdì 5 maggio.