Cultura

A Nemi il progetto Riportando tutto a casa

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A Nemi il progetto Riportando tutto a casa

a Direzione Regionale Musei Lazio presenta
Riportando tutto a casa
Con il supporto di
Ventitré artisti italiani contemporanei dialogano con la straordinaria collezione del
Museo delle Navi Romane di Nemi
a cura di Lorenzo Madaro
8 maggio – 30 settembre 2023
Inaugurazione, 7 maggio, ore 11.00, alla presenza degli artisti
Un progetto di Contemporary Cluster, in collaborazione con la Direzione regionale Musei Lazio – Museo delle
Navi Romane di Nemi
Opere di Paolo Assenza, Antonio Barbieri, Canicola, Dario Carratta, Cosimo Casoni, Giovanni Chiamenti,
Matteo Costanzo, Fabrizio Cotognini, Giovanni De Cataldo, Valerio Di Fiore, Gioia Di Girolamo, Luca Di
Terlizzi, Marco Emmanuele, Francesco Fossati, Federika Fumarola, Alberto Gianfreda, Alessandro Giannì,
Giulia Manfredi, Caterina Morigi, Nero/Alessandro Neretti, Luca Petti, Giusy Pirrotta e Andrea Polichetti.
Il Direttore della Direzione Regionale Musei Lazio Stefano Petrocchi in collaborazione con la galleria d’arte
Contemporary Cluster presentano domenica 7 maggio 2023 alle ore 11.00 Riportando tutto a casa, presso il
Museo delle Navi Romane di Nemi, una mostra collettiva a cura di Lorenzo Madaro con opere di ventitré artisti
contemporanei provenienti da tutta Italia.
In un momento in cui nella dimensione espositiva il rapporto tra l’antico e il contemporaneo è al centro delle riflessioni curatoriali del presente, il progetto espositivo “Riportando tutto a casa” – qui si mutua il titolo di uno straordinario romanzo di Nicola Lagioia – propone un incontro corale tra artisti italiani di differenti geografie ed esperienze, attitudini e storie alle spalle, in dialogo con l’architettura e la collezione del Museo delle Navi Romane di Nemi, attraverso installazioni, dipinti, sculture, video arte e altri linguaggi in grado di generare una lettura ulteriore di un grande tema: il ricordo. Questo si declina attraverso frammenti, visioni, proposte immaginifiche, brandelli di materiali attraverso i quali gli artisti coinvolti elaborano una personale visione che si associa al grande repertorio di oggetti ritrovati, elementi rinvenuti durante importanti scavi archeologici degli ultimi decenni, con cui condividono una possibile e a volte contraddittoria familiarità.
Il pubblico è invitato a muoversi liberamente nello spazio, alla ricerca di possibili scenari. Le opere si fanno amare nella complessità del percorso, il visitatore le deve scovare tra le superfici i perimetri che accolgono reperti dell’archeologia subacquea, tracce dense di decenni di esperienze di ricerca finalizzate alla ricostruzione di differenti storie alla base della cultura occidentale.
È un denso carico di suggestioni, rabbia, poesia, progettualità, differenze dialettiche, ritualità e complessità che caratterizza il senso corale di questa mostra; come i protagonisti del romanzo di Lagioia su un fronte però esistenziale, gli artisti invitati – attraverso la condivisione di queste proprie esperienze con il segno tellurico e marino di questo speciale luogo dell’archeologia che si apre al presente – sono aperti al cambiamento, anche traumatico, del linguaggio e della ricerca.
La Direttrice del Museo delle Navi Romane Daniela De Angelis sottolinea come il Museo delle Navi Romane stia vivendo una stagione di rinnovata attività di valorizzazione su più fronti, perché sia visto sempre più come un luogo accogliente, aperto a tutti e per tutti, e non un contenitore di oggetti vecchi e polverosi.
La realizzazione di progetti condivisi con il territorio rappresenta il cuore della mission della Direzione Regionale Musei Lazio e dei Musei territoriali come quello di Nemi, quindi il progetto di una mostra di arte contemporanea che si integri con l’esposizione permanente del Museo rientra in questa ideazione di nuovi percorsi di valorizzazione del Museo e delle sue collezioni.
CONTEMPORARY CLUSTER, [email protected] | www.contemporarycluster.com
Museo delle Navi Romane di Nemi, Via Diana, 13-15, 00040, Nemi (RM). Tel. +39 06 9398040 | [email protected]

La mostra è accompagnata da un catalogo, edito da Contemporary Cluster, curato da Lorenzo Madaro, docente di storia dell’arte contemporanea all’Accademia di belle arti di Brera a Milano. Il volume presenterà inoltre le fotografie site-specific delle opere in mostra e gli Apparati biografici, espositivi e bibliografici a firma di Angelica Raho e Giulia Russo.
La mostra sarà visitabile a partire da domenica 7 maggio, fino a sabato 30 settembre presso il Museo delle Navi Romane di Nemi in via Diana 3, nella splendida cornice del lago di Nemi, a meno di un’ora di viaggio da Roma. Il museo è aperto dal martedì alla domenica dalle ore 9.00 alle 19.00.
– Sponsor: Fondazione BCC dei Castelli Romani e del Tuscolo ___________
Il Museo delle navi romane è stato concepito tra il 1933 e il 1939 per ospitare due enormi navi appartenute all’imperatore
Caligola (37-41 d.C.) recuperate nelle acque del lago tra il 1929 e il 1931. È stato quindi il primo Museo in Italia ad
essere costruito in funzione del contenuto, due scafi dalle misure rispettivamente di m. 71,30 x 20 e m. 73 x 24,
purtroppo distrutti durante un incendio nel 1944. Riaperto nel 1953, il Museo venne nuovamente chiuso nel 1962 e
infine definitivamente riaperto nel 1988.
Nel nuovo allestimento, l’ala sinistra è dedicata alle navi, delle quali sono esposti alcuni materiali, come la ricostruzione
del tetto con tegole di bronzo, due ancore, il rivestimento della ruota di prua, alcune attrezzature di bordo originali o
ricostruite (una noria, una pompa a stantuffo, un bozzello, una piattaforma su cuscinetti a sfera). Sono inoltre visibili
due modelli delle navi in scala 1:5 e la ricostruzione in scala al vero dell’apposticcio di poppa della prima nave, su cui
sono state posizionate le copie bronzee delle cassette con protomi ferine.
L’ala destra è invece dedicata al popolamento del territorio albano in età repubblicana e imperiale, con particolare
riguardo ai luoghi di culto; vi sono esposti materiali votivi provenienti da Velletri (S. Clemente), da Campoverde (Latina)
da Genzano (stipe di Pantanacci) e dal Santuario di Diana a Nemi, oltre ai materiali provenienti dalla Collezione Ruspoli.
All’interno di quest’ala è inoltre possibile ammirare un tratto musealizzato del basolato romano del clivus Virbii, che da
Ariccia conduceva al Santuario di Diana.
___________
Profili degli artisti
Paolo Assenza (Roma, 1974; dove vive e lavora).
Si diploma in Scenografia all’Accademia di Belle Arti di Roma, dov’è allievo di Alberto Boatto. Negli anni ‘90 entra in contatto con gli artisti romani dello storico Gruppo Uno (Achille Pace, Nato Frascà, Ninì Santoro, Nicola Carrino), e con il gruppo della Scuola Romana di San Lorenzo. A Roma incontra Maurizio Mochetti, del quale è stato assistente. Nel 2014 è tra i fondatori di SpazioY, progetto sperimentale e indipendente di arte contemporanea nella periferia romana, con cui ha all’attivo l’organizzazione e la cura di numerose mostre. Lo spazio, in occasione della partecipazione al progetto Border Crossing per Manifesta 12, apre una nuova sede a Palermo che ospita l’evento collaterale Palermo Spleen.
