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Somministrata terapia genica mai usata in Italia per curare un bambino con malattia rara

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Somministrata terapia genica a un bambino con malattia rara

Riportiamo di seguito il comunicato stampa del Policlinico Umberto I  e della Sapienza Università di Roma relativa alla terapia genica somministrata a un bambino con una malattia rarissima.

Risultato eccezionale centrato grazie al lavoro di squadra tra Ospedale e Università

La terapia genica

Il trattamento, approvato dall’EMA per il deficit di AADC, è stato infuso direttamente nel cervello con un intervento neurochirurgico durato oltre 8 ore. Il Policlinico Universitario Umberto I di Roma è l’unico ospedale attrezzato e autorizzato in Italia a eseguire questa complessa procedura chirurgica.

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Simone, il bambino affetto da una malattia rarissima

La storia di Simone, un bimbo di tre anni affetto da una malattia rarissima, il deficit di AADC, era balzata alle cronache dopo che lo scorso marzo i suoi genitori, Sabrina e Sebastiano, avevano scritto un’accorata lettera indirizzata al Governo chiedendo che il loro figlio potesse ricevere la terapia di cui aveva urgente bisogno e che già altri bimbi avevano avuto in Francia e Germania. Simone, infatti, era l’unico dei 16 pazienti italiani eleggibile a ricevere l’innovativa terapia genica in grado di cambiare il corso naturale della sua malattia.

La terapia Eladocagene Exuparvovec – farmaco orfano innovativo sviluppato da PTC Therapeutics – pur essendo autorizzata a livello europeo non aveva ancora finito il suo percorso di accesso in Italia. La necessità di attendere un iter che si stava protraendo da un anno, e il rischio di dover aspettare ancora, non potevano però conciliarsi con l’altrimenti inevitabile progredire di una malattia degenerativa come quella di Simone.

La risposta delle istituzioni

Le istituzioni non sono rimaste sorde all’appello dei genitori. Il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni e il Sottosegretario alla Salute con Delega alle Malattie Rare On. Marcello Gemmato hanno testimoniato in modo tangibile la loro vicinanza alla famiglia e la volontà di cercare una soluzione.  Parallelamente, la Direzione strategica dell’AOU Policlinico Umberto I – attraverso l’Unità di Ricerca Clinica e Clinical Competence – ha avviato un lavoro di collaborazione serrata e proficua con AIFA fino ad arrivare al momento dell’intervento. Il bambino è stato ricoverato lo scorso 4 maggio presso il Reparto di Neuropsichiatria Infantile di via dei Sabelli dove è stato seguito e monitorato dall’equipe fino al 22 maggio scorso, giorno in cui è stata realizzata la complessa procedura neurochirurgica.

L’intervento

Un’organizzazione rapida ed efficiente che ha messo in fila tutte le competenze mediche e sanitarie necessarie per questa straordinaria procedura che prevede l’infusione della terapia direttamente nel cervello. L’intervento – durato otto ore – è stato effettuato all’interno di una delle sale di risonanza magnetica del Policlinico, una delle più avanzate in Italia, inaugurata appena un anno fa e per l’occasione “trasformata” in una sala di neurochirurgia.

Dopo due settimane il piccolo Simone ha potuto fare ritorno a casa insieme alla sua famiglia rimasta a Roma per un mese intero, dal periodo preoperatorio al decorso post operatorio.

La fase organizzativa è durata quasi un mese durante il quale la sala di risonanza magnetica è stata “adattata” a sala di neurochirurgia dove sono state effettuate numerose prove della procedura, simulando nei minimi dettagli le fasi pre-operatorie e post intervento: dal trasporto del paziente dal letto di ricovero in sala operatoria, alla funzionalità degli impianti di aerazione e di quelli per la misurazione delle radiazioni elettromagnetiche.

Il lavoro dei medici

Fondamentale è stato il ruolo dei medici della Direzione Sanitaria del Policlinico Umberto I che hanno tracciato e descritto tutte le fasi dell’intervento prima e dopo, coordinando il lavoro di tutti i professionisti.

In particolare quelli delle Unità Operative di neurochirurgia, neuropsichiatria Infantile, anestesia e rianimazione, neuroradiologia, radiologia interventistica, terapia intensiva pediatrica, fisica sanitaria, igiene ospedaliera, farmacia, dipartimento assistenziale professioni sanitarie, ingegneria clinica, ufficio tecnico patrimoniale nonché i professionisti non sanitari di tutte le altre unità operative amministrative e gestionali.

Eladocagene Exuparvovec

Eladocagene Exuparvovec è la prima terapia avanzata al mondo che prevede la somministrazione direttamente nel cervello ed è indicata per pazienti di età pari o superiore ai 18 mesi con fenotipo severo, come nel caso di Simone che, pur avendo tre anni, non è ancora in grado di parlare o camminare. In assenza di terapia le sue condizioni sarebbero ulteriormente degenerate, come insegna la storia di questa malattia genetica rarissima e progressiva, mentre oggi le aspettative sono radicalmente diverse: ci si aspetta infatti che possa recuperare diverse tappe di crescita perse.

