Nella giornata di ieri, grazie alla cooperazione tra le Forze di Polizia europee, e alla sinergia operativa degli attori impegnati nel controllo del territorio nazionale, gli operatori della Polfer in servizio presso lo scalo ferroviario di Civitavecchia, unitamente a quelli del Commissariato di Pubblica Sicurezza di Civitavecchia e della Polizia di Frontiera della medesima cittadina, hanno rintracciato e messo in sicurezza un cittadino tunisino di 40 anni, con al seguito la propria figlia minore, sospettato, in Francia, di aver ucciso la propria compagna e rapito la bambina.
Le ricerche in Italia
Le ricerche in Italia sono state attivate dai responsabili del Centro di Cooperazione di Polizia di Ventimiglia che hanno fornito le descrizioni del soggetto e della minore dando indicazioni che sarebbero potuti entrare in Italia e muoversi nel territorio italiano attraverso i treni.
Grazie alla diffusione immediata delle informazioni ricevute ad opera del Compartimento di Polizia Ferrovia per la Liguria e della Squadra Mobile della Questura di Genova, si è effettuato, infatti, un attento monitoraggio negli ambiti ferroviari di competenza ed in particolare presso lo scalo ferroviario di Civitavecchia dove è giunto un treno proveniente da Genova, a bordo del quale viaggiava il soggetto ricercato.
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L’attività di cooperazione è stata seguita dall’ufficio SI.RE.NE., che ha richiesto ed ottenuto dal collaterale ufficio francese la documentazione necessaria attraverso cui procedere all’arresto del soggetto.
Sulla scorta della documentazione ottenuta dall’ufficio SI.RE.NE. si è proceduto pertanto ad eseguire il mandato di arresto Europeo per il soggetto, ora associato presso il carcere di Civitavecchia a disposizione della Corte d’appello di Roma. Sempre sulla scorta delle medesime informazioni la minore è stata affidata ai servizi sociali del Comune di Civitavecchia e posta in una struttura protetta.
Per dovere di cronaca, e a tutela di eventuali indagati in caso di indagini, ci teniamo a ricordare che quanto detto non equivale a una condanna. Le prove si formano in Tribunale e l’ordinamento giudiziario italiano prevede comunque tre gradi di giudizio. Resta dunque valida la presunzione di non colpevolezza degli indiziati.
Foto di repertorio