Paolo Assenza si muove tra l’installazione, il video e la pittura guidato dalla riemersione della memoria che lo porta a ricostruire visioni e immagini sfuggenti, latenti e rarefatte. Tempo, memoria e paesaggio sono tre grandi temi che lo guidano verso un’estetica del sublime. Ricrea infatti una geografia personale nella mostra Geografie sopra l’orizzonte, nel 2018 presso Studio Arte Fuori Centro di Roma. La mostra Remember rekorda, del 2020, curata da Giacomo Guidi per Contemporary Cluster a Roma, manifesta un rapporto nostalgico con i ricordi e con le immagini latenti scaturite dal nostro inconscio. Del 2019 è la mostra nata dal progetto artistico Appunti di viaggio, alla galleria torinese Davide
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Paludetto Arte Contemporanea, insieme ad una installazione site-specific per la cripta della Chiesa di Santa Maria del Piliere a Palermo. Il progetto nasce dall’esperienza maturata sul tema del viaggio e dello spazio urbano, in relazione a un percorso biografico ed emotivo. Declinare il Tempo – Equinozio d’Autunno#30 è una mostra del 2017, al Castello di Rivara, a cura di Franz Paludetto, per cui Giulia Lopalco scrive che le opere «raccontano il perdersi e il ritrovarsi lungo l’orizzonte delle proprie vedute interiori. In equilibrio tra astrazione e figurazione, le campiture cromatiche stratificate, fuse, colate, che caratterizzano l’immagine, raccontano l’attesa, le notti, il tempo del quadro».
Pubblicazioni
Damiana Leoni, Vera. Roma, 8 spazi, 54 studi. Rome, 8 spaces, 54 studios, Quodlibet, Macerata, 2021.
Paola Pallotta (a cura di), Cabine d’artista – abbi cura, Lithos Editrice, Roma, 2019.
Fabrizio Boni, Giorgio De Finis, Space Metropoliz. L’era delle migrazioni esoplanetarie, Bordeaux, Roma, 2015.
Antonio Barbieri (Rho, 1985; vive e lavora a Grosseto).
Si diploma in scultura all’Accademia di Belle Arti di Firenze. Sin da subito approfondisce diversi ambiti, tra cui la scenografia, e poi tra Carrara, Pisa e Grosseto, si dedica a un’intensa attività di sperimentazione in laboratori specializzati dove interagisce con materiali diversi come il marmo, il ferro battuto, il cemento e la vetroresina. La sua poetica si propone di analizzare i cambiamenti delle forme di vita e il modo in cui esse si strutturano e si modificano nel tempo. Alla base della sua ricerca il dialogo continuo tra tecniche artistiche/ natura/ tecnologia corrisponde a un’indagine profonda del rapporto tra uomo/natura e società. Tuttavia, nei suoi ultimi lavori la componente tecnologica spesso rimane sottotraccia, ma si manifesta nel lavoro preparatorio, imponendogli di scandagliare tematiche e discipline molto diverse tra loro.
Tra gli ultimi progetti la partecipazione al primo Var Digital Art Forum dal titolo Digital Soul: connessioni digitali tra arte e impresa, curato da Davide Sarchioni, che lo ha visto protagonista di una ricerca volta a identificare i punti di contatto tra individuo/società e DATA.
La passione per l’approfondimento e l’urgenza di conoscere i meccanismi creativi dalle basi, trova applicazione anche nell’attività divulgativa e didattica nel campo della modellazione e stampa 3d. Di recente Giacomo Guidi ha curato per Contemporary Cluster, a Roma, There is no wind on the Moon (2020) e The Architectura Eloquentia (2019). Mentre nel 2022, nella programmazione stagionale di Palazzo Collicola, a Spoleto, Davide Silvioli ha presentato la collettiva Genetica della Forma.
Pubblicazioni
Davide Silvioli (a cura di), Genetica della Forma catalogo della mostra collettiva tenutasi presso Palazzo Collicola, Spoleto, 9 aprile- 29 maggio, Edizioni Kappabit, Roma, 2023.
Davide Sarchioni (a cura di), FLKT experience 2018-2019, edizione Fondazione Luca e Katia Tomassini e autori, Orvieto, 2019.
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Dario Carratta (Gallipoli, 1988; vive e lavora a Roma).
Si diploma in Pittura all’Accademia di Belle Arti di Roma. È co-fondatore dello spazio espositivo e studio d’artista condiviso SPAZIOMENSA, un artist-run space nel CityLab971 che ha sede negli spazi dell’ex-cartiera di Roma, dove realizza la mostra bi-personale L’ora del lupo insieme a Giovanni De Cataldo, nel 2021.
La sua pittura manifesta realtà distopiche, personaggi emersi da visioni oniriche caratterizzati da un esistenzialismo post-umano. Queste presenze mistiche vivono una dimensione di sospensione e ambiguità in ambienti paranormali di un altro-mondo costruito dall’artista. Le sue opere sono attimi magici e perturbanti che destabilizzano il senso logico in favore del sopravvento dell’inconscio e dell’allucinazione. Dario Carratta vive la sua opera in maniera esistenziale e rituale e si nutre di fonti iconografiche trovate su diversi media, un esempio è la mostra personale Limax, presso Spaziosu a Lecce, del 2021. Nello stesso anno partecipa alla mostra MATERIA NOVA alla Galleria d’Arte Moderna di Roma a cura di Massimo Mininni, dove vengono presentate le nuove realtà indipendenti del territorio che manifestano il nuovo panorama artistico capitolino. La pittura crepuscolare di Carratta si inserisce perfettamente nel contesto di Klub Taiga (DearDarkness), un klub destinato alla controcultura, realizzato da Industria indipendente, per la Biennale di Venezia nel 2020. L’artista lavora anche in ambiti internazionali come Artist in residence, nel 2016, a Villa Firenze a Roma e la mostra Display, al Katzen Art center di Washington DC.
In un’intervista dichiara: «Penso che dovremmo prestare più attenzione ai nostri sogni, perché credo che loro parlino al nostro io cosciente per guidarci, nonostante a volte possano sembrare insondabili e insensati».
Pubblicazioni
Massimo Mininni (a cura di), MATERIA NOVA. Ultime generazioni a confronto, catalogo della mostra presso la Galleria d’Arte Moderna di Roma, 17 dicembre 2021 – 13 marzo 2022, Manfredi Edizioni, Imola (BO), 2022.
Damiana Leoni, Vera. Roma, 8 spazi, 54 studi. Rome, 8 spaces, 54 studios, Quodlibet, Macerata, 2021.
Damiano Gullì, Pittura lingua viva. Intervista a Dario Carratta, Artribune, 11 ottobre 2020:
https://www.artribune.com/professioni-e-professionisti/who-is-who/2020/10/pittura-intervista-dario-carratta/
Cosimo Casoni (Firenze, 1990; vive e lavora tra la maremma toscana e Milano).
Nel triennio 2010-2013 studia Arti Visive in NABA e si diploma in Pittura.
Il suo lavoro parte dalla pittura figurativa che, attraverso lo studio del segno, si amalgama con il linguaggio della strada. La geometria costituisce il reticolo base da esaltare/superare, in opposizione all’apparente caos. Una ricerca che si compone di più livelli e che, tramite l’accostamento di stili diversi, affonda le sue radici soprattutto nella matrice post- graffitista. Casoni mescola la pittura gestuale, ricreata imprimendo una marcatura consapevole della materia pittorica con le dita (finger tricks), alle linee tracciate con la tavola da skate (skate painting) attraverso un segno apparentemente liberatorio, ma sempre direzionato. Su questa onda, la personale Sunday Side, ospitata da Clima Gallery a Milano, nel 2016, rappresenta la chiave di volta verso un processo di maturazione artistica che unisce il paesaggio “a macchie”
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della tradizione toscana, con le sperimentazioni underground del brulichio milanese. Con la tripersonale Vivace sostenuto andante. Carboni, Casoni, Lange, del 2018, curata da Federico Piccari, presso Fondazione 107 di Torino, e con le successive collettive Cosimo Casoni, Clement Mancini, Clemens Behr, Lenta Hauser, presso NBB Gallery, di Berlino (2021) e Postvandalism presso OMNI Gallery (2022), curata da Stephen Burke, a Londra, la ricerca di Casoni si fa più definita.
L’elemento chiave delle indagini attuali è la dimensione onirica, con un ritorno più sincero alla pittura ad olio, mescolata con la vernice spray, come in Contamination 2021, la mostra collettiva tenutasi a G/ART/EN Gallery di Como, in cui presenta grandi tele di cotone e lino che si compongono di innesti surrealisti, catrame, e oggetti privati di qualsiasi attinenza col quotidiano, caratterizzate da una profonda nostalgia. Una suggestione sperimentata già poco tempo prima, con opere come Eden (2020), un dipinto di piccole dimensioni che somiglia quasi a un autoritratto. Nella sua ricerca convivono sempre due poli opposti, come realtà e finzione infatti, in merito allo studio dei parchi giochi, l’artista dichiara: «Mi interessa la decontestualizzazione di questi edifici urbani per bambini in qualcosa di poco pratico, surreale, come una sorta di impalcatura mentale che non fornisce alcun supporto».