Eladocagene Exuparvovec è stato sviluppato da ricercatori di Taiwan ed è stato somministrato per la prima volta dieci anni fa. In Europa infatti esistono tre centri privati specializzati per questo tipo di procedura innovativa: Montpellier, Parigi e Heidelberg. Il Policlinico Umberto I è ad oggi il primo e l’unico ospedale pubblico in Europa autorizzato, sulla base dei precisi requisiti necessari, alla somministrazione dell’innovativa terapia genica. Durante gli studi clinici su questa terapia i pazienti sono passati dal non raggiungere alcun traguardo motorio dello sviluppo all’avere abilità motorie clinicamente importanti già tre mesi dopo il trattamento, con un miglioramento complessivo delle capacità cognitive.

UNA STORIA DI SUCCESSO IN CUI RICERCA SCIENTIFICA E DIALOGO HANNO AVUTO UN RUOLO FONDAMENTALE

Quella di Simone non è solo una storia a lieto fine. È l’affermazione dell’importanza della ricerca scientifica che anche in questo caso è riuscita a mettere a disposizione delle persone con malattie rarissime una terapia in grado di cambiare la storia naturale della patologia. Ed è, al tempo stesso, il segno tangibile del successo che può essere raggiunto attraverso il dialogo, la collaborazione e il lavoro di squadra. A questo risultato hanno contribuito le istituzioni, l’AIFA oltre che naturalmente il Policlinico Umberto I e la Sapienza che hanno messo a disposizione una equipe di specialisti che per un mese ha applicato e certificato tutte le misure di sicurezza necessarie per un intervento chirurgico di complessità massima.

L’ostacolo di ordine regolatorio è stato superato facendo ricorso alla procedura di accesso anticipato stabilita dalla legge 326/2003. Fondo 5%, che consente in circostanze specifiche di estrema urgenza di effettuare terapie approvate in ambito europeo dall’EMA, anche prima del completamento degli iter autorizzativi italiani. Superato questo primo passo grazie al supporto fondamentale di AIFA, alla quale spetta questa autorizzazione, è stato importante e decisivo il ruolo del Policlinico Umberto I che ha gestito tutti gli aspetti amministrativi in maniera fluida. Successivamente grazie al Coordinamento straordinario messo in atto dalla Direzione Sanitaria dell’ospedale sono stati affrontati gli aspetti organizzativi e sanitari derivanti dalla complessità e dall’assoluta novità di questa procedura.

Le dichiarazioni del Direttore Generale del Policlinico e della Rettrice dell’Università La Sapienza

“Per la prima volta in un ospedale pubblico è stata effettuata una terapia genica, in vivo, e con un’unica infusione (one shot): un risultato straordinario – ha affermato Fabrizio d’Alba, Direttore Generale, AOU Policlinico Umberto I di Roma – La somministrazione è avvenuta attraverso un intervento stereotassico in narcosi, cioè grazie al supporto della risonanza magnetica è stata effettuata un’iniezione intracerebrale (in una zona del cervello chiamata putamen, ndr) utilizzata anche per il trattamento di una serie di disturbi neurologici pediatrici e negli adulti. L’operazione è stata eseguita dall’equipe dei nostri eccellenti neurochirurghi che ringrazio personalmente, così come tutto il team di esperti, le Direzioni e le Unità operative coinvolte, anestesisti, chirurghi, rianimatori senza dimenticare la Farmacia Ospedaliera, l’Ingegneria Clinica e tutto il personale infermieristico”. “Il sorriso splendido di Simone a poche ore dal risveglio – ha aggiunto il Direttore Generale – e le sue dimissioni dopo pochi giorni sono state la più grande ricompensa allo sforzo straordinario fatto da tutti gli attori di questa impresa”.

“Grazie alla squadra di ricercatori e di clinici della Sapienza e del Policlinico Umberto I si apre anche per i pazienti italiani affetti da questa grave malattia, una prospettiva terapeutica personalizzata ed efficace – ha dichiarato la Rettrice della Sapienza Antonella Polimeni – Questo importante risultato costituisce un motivo di speranza per i tanti genitori di bambini affetti da patologie neurologiche rare. L’individuazione di terapie geniche mirate rappresenta spesso l’unica opzione possibile per prevenire o limitare la progressione della malattia”.

“È fondamentale pertanto continuare a sostenere la ricerca scientifica di eccellenza – ha concluso la Rettrice – e la Sapienza con i suoi Policlinici universitari e poli territoriali si conferma un centro di riferimento per lo studio, la diagnosi e il trattamento di malattie neurogenetiche del bambino con terapie innovative personalizzate”.

Il deficit di AADC è una malattia di cui si contano circa 200 casi in tutto il mondo ed è fortemente sottodiagnosticata. Generalmente i sintomi neurologici iniziano a manifestarsi entro i primi sei mesi di vita, con una media, secondo gli ultimi studi, di 2,7 mesi di età. Nonostante ciò, la diagnosi della patologia giunge mediamente intorno ai tre anni e mezzo. È necessario, dunque, ottenere una diagnosi precoce in modo tale da avviare tempestivamente il trattamento, garantendo minori danni e minor ritardo nell’acquisizione delle tappe psicomotorie. La possibilità di accedere allo screening neonatale, in grado di identificare il deficit di AADC nelle prime settimane di vita di un bambino, sarebbe quindi quanto mai utile e necessaria.

La procedura per la terapia Eladocagene Exuparvovec è stata illustrata in una conferenza stampa organizzata dall’Azienda Ospedaliero-Universitaria Policlinico Umberto I e Sapienza Università di Roma in collaborazione con Osservatorio Malattie Rare e con il contributo non condizionante di PTC Therapeutics.