Un defibrillatore impiantabile