Pubblicazioni
Mario Rodolfo Silva, About nostalgia and skateboarding traces, Koones, Milano, 12 aprile 2021: https://www.kooness.com/posts/magazine/cosimo-casoni
Intervista per Hunted Project, Edimburgo, 2018
https://www.huntedprojects.com/interviews/cosimocasoni
Federico Piccari (a cura di), Vivace sostenuto andante. Carboni, Casoni, Lange, catalogo della mostra presso Fondazione 107, Torino, 4 Ottobre – 2 Dicembre 2018 Ediz. Italiana e inglese Fondazione 107 (TO), 2018.
Giovanni Chiamenti (Verona, 1992; vive e lavora tra Milano e Verona).
Nel 2017 consegue il diploma di laurea magistrale in Pittura all’Accademia di Belle Arti di Brera. Nel 2021 è uno dei vincitori dell’Italian Council 10, ottenendo un grant di ricerca per una residenza alla NARS Foundation di New York. Chiamenti espone anche all’estero presso Artemis Gallery di Lisbona, espone nella Galeria Fran Reus a Palma di Maiorca, all’Atelier 34zèro Muzeum di Bruxelles e alla Galleria Daniele Agostini di Lugano.
La sua ricerca artistica parte dallo studio dei fenomeni delle creature naturali focalizzandosi, negli ultimi anni, sulla creazione di una tassonomia di specie ibride. L’artista immagina un possibile futuro dell’evoluzione delle specie, mettendo insieme lo studio sulle ultime ricerche scientifiche e una visione estetica e teoretica. L’ibridazione delle forme considera come queste creature possano adattarsi a un ambiente sempre più inquinato integrando la plastica prodotta dall’uomo nel loro processo evolutivo. Nel 2021, per la Galleria Marrocco di Napoli, realizza il gruppo scultoreo Nimphaeceae Chloroticae, un omaggio alla Elysia Chlorotica, soprannominata “lumaca a energia solare”, fonte d’ispirazione per un bestiario che osserva i cambiamenti della vita sulla terra. In occasione della mostra a Spazio Volta di Bergamo, nel 2022, l’artista riporta all’attenzione l’adattabilità, l’interdipendenza e la kinship come concetti alla base
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di una nuova visione sensibile del mondo, la necessità di considerare nuove interrelazioni tra organismi per la sopravvivenza del pianeta. La natura per Chiamenti assume una dimensione sacrale in La cerimonia dei misteri, installazione realizzata per Spazio SERRA a Milano, nel 2019, generata dal testo di Rudolf Otto, Il rito (1917), dove l’autore si esprime a proposito del concetto di numinoso: il mysterium tremendum et fascinans, il sublime della natura in conflitto all’attuale epoca geologica dell’Antropocene.
Pubblicazioni
Giovanni Chiamenti, Interspecies Kin, VIAINDUSTRIAE Publishing, Foligno (PG), 2023
Ŏpĕra magazine 08, a cura di Attiva Cultural Projects, Portici (NA), 2022.
Cesare Biasini Selvaggi (a cura di), 222. Emerging Artists worth investing in, Exibart Edizioni, Roma, 2021.
Matteo Costanzo (Roma, 1985; vive e lavora tra Roma e Pesaro).
Nel 2016 si diploma all’Accademia di Belle Arti di Urbino, dove consegue anche il master nel 2018. Nello stesso anno vince l’illustre Premio Salvi, alla sua 68^edizione. Nel biennio successivo partecipa alle residenze artistiche: “BoCs Art” a cura di Giacinto di Pietrantonio, “VIR Viafarini” curata da Giulio Verago e “RAMO” con la supervisione di Giuliana Benassi. Nel 2021 viene selezionato come finalista al “Premio Francesco Fabbri per le arti contemporanee” a cura di Carlo Sala.
La ricerca di Costanzo si muove tra digitale/performance e installazioni e si fonda sui concetti di immagine, taglio, e dispositivo ibrido. Il suo lavoro è focalizzato soprattutto sulla sperimentazione e sulla ricerca linguistico/semiotica, attraverso comunicazione, visione e rigenerazione. L’obiettivo resta sempre la provocazione, per l’artista è necessario stimolare domande che ribaltino le zone di comfort che avvolgono l’individuo nella società. I materiali che utilizza sono gli oggetti o i media che hanno perso il loro significato o la funzione originaria di consumo. I risultati prodotti possono spaziare tra collage, performance, sculture, videomaking e photoediting, fino alla pittura che l’artista definisce «postprodotta». Artista eclettico, rabdomante instancabile, alla ricerca di verità e sensibilizzazione, di recente ha realizzato green_performance #06 [svuotare il mare] nell’isola di Lampedusa, una performance in cui, mettendo in scena l’atto paradossale e nonsense, si concentra sulla denuncia di un dramma quotidiano. Entra a pieno diritto nel programma di ricerca Panorama, per Quadriennale di Roma 22, con una studio visit a cura di Marco Trulli. Dal 2022 è tra i fondatori del programma estetico indipendente OMAR. Dello stesso anno la mostra Nessuno è padre ad un altro presso il TOMAV, Moresco (FM) a cura di Lorenzo Madaro.
Pubblicazioni
Valeria Carnevali, Cristallizzare il presente. La mostra di Matteo Costanzo nelle Marche, Artribune, 21 gennaio 2023: https://www.artribune.com/arti-visive/arte-contemporanea/2023/01/cristallizzare-presente-mostra-matteo-costanzo-
marche/
Studio Visit di Marco Trulli, per Panorama, Quadriennale di Roma: https://quadriennalediroma.org/matteo-costanzo/
green_performance #06 [svuotare il mare], documento video: https://youtu.be/sNRKvDqj8v4
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Fabrizio Cotognini (Macerata, 1983; vive e lavora a Civitanova Marche).
Nel 2009 si diploma all’Accademia di Belle Arti di Macerata in Pittura e Scultura.
Nel 2010 la prima apparizione pubblica, con la Galleria Prometeo di Ida Pisani, per Artissima. La sua ricerca -che da poco ha compiuto i suoi primi dieci anni, celebrati dalla pubblicazione del volume Like the dust from the grain, Which the wind takes away, a cura di Camilla Previ- si fonda «su un approccio archeologico al presente» -come lo definisce Eugenio Viola, citando Agamben – «ovvero si tratta di un lavoro pervaso dal costante riferimento all’antico, utilizzato per indagare sottilmente le lacerazioni e le inquietudini della contemporaneità» – un lavoro caratterizzato dal costante rimando all’antico rivisitato in chiave contemporanea e dall’utilizzo privilegiato del disegno, elemento cardine di una ricerca che si avvale anche delle possibilità dei nuovi media. Nel 2018 vince il XIX premio Cairo Editore a Palazzo Reale, e presenta una personale dal titolo Reversed Theatre, alla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo di Torino. Negli ultimi anni la sua ricerca prosegue nell’indagine delle stratificazioni, dei segni e degli ingranaggi scenici, come racconta nella personale The Flying Dutchman, curata da Riccardo Tonti Bandini, per il Museo Palazzo Buonaccorsi di Macerata (2021). L’artista si spinge anche nella direzione del concetto di meta-arte, tema centrale della collettiva Refolded, percorsi meta-artistici, presentata presso il Pastificio Cerere a Roma, curata dal collettivo curatoriale Luiss Master of Aart X, con la supervisione scientifica di Achille Bonito Oliva. Fabrizio Cotognini cattura al suo interno varie declinazioni dell’orizzonte alchemico e storico-artistico. Il tempo, la memoria e la storia sono, nella sua ricerca, figure maestose, capovolte, stravolte o incurvate in un apparato scenico teso a sospenderne la stabilità. Si tratta di un discorso in cui la parola sposa l’immagine in un serrato dialogo fra segno, disegno e scrittura che si fa luogo di contemplazione e, nel contempo, di concentrazione riflessiva. Parlando delle sue opere l’artista ha dichiarato: «L’elemento verbale, con la sua presenza fisica, non esiste più nel modo che conosciamo: niente più descrizioni; nelle mie opere diventa struttura architettonica. L’obiettivo del mio lavoro giace nell collegamento tra la scrittura e l’anti-scrittura».
Pubblicazioni
Antonello Tolve, Partendo da Wagner: la mostra di Fabrizio Cotognini a Macerata, Artribune, 13 agosto 2021: https://www.artribune.com/arti-visive/arte-contemporanea/2021/08/mostra-fabrizio-cotognini-museo-buonaccorsi- macerata/
Camilla Previ (a cura di), Like the dust from the grain, which the wind takes away, Ediz. italiana e inglese, Arti grafiche della Torre Edizioni, Pesaro e Urbino, 2020.
Giovanni De Cataldo (Roma, 1990, dove vive e lavora).
Dopo aver studiato all’Accademia di Belle Arti di Roma, ha proseguito la sua specializzazione in Scultura presso la Scuola d’Arte e dei Mestieri Nicola Zabaglia. Dal 2014 il suo studio si trova nello storico edificio del Pastificio Cerere, all’ombra della Tangenziale, nel popolare quartiere di San Lorenzo. Un luogo non casuale, infatti la sua ricerca si concentra proprio sul contesto urbano, da cui preleva elementi in maniera diretta, per poi rielaborarli attraverso vari
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Elsa Barbieri, Il primo libro di Fabrizio Cotognini. Intervista all’artista, Exibart, 8 gennaio 2021: https://www.exibart.com/libri-ed-editoria/il-primo-libro-di-fabrizio-cotognini-intervista-allartista/

linguaggi, tra cui le nuove tecnologie applicate alla scultura. Estrapolando direttamente dalla strada oggetti d’uso comune come guard rail danneggiati nei crash test, panchine, fontanelle, l’artista esplora i limiti e le potenzialità della materia. Negli ultimi anni il focus del lavoro di de Cataldo si è ampliato, rivolgendosi all’analisi dei contesti sociologici e antropologici in cui nascono e si sviluppano le sottoculture come quella degli ultras, ma anche i diversi linguaggi che popolano le città, soprattutto gli emarginati e gli invisibili.
Nel 2022 presenta il disco Randagio nella sezione #Agorà, al Macro di Roma, insieme a Giuseppe Armogida, all’artista e amico Dario Carratta, che ne ha curato le illustrazioni e al cantautore Franco126, con il quale duetta nell’ultimo brano. Il progetto, fedele alla ricerca di De Cataldo indaga i margini del mondo in cui viviamo, attraverso i caratteri deformi e sgraziati del tempo presente.
Pubblicazioni
Presentazione del disco Randagio, con Giuseppe Armogida, Dario Carratta, Giovanni de Cataldo, Franco126, Roma, 14 dicembre 2022: https://www.museomacro.it/it/agora-it/giovanni-de-cataldo-randagio/
Saverio Verini, Studio visit. Parola all’artista Giovanni de Cataldo, Artribune, 26 dicembre 2021: https://www.artribune.com/professioni-e-professionisti/who-is-who/2021/12/intervista-giovanni-de-cataldo/
Valerio Di Fiore (Milano, 1981; vive e lavora a Roma).
La ricerca dell’artista si focalizza, dalla metà degli anni Novanta, nello studio delle subculture urbane che lo conduce verso lo sviluppo di un processo personale di ibridazione tra i media tradizionali e i linguaggi dell’inner city. Crea in questo modo un intenso dialogo tra la cultura underground, la cultura popolare e l’arte contemporanea, tra tecniche tradizionali e materiali industriali.
Nel 2023 è tra gli artisti che partecipa a Amici o pittori, progetto a cura di Marco Emmanuele presso Fondazione Pastificio Cerere di Roma. Nel 2021 inaugura il format Tuorlo di Spaziomensa a Roma – volto a indagare un ecosistema culturale in fermento – con la mostra Turbo che affronta il tema della velocità nel contemporaneo, accompagnata da un testo critico di Giuseppe Armogida: «Turbo come Turbine. Come la densità turbolenta del presente, che fa sì che esistano solo miti temporanei, di passaggio.» Nel 2021 partecipa alla mostra collettiva La comunità inoperosa, presso il Palazzo Ducale di Tagliacozzo a L’Aquila, per Contemporanea Ventiventuno, l’ottava edizione della rassegna di arti figurative contemporanee diretta da Emanuele Moretti. La mostra si interroga sull’origine e sul destino delle comunità e prende come riferimento La communauté désoeuvrée, il celebre testo di Jean-Luc Nancy del 1983. Nel 2022 partecipa a Spazio, forma, ritmo – e a Capo, una mostra per omaggiare Giuseppe Capogrossi, presso il Civico Museo d’Arte Moderna e Contemporanea di Anticoli Corrado (RM), in collaborazione con Contemporary Cluster, che racconta una continuità estetica tra il maestro e la nuova scena dell’arte contemporanea. Nello stesso anno espone per la collettiva Ontica di Contemporary Cluster, in cui si esplora il rapporto tra essere e tempo descritto dal filosofo Martin Heidegger. In questa occasione Di Fiore riflette sull’appartenenza e l’alterità come enigmi ontologici e sulla temporalità finita dell’uomo. L’obiettivo è suscitare emozioni contrastanti mettendo il visitatore di fronte alle scelte della vita contemporanea fatta di continui cambiamenti sociali, di azioni quotidiane dettate da un vissuto e una tradizione e un tempo che si consuma ad alta velocità.
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Pubblicazioni
Marco Emmanuele, Amici o pittori, Aniene Edizioni, Roma, 2023.
Davide Silvioli (a cura di), Spazio, forma, ritmo – e a Capo, catalogo della mostra al Civico Museo d’Arte Moderna e
Contemporanea di Anticoli Corrado (RM), 20 novembre – 18 dicembre 2022, NFC Edizioni, Rimini, 2022.
Massimo Mininni (a cura di), MATERIA NOVA. Ultime generazioni a confronto, catalogo della mostra presso la Galleria d’Arte Moderna di Roma, 17 dicembre 2021 – 13 marzo 2022, Manfredi Edizioni, Imola (BO), 2022.
Gioia Di Girolamo (Pescara, 1984; dove vive e lavora).
Inizia nel 2007 il percorso di studi in Illustrazione allo IED di Milano. Nel 2011 torna a Pescara dove diventa co-fondatrice dell’artist-run space Ultrastudio. Nel 2017 lavora sui set cinematografici di Los Angeles, dopo 4 anni torna in Italia e collabora alla fondazione di Ultrastudios Media House.
L’artista si fa guidare da un impulso e una visione che la conducono a sperimentare con tecniche e materiali sempre diversi, sempre subordinati al messaggio dell’opera e al suo linguaggio: dalla pittura, alla stoffa, colla, sapone, argilla fino al video. Il corpo è un importante mezzo per catturare fonti d’ispirazione che vengono dall’ambiente che la circonda, dai propri sensi, da stimoli musicali, dai social media, dalla natura, dalle narrazioni e dai ricordi, a cui dà forma attraverso una traduzione in un linguaggio personale.
Nel 2018 realizza la sua prima mostra personale presso Dimora Artica a Milano, ASMR, in cui ragiona sulla percezione e sull’attivazione sensoriale, si chiede come un cosmo audiovisivo, immateriale, filtrato e ritoccato, possa generare un certo tipo di esperienza. Nel 2021 partecipa alla mostra collettiva MAYBE IN MAY, presentata dall’associazione culturale LAQ – lartquotidien, presso la Basilica di San Celso di Milano. Per la Galleria Bianconi di Milano realizza nel 2019 The mating season of frenzy breeze, a cura di Andrea Lacarpia, e nel 2022 la bipersonale Wormhole, insieme all’artista Szilvia Bolla, in cui le opere mettono al centro la sfera biologica del corpo delle artiste stesse. Negli Stati Uniti partecipa alla mostra collettiva The Garden of Gods svoltasi in occasione del SXSW Festival, ad Austin, in Texas, e presso la galleria VELLUM LA di Los Angeles nel 2022.
Rispetto al rapporto con lo spettatore Gioia Di Girolamo dichiara: «È eccezionale quando il pubblico legge sfumature a cui non avevo pensato razionalmente. È quasi come mettersi a nudo».
Pubblicazioni
Rossella Farinotti, Gianmaria Biancuzzi (a cura di), The Colouring Book, progetto editoriale di Milano Art Guide, Lara Facco P&C, Milano, 2020.
Andrea Lacarpia (a cura di), Gioia Di Girolamo. The mating season of Frenzy Breeze, catalogo della mostra presso Galleria Bianconi di Milano, 16 maggio-14 giugno 2019, Galleria Bianconi, Milano, 2019.
Vincenzo di Rosa, The Mating Season of Frenzy Breeze, Flash Art Italia, n. 345, vol 52, luglio-settembre 2019. Milena Migueres, Celine Sabari Poizat (a cura di), NONFICTION, n.01, Stipa, 2019.
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Luca Di Terlizzi (Tivoli, 1998; vive e lavora a Roma).
Nel 2021 si diploma presso l’Accademia di Belle Arti di Roma, in scenografia. Nel 2019 realizza We Are One, la prima mostra personale, curata da Riccardo Paris, presso Casa Delle Culture e dell’arte di Tivoli. L’anno successivo realizza ANJALI, performance partecipativa, presso l’acquedotto Anio Novus a Tivoli, Roma. Nel 2021 fonda a Roma, insieme a Verdiana Bove, Francesca Romana Cicia, Emanuele Fasciani, Riccardo Paris e Caterina Sammartino, CONDOTTO48, un artist-run space di 200 mq, situato a Torre Angela, alle porte della consolare via Casilina, per svolgere una solida ricerca artistica sul territorio e creare un polo di scambio internazionale. Nello stesso anno partecipa al progetto espositivo sperimentale MATERIA NOVA, curato da Massimo Mininni, presso la Galleria d’Arte Moderna di Roma.
Attualmente la sua pratica artistica ruota attorno alla ricerca di un contatto con l’antico e con l’ancestrale, indagando soprattutto la persistenza e l’importanza atavica degli aspetti celebrativi.
Nel 2022 partecipa alla mostra Bagni Misteriosi. Cabine d’artista 2, ispirata all’omonimo ciclo di opere di Giorgio de Chirico, in cui, partendo dalle suggestioni surrealiste e metafisiche, gli artisti riscoprono il linguaggio del situazionismo magico per reinterpretarlo in chiave contemporanea. La mostra, a cura di Giacomo Guidi, popola la sede dello Sporting Beach Arte di Ostia.
Pubblicazioni
Massimo Mininni (a cura di), MATERIA NOVA. Ultime generazioni a confronto, catalogo della mostra presso la Galleria d’Arte Moderna di Roma, 17 dicembre 2021 – 13 marzo 2022, Manfredi Edizioni, Imola (BO), 2022.
Contemporary Cluster, Alessandra Francesca Borzacchini (a cura di), Bagni Misteriosi. Cabine d’artista 2, catalogo della mostra presso SBA Sporting Beach Arte, Ostia (RM), a cura di Giacomo Guidi, NFC editions, 2022.
Marco Emmanuele (Catania, 1986; vive e lavora a Roma).
Si forma nell’ambito della ricerca e della produzione musicale e continua gli studi in Architettura a Roma nel 2010. Nel 2018 partecipa alla residenza presso Les Atelier Wonder-Liebert a Parigi, e nel 2019 alla Residenza La Fornace a Milano.
Dal 2016 l’artista realizza le Drawing machine in cui l’atto creativo del disegno è intermediato da una macchina che crea in collaborazione con altri artisti. Il risultato è visibile nella mostra Amici o pittori da Fondazione Pastificio Cerere a Roma, nel 2023. La pittura diventa un dialogo tra gli amici pittori dell’artista e la macchina, per dare vita a una pratica collettiva e relazionale, seguendo le parole di Giorgio Agamben: «scrivendo, ho imparato che la felicità non consiste nel poetare, ma nell’essere poetato da qualcosa».
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Le opere pittoriche dell’artista sono realizzate tramite la tecnica della ialurgia, la lavorazione del vetro, un materiale giunto a noi a seguito dell’erosione del tempo, relitto sulle spiagge, testimonianza dell’alterazione dei luoghi naturali a causa dell’essere umano. Il rapporto dell’artista con il mare è raccontato nella mostra La lupa (panorama) alla Galleria Daniele Agostini di Lugano, nel 2023. In questa mostra sono presenti opere realizzate grazie ad una minuziosa macinatura della sabbia di mare e della polvere di vetro, come in un rituale mantra, che viene poi stesa ancora calda su un supporto e rapidamente spatolata prima che si solidifichi. Nel 2022 è tra gli artisti che partecipano alla mostra MATERIA NOVA, a cura di Massimo Mininni presso la Galleria d’Arte Moderna di Roma.
Emmanuele porta la sua ricerca anche all’estero, tra le mostre: Bivy Space ad Anchorage, in Alaska, ospita nel 2018 una personale, Ionian Archeological Archives, concepita come un museo effimero del Mar Mediterraneo, ricco di un’archeologia fittizia da cui risulta una pubblicazione concepita come una cartella d’archivio. Nel 2023 partecipa a Arte circolare, mostra realizzata dal MAXXI di Roma nell’ambito del premio CONAI, in cui gli artisti sono invitati a proporre nuove visioni e sensibilità in materia di sostenibilità ambientale.
Pubblicazioni
Marco Emmanuele, Amici o pittori, Aniene Edizioni, Roma, 2023. Marco Emmanuele, Ialurgia, Aniene edizioni, Roma, 2022.
Massimo Mininni (a cura di), MATERIA NOVA. Ultime generazioni a confronto, catalogo della mostra presso la Galleria d’Arte Moderna di Roma, 17 dicembre 2021 – 13 marzo 2022, Manfredi Edizioni, Imola (BO), 2022.
Francesco Fossati (Carate Brianza 1985; vive e lavora a Lissone).
Artista visivo e forager di piante selvatiche. Nel 2010 si diploma in Pittura, presso l’Accademia di Belle Arti di Brera. La sua ricerca ha come focus il rispetto della natura e la sostenibilità ambientale, per questo, realizza opere con il minore impatto possibile, e produce pigmenti e colori a olio con sostanze naturali. Progetta e realizza displayer, supporti e cornici per le sue opere in collaborazione con studi di eco design utilizzando materie prime a filiera controllata o certificate FSC.
Dal 2015 utilizza pratiche di coinvolgimento sociale e manovalanze locali per la
realizzazione di opere di arte pubblica per parchi e città, tra cui Trento, Carrara, Edolo, Monaco di Baviera, oltre al Parco Nord di Milano e il Parco del Monte Barro. Nell’estate 2020, per la residenza artistica internazionale di BRACT Tricase, realizza Organic Family un’artoteca ecosostenibile presso il Porto Museo di Tricase, Lecce. Nello stesso anno partecipa alla mostra Solstice curata dall’artista americana Judy Chicago alla Turner Carroll Gallery di Santa Fe, New Mexico, all’interno del più ampio progetto Create Art for Earth lanciato da Hans Ulrich Obrist assieme a Judy Chicago e Jane Fonda. Sostiene la transizione dell’Institute of Contemporary Art di Los Angeles per diventare il primo museo interamente alimentato da energia solare e nello stesso periodo ha iniziato una sperimentazione condivisa di colori a olio naturali di sua produzione. Ad oggi, grazie al supporto di diversi curatori, più di ottanta artisti di generazioni diverse hanno mostrato interesse nel progetto e hanno ricevuto i tubetti di colore prodotti da Fossati, tra loro: Mimmo Paladino, Miltos Manetas, Luca Bertolo, Luca Pancrazi + Michele Guido e Vedovamazzei.
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Pubblicazioni e sitografia
Lorenzo Madaro, Arte in famiglia. L’intervento di Francesco Fossati in Salento, Artribune, 29 agosto 2020: https://www.artribune.com/arti-visive/arte-contemporanea/2020/08/arte-in-famiglia-lintervento-di-francesco-fossati-in-
salento/
Carmelo Cipriani, Come si crea il colore sbagliato: intervista a Francesco Fossati, Exibart, 9 ottobre 2020: https://www.exibart.com/personaggi/the-wrong-colours-intervista-francesco-fossati
Studio visit di Francesca Guerisoli, per Panorama, Quadriennale di Roma: https://quadriennalediroma.org/francesco-fossati/
Federika Fumarola (Roma, 1981, dove vive e lavora)
Sin da bambina studia pianoforte e si diploma in teoria musicale molto presto. Dopo gli studi artistici liceali, intraprende il lavoro di restauratrice di tele antiche e moderne. L’interesse del rapporto tra l’uomo e lo spazio la porta a iscriversi alla facoltà di Architettura di Roma che frequenta fino al quarto anno, quando decide di abbandonare gli studi e dedicarsi completamente alla pratica artistica. Nel 2013 si laurea presso l’Accademia di Belle Arti di Roma con una tesi in estetica su Rudolf Kalvach, suo prozio, artista ed esponente della Wiener Werkstatte.
La ricerca artistica di Federika Fumarola inizia dal disegno, considerando l’idea di pattern come un concetto ripetuto che contiene la possibilità di non rappresentare un unico soggetto circoscritto spazialmente, ma di evocarne invece la sua natura in evoluzione. L’indagine sulla qualità metamorfica della natura conduce l’artista all’esigenza di approfondire i suoi fenomeni più evidenti che per un periodo divengono i soggetti principali della sua ricerca, sancendone la predilezione della pittura ad olio come tecnica artistica. L’esigenza di un adeguamento della pratica pittorica al vissuto contemporaneo ha riportato l’artista alla considerazione del segno come elemento primario dell’opera. Il pattern si rinnova e si presenta ora in una veste più espressiva, funzionale all’idea cardine di un’opera d’arte, dove la forma non ha più un significato se non nell’indagine primordiale della sua struttura.
Tra le principali mostre collettive, MATERIA NOVA. Roma nuove generazioni a confronto (2022) presso la Galleria d’arte Moderna di Roma, a cura di Massimo Mininni; La comunità inoperosa, per l’ottava edizione di Contemporanea 2021, diretta da Emanuele Moretti, e con testi critici di Giuseppe Armogida, presso il Palazzo Ducale di Tagliacozzo.
Pubblicazioni
Massimo Mininni (a cura di), MATERIA NOVA. Ultime generazioni a confronto, catalogo della mostra presso la Galleria d’Arte Moderna di Roma, 17 dicembre 2021 – 13 marzo 2022, Manfredi Edizioni, Imola (BO), 2022.
Damiana Leoni, Vera. Roma, 8 spazi, 54 studi. Rome, 8 spaces, 54 studios, Quodlibet, Macerata, 2021.
Nicola Ghirardelli (Como, 1994; vive e lavora tra Milano e la Toscana).
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Nel 2020 si laurea in Pittura all’Accademia di Belle Arti di Brera. Nel 2022 lavora come assistente dell’artista Giulia Cenci per la realizzazione delle opere per la 59. Biennale di Venezia Il latte dei sogni. Nel 2020 partecipa alla residenza presso Manifattura Tabacchi di Firenze, al termine della quale partecipa alla mostra collettiva L’Armonia, a cura di Sergio Risaliti.
L’artista attinge dalla storia dell’arte, dall’iconologia e dalla mitologia, si appropria di elementi della memoria collettiva, di simboli dimenticati, “sterili”, portandoli a riemergere nel presente dando loro un nuovo significato. Lavora con varie materie come la terracotta, l’alluminio, l’acciaio ed elementi naturali in una ibridazione di materiali e forme organiche, artificiali e meccaniche realizzate in collaborazione con le maestranze locali. Per la mostra collettiva E ci fa dispetto il tempo, del 2022 ad Arezzo, presenta delle sculture che testimoniano un uso sapiente di tecniche perdute (il bucchero, di origine etrusca) e tecniche moderne (fusione dell’alluminio). Nel 2021 espone per Instructions to light keepers, mostra dedicata al presente turbolento e tempestoso in cui viviamo, presentando un lavoro in marmo sintetico in cui i frammenti scultorei e architettonici appaiono come l’erosione della memoria collettiva che nella pratica dell’artista assume una nuova forma. Dello stesso anno la mostra Ardere ardere ardere ardere, a Verona in cui realizza l’opera a partire da una visita al Cimitero Monumentale di Milano.
Nicola Ghirardelli sperimenta e crea secondo un metodo warburghiano, indagando sulle pathosformel e la sopravvivenza delle immagini. Le sue opere riportano alle parole di Marc Augè, citate nell’ambito della mostra E ci fa dispetto il tempo: «l’arte come le rovine è un invito a sentire il tempo».
Pubblicazioni
Luca Sposato, Raccoglier Tempesta. Collettiva di giovani artisti in un nuovo centro culturale nel cuore della Toscana, Juliet Art Magazine, 22 luglio 2022: https://www.juliet-artmagazine.com/raccoglier-tempesta-collettiva-di-giovani-artisti- in-un-nuovo-centro-culturale-nel-cuore-della-toscana/
Sergio Risaliti (a cura di), L’Armonia, catalogo della residenza presso Manifattura Tabacchi, Firenze, Manifattura Tabacchi, Firenze, 2021.
Ardere, Ardere, Ardere | Sa.turn Platform., ATP diary, 3 agosto 2021: https://atpdiary.com/ardere-ardere-ardere-sa- turn/
Alberto Gianfreda (Desio, 1981; vive e lavora a Milano).
Nel 2003 si diploma in scultura presso L’Accademia di Belle Arti di Brera. Nel 2005 si specializza in Arti e Antropologia del Sacro e completa la sua formazione presso il TAM, sotto la direzione di Nunzio di Stefano. Nello stesso anno ottiene la cattedra di Tecniche per la scultura nel polo accademico milanese. Dopo molti anni dedicati all’insegnamento nelle stesse aule che hanno visto la sua formazione, attualmente insegna ai giovani scultori dell’Accademia di Belle Arti di Firenze.
Al centro delle sue riflessioni sin dagli esordi, ci sono l’identità e l’adattamento attivo della materia, che si manifesta attraverso il dialogo tra le caratteristiche intrinseche degli elementi scelti (ceramica, marmo, legno, ferro, argilla) e le forze esterne volutamente imposte, per mettere alla prova i limiti costitutivi dei materiali, e modificarne la forma
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originaria. La sua indagine privilegia la dimensione aniconica, ed è dedicata piuttosto alla conoscenza profonda di ciascun supporto e all’equilibrio delle forze tra loro. Nei suoi ultimi lavori, per esempio nella serie dei vasi cinesi dal titolo Nothing as it seems, il contrasto agìto tra il prima e il dopo la metamorfosi dell’oggetto, distrutto e poi ricreato secondo un nuovo ordine, ruota tutt’intorno alla capacità di adattamento e all’energia sprigionata. «Quello che mi interessa di questi continui processi di distruzione e ricostruzione – sostiene Gianfreda – è la possibilità di trasformare un evento drammatico in un potenziale positivo che ribalta i valori dell’elemento iniziale».
Nel 2008 partecipa alla collettiva Real Presence a cura di Biljana Tomic e Dobrila De Negri presso la Manica del Castello di Rivoli; nel 2014 prepara Earthquake un’importante personale ospitata all’interno del Museo Canova di Possagno. Tra il 2018 e il 2021 partecipa alle Biennali di Shenzhen e di Jingdezhen, in Cina. Per il 2023 in programma al Museo Nazionale della Slovenia (15 maggio-30 settembre 2023) un’altra grande mostra di respiro internazionale. Sue opere pubbliche permanenti sono esposte a Milano, come Tavola di condivisione presso il Palazzo Lombardia, a Lecco, a Venezia, nella chiesa di San Nicola da Tolentino e al MIC di Faenza.
Pubblicazioni
Studio Visit di Lorenzo Madaro per Panorama, Quadriennale di Roma: https://quadriennalediroma.org/alberto- gianfreda/
Alberto Gianfreda, Open source : mobilità, moltiplicazione, inserimenti, ed. Comune di Milano, Studio Museo Francesco Messina, 2015.
Alberto Gianfreda, Stefano Larotonda, Alessandro Martinelli, (a cura di), Sculpture Architecture, ed. LIStLab, Trento, 2014.
Alessandro Giannì (Roma 1989, dove vive e lavora).
Si forma come autodidatta, per poi frequentare successivamente l’Accademia di Belle Arti di Roma nel 2011, senza però terminare il percorso di studi. Fin dall’inizio della sua formazione, la pratica analogica della pittura si fonde con l’utilizzo di internet e dei nuovi media. All’interno della sua produzione coesistono diverse tipologie di opere, restituite attraverso tecniche tradizionali come pittura, disegno e scultura, oppure ibridate con le nuove tecnologie, come l’intelligenza artificiale, VR, 3D video. Per diversi anni conduce la sua ricerca artistica che fonde analogico e digitale, e nel 2014 espone delle pitture di grandi dimensioni in occasione dell’evento Ñewpressionism (2014), invitato da Miltos Manetas presso l’Istituto Svizzero di Roma e di Milano, dove ha occasione di confrontarsi con artisti di diverse generazioni e nazionalità, tra cui Petra Cortright, Sylvie Fleury, Olivier Mosset, Jon Rafman e Amalia Ulman. Nel 2015, ricopre il ruolo di art director nel progetto Egh, di Enrico Ghezzi ed Emiliano Montanari, e alcuni dei suoi interventi video vengono installati all’interno della 73a Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia. Nel 2020 è tra gli artisti fondatori di SPAZIOMENSA, artist-run space volto a valorizzare il fermento artistico romano.
Tra le mostre più recenti: Frammenti da Lontano, presso la Galleria Mazzoli di Modena, curata da Giuliana Benassi nel 2023. Imprint (Sector 1 Gallery, Bucarest, 2022); Da Chagall a De Chirico (21 Gallery, Treviso, 2022); Post-me Generation (Tang Contemporary Art, Pechino, 2022); Global Song (Tang Contemporary Art, Hong Kong, 2022);
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Ineffable Worlds (Tang Contemporary Art, Hong Kong, 2021); Due to the Image (Postmasters Gallery, New York, 2021); Transfiguration: leaving reality behind (Postmasters Gallery, New York, 2021); Materia Nova (Galleria d’arte moderna, Roma, 2021); La linea retta non appartiene a Dio (Contemporary Cluster, Roma, 2021,); II (SPAZIOMENSA, Roma, 2021).
Pubblicazioni
Federica Bertini e Valentino Catricalà (a cura di), Heritage 5.0 – Tramandare l’eredità culturale, una sfida per il XXI secolo, Dei Meragnoli Editrice, Roma, 2023
Davide Silvioli (a cura di), Spazio, forma, ritmo – e a Capo, catalogo della mostra al Civico Museo d’Arte Moderna e Contemporanea di Anticoli Corrado (RM), 20 novembre – 18 dicembre 2022, NFC Edizioni, Rimini, 2022.
Arte e tecnologia del terzo millennio. Scenari e protagonisti, Cesare Biasini Selvaggi e Valentino Catricalà (eds.) Electa – Collezione Farnesina, 2020.
Giuseppe Armogida, ROMA NUDA. 60 conversazioni sull’arte, MINIERA, 2020.
Giulia Manfredi (Castelfranco Emilia, 1984; vive e lavora a Roma).
Nel 2008 consegue il diploma di laurea in Pittura all’Accademia di Belle Arti di Bologna. Dal 2006 al 2014 vive a Berlino frequentando i corsi presso l’UDK in Comunicazione Visiva e Belle Arti, seguita dall’artista Hito Steyerl, mentre collabora con un collettivo internazionale di artisti. Partecipa a Mediterranea 16, la Biennale ad Ancona del 2013, dal titolo Errors Allowed. Gli errori sono ammessi per la sezione Visioni future.
Nel 2022 presenta nello spazio del Gaggenau DesignElementi di Roma la mostra Il giardino dei fuggitivi. Il curatore Sabino Maria Frassà descrive il lavoro dell’artista: «Le sue opere presentano una bellezza ipnotica che si scontra con la materia di cui sono fatte: non solo marmo, ma anche fumo, funghi, bonsai e farfalle. Il suo lavoro risulta così dominato dall’intima complementarità tra caos e ordine, tra la vita e la morte». Come per l’opera di Giacomo Leopardi, il lavoro di Manfredi è una meditazione sulla fugacità della vita umana e sull’arte come forma e razionalizzazione di un universo intimo. Uno dei tratti distintivi delle sue opere è la sofisticata sperimentazione materica: una sinergia di motivi e tecniche classiche, unite al design e all’innovazione tecnologica, oltre agli studi botanici che giustificano la presenza di elementi organici integrati nelle opere. La compatibilità con il mondo del design la porta infatti ad esporre al Fuorisalone di Milano del 2018 per Ventura Centrale. Insieme a Pilar Soberon dialoga nella mostra Geometrie organiche, del 2022, creando una conversazione tra la natura, l’architettura di Zaha Hadid e lo spazio espositivo della stazione ferroviaria AV di Afragola, in provincia di Napoli, manifestando una fusione tra architettura, tecnologia e natura in un universale cosmico. Nel 2019 realizza la mostra personale Regno sottile presso lo Studio Museo Francesco Messina a Milano, a cura di Sabino Maria Frassà, completando il percorso dell’artista per il Premio Cramum vinto nel 2017. Per la mostra trasforma il Museo in una serra e in un giardino all’italiana fatto di marmo e piante che crescendo trasformano l’opera nel tempo.
Pubblicazioni
Maria Fratelli, Trilogia del colore. Vol 1-3, Mimesis, Milano, 2022.
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Giorgia Basili, Il giardino capovolto di Giulia Manfredi in mostra a Roma, Artribune, 8 dicembre 2022: https://www.artribune.com/arti-visive/arte-contemporanea/2022/12/il-giardino-capovolto-di-giulia-manfredi-in-mostra- a-roma/
Alessia Vergari (a cura di), 4tress. Giulia Manfredi, Antonio Massarutto, Massimiliano Poggioni, David Pompili, catalogo della mostra della mostra presso la Rocca di Umbertide di Perugia, Add-Art, Spoleto (PG), 2019.
Caterina Morigi (Ravenna, 1991; vive e lavora a Bologna).
Ha studiato Arti Visive allo IUAV di Venezia e all’Université Paris8-Saint Denis, laureandosi nel 2013. Tra le numerose
residenze in Italia e all’estero viene selezionata nel 2016 da Fondazione Bevilacqua La Masa a Venezia.
L’artista affronta la sostanza delle cose, si avvicina con lo sguardo ai fenomeni che la circondano, osserva come il tempo modifica la materia in superficie e in profondità. Le sue opere sono dipendenti dalle trasformazioni fisiche, scruta con attenzione le metamorfosi della materia anche nei suoi aspetti più celati e interroga i rapporti tra l’uomo e la natura. Collabora spesso con centri scientifici come il LAMA–Laboratorio dei materiali antichi dell’Università IUAV, con l’Istituto Ortopedico Rizzoli e con l’Università di Bologna. I mezzi e i materiali che utilizza spaziano da video e fotografia, alla materia organica e minerale come lattice, terra semirefrattaria, conchiglie, marmo e porcellana.
In molte occasioni l’artista collabora con le istituzioni museali: nel 2018 partecipa a That’s IT! al MAMbo di Bologna, una mostra che presenta la nuova generazione di artisti e, in occasione di MuseoCity 2023, partecipa alla collettiva Tre-di-ci. Sguardi sui musei di Lombardia presso il Palazzo Reale di Milano, dove tredici artisti sono invitati a esporre in tredici musei statali. Sincerità della materia / Honesty of matter è una personale in due sedi del 2019 a Torino, in cui collabora con maestranze nazionali come l’Istituto Caselli-Real Fabbrica di Capodimonte di Napoli e il Maestro Simone Desirò, con cui realizza opere in marmo le cui venature sembrano dipingere corpi umani e le loro cicatrici. Questi segni creano l’illusione di essere fissati sulla pietra e sfidano quella che è la fragilità decadente del corpo umano. A partire da fotografie al microscopio, realizza installazioni e immagini che sfruttano la trasparenza del supporto per dare avvio a molteplici percezioni soggettive. Le opere vengono esposte nel 2022 alla mostra personale Sea Bones a Linea, Lecce, e manifestano come nella materia:«nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma» rivelando come un’immagine scientifica e oggettiva possa aprire riflessioni filosofiche.
Pubblicazioni
Honesty of matter. Caterina Morigi, libro d’artista, Witty Books, Torino, 2019.
Sara Benaglia, Mauro Zanchi (a cura di), Metafotografia, Skinnerboox, Jesi (AN), 2019. Cesare Biasini Selvaggi (a cura di), 222 artisti emergenti su cui investire, Exibart, Roma, 2019.
Nero/Alessandro Neretti (Faenza, 1980; vive e lavora a Schio)
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Romagnolo, artista visivo, Nero/Alessandro Neretti, si forma all’Istituto Statale d’Arte per la Ceramica di Faenza dove si diploma nel 1997 e dove segue corsi di perfezionamento fino al 2003. La prima visibilità a livello nazionale giunge con la mostra Le ossa del cane nel cuore ovvero Il mio sentire randagio curata da Roberto Daolio, presso la Galleria d’Arte Comunale Molinella e il Circolo degli Artisti di Faenza nel 2008. In questa fase, Nero utilizza stampi per la ceramica di “cani d’arredo”, deformandoli o combinandoli con cuori, mani, ali e altri simboli, che creano figure zoomorfe, ibridate con l’emisfero umano.
Notata da Vittorio Sgarbi, l’esposizione viene trasferita a Milano al PAC/Padiglione d’Arte Contemporanea per la prima grande personale, e diffusa contemporaneamente con una presenza ulteriore in Galleria Vittorio Emanuele. Nonostante l’ingresso nel mondo dell’arte di Neretti avvenga con la ceramica, le sue successive tappe sono caratterizzate da una ricerca fluida e sensibile alle tante occasioni di riflessione offerte dalla contemporaneità. Grafica, scultura, fotografia, installazione, video, concettualismo e impegni largamente sociali, vengono opportunamente combinati o emergono via via in una ricerca ampia e dai confini aperti. In una nota autobiografica, Nero si dichiara: “Artista visivo, surfista, critico osservatore della condizione contemporanea, conduce una personale indagine espressiva tesa a esplorare con occhio disincantato e impudente dinamiche e processi socio-politici e economici, concentrando particolare attenzione sulla sfera della realizzazione individuale e collettiva, del desiderio, del corpo, del simbolo. Frapponendo alterazioni e distorsioni nelle immagini e nei testi, l’artista crea una fibrillazione che ne altera il significato comunemente accettato, fino a rovesciarlo completamente o a rivelarne sorprendenti interpretazioni; descrivendo processi evolutivi e mentali caratteristici del modus operandi dell’uomo, tra la sfera privata e quella pubblica, provando a raccontare un’altra storia perdente del presente”.
Nel 2014, all’interno di Critica in Arte presso MAR – Museo d’Arte Contemporanea di Ravenna, presenta Who is a good boy? a cura di Luca Bocchiccio. Nel 2017 il Museum Beelden aan Zee di Scheveningen (L’Aia, Paesi Bassi) ospita Life is a burning tire, un suo vasto progetto di ricerca sui concetti di scarto, di manipolazione e sull’ambiente che li ospita. Del 2021 l’intervento site-specific Golfo Mistico, curato da Denis Isaia e Gabriele Lorenzoni per il Mart di Rovereto, che richiama l’ideale di un teatro aperto. Nello stesso anno, l’artista viene insignito della Menzione d’Onore alla Korea International Ceramic Biennale, Gyeonggi Ceramic Museum – Gwangju (Repubblica di Corea). Nel 2023, insieme al collettivo di architetti, designer e paesaggisti (AMAA, Flaim Prünster Architekten, Harry Thaler, Angelo Renna, Lottozero, Granit communication design), Neretti vince il concorso internazionale per la progettazione del nuovo “TINNE giovane museo chiusa” a Chiusa (Bolzano).
Pubblicazioni
Nero/Alessandro Neretti, Life is a burning tire, pubblicazione personale del progetto presso il Museum Beelden aan Zee (L’Aia) 12 maggio – 27 agosto, 2017 EMMEGI Contemporary, Milano, 2017.
Nero/Alessandro Neretti, KIMCHI (tales from), pubblicazione personale della residenza presso Nami Island (Repubblica di Corea) 1 settembre – 1 dicembre 2013. Carta Bianca, Faenza, 2015.
Nero/Alessandro Neretti, Hostage/Privilege, pubblicazione personale del progetto presso Banca di Romagna (Faenza) 28 ottobre – al 25 novembre, 2011. Gli Ori, Pistoia, 2011.
Luca Petti (Benevento, 1990; vive e lavora a Milano).
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Nel 2016 consegue il diploma di laurea magistrale in Scultura presso l’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano. Insegna Tecniche della Scultura per l’Accademia di Belle Arti di Verona dal 2020 e presso l’Accademia di Belle Arti di Napoli dal 2021, anno in cui diventa docente di Disegno per la Scultura presso l’Accademia di Belle Arti di Brera.
L’artista realizza installazioni e sculture, molte delle quali caratterizzate dalla tecnica della floccatura elettrostatica, che conferisce alle superfici una copertura vellutata. Le opere dell’artista partono da elementi organici e inorganici come fondamento dell’epoca dell’Antropocene, ricerca le ibridazioni del mondo animale e vegetale e i loro percorsi evolutivi con uno sguardo scientifico e creativo.
Per la sua mostra personale del 2022, Precipitazioni sotto il livello del mare, ricrea un ambiente salino desertificato a causa dei cambiamenti climatici. La personale è realizzata nell’ambito di RAR – Residenza Artistica Rurale, ospitata da Careof a Milano, e curata da Marta Ferretti con cui collabora per l’intervento site specific Processi di domesticazione espansa, presso il Museo di Storia Naturale di Verona. Il lavoro di Petti ha come obiettivo quello di generare una consapevolezza riguardo alle condizioni dell’ecosistema del nostro pianeta, minacciato sempre di più dall’azione umana che ne accelera i cambiamenti. Costruisce un bestiario distopico fatto di forme e funzioni inaspettate, creature ribelli all’egemonia umana. Nel 2022 partecipa alla mostra collettiva Ontica presso Contemporary Cluster a Roma, contemporaneamente espone Bello Bellissimo per la vetrina di Superfluo project, a Milano, un’installazione ad hoc – ottenuta dallo scarto di produzione dei suoi lavori – in collegamento diretto con la mostra romana. Con il progetto Domesticated Generation partecipa a Mediterranea 18, la Biennale dei Giovani Artisti dell’Europa e del Mediterraneo, ospitata nel 2017 dall’Albania.
Insieme a Giulia Fumagalli realizza la bi-personale Incontri sensibili, alla galleria Villa Contemporanea di Monza nel 2021. Nel testo critico Elena Castiglia afferma: «L’interesse dell’artista nei confronti del rapporto complesso tra l’uomo e l’ambiente espresso nelle diverse declinazioni dell’Antropocene, si presenta in maniera delicata, inizialmente impercettibile ma come esercizio di attenzione e cura.»
Pubblicazioni
Gianluca Gramolazzi, Luca Petti, Post Antropocene, in Made in mind magazine #24, Milano, ottobre 2022. Gianluca Gramolazzi, Off Topic: Luca Petti, Forme Uniche, 2 Luglio 2021: http://formeuniche.org/off-topic-luca-petti/ Ŏpĕra magazine 02, a cura di Attiva Cultural Projects, Portici (NA), 2020.
Giusy Pirrotta (Reggio Calabria, 1982; vive e lavora a Roma).
Consegue un diploma di laurea in Pittura all’Accademia di Belle Arti di Firenze, dove acquisisce l’abilitazione all’insegnamento. Nel 2010 si trasferisce a Londra dove frequenta il Master in Fine Arts al Central Saint Martin College of Arts and Design. Vince un PhD come ricercatrice presso l’UCA University for the Creative Arts/University of Brighton che si conclude nel 2018 con la pubblicazione del dottorato Moving Image and the Space around the Frame: Time- based Installations and Forms of Experience. Attualmente insegna Discipline Grafiche Pittoriche e Scenografiche al Liceo Artistico Ripetta a Roma.
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Museo delle Navi Romane di Nemi, Via Diana, 13-15, 00040, Nemi (RM). Tel. +39 06 9398040 | [email protected]

Giusy Pirrotta nelle sue opere realizza un’armonia interdisciplinare tra le arti visive, l’artigianato e il design. La sua ricerca comprende l’uso di video, sculture in ceramica, design su carta da parati e tessuti che diventano installazioni site-specific immersive con lo scopo di far interagire la luce con la scultura e in questo modo stimolare la percezione dello spettatore. Queste operazioni caratterizzano la mostra del 2017 Between the Glimpse and the Gaze alla James Hockey Gallery di Farnham in Inghilterra, e la mostra Tree Time al Museo della Montagna di Torino, riproposta al MUSE di Trento nel 2020. Il lavoro dell’artista è caratterizzato da riferimenti simbolici ai rituali magici e pagani, tradotti in un carattere surrealista che indaga le connessioni tra la realtà culturale e la mitologia che diventano anche espressione autobiografica, come nell’opera Ritual of healing per la mostra Ontica da Contemporary Cluster a Roma nel 2022. Per Il Complesso della Mummia, curata da Matteo Pollini presso Palazzo Monti a Brescia, realizza Cascata su Fontane, un’opera che manifesta una esperienza espansa emersa dai suoi studi sulla teoria del cinema. Affronta anche tematiche legate all’antropologia nella mostra personale Taixunia da Dimora Artica a Milano, nel 2019.
A proposito delle sue opere l’artista dichiara: «Penso alle mie installazioni come a dei set cinematografici dove strani oggetti o personaggi si mostrano per esplicare fenomeni ottici o narrare delle storie».
Pubblicazioni
A Room with a View. Camera con vista, Lightbox Group, Venezia, 202o.
Andrea Bruciati, Davide Bertolini, Le Stanze di Ferenc, carta da parati e nuova progettualità, wallpapers and new
project, L’Erma di Bretschneider, Roma-Bristol, Villae Istituto Villa Adriana e Villa d’Este, 2021.
Danny Aldred, Right Here, Right Now, Book-Lab 2020, Design Transfer Berlin, 2020.
Imago Mundi, Luciano Benetton Collection, Prestigium Italian II, Contemporary Artists From Italy, Fabrica, 2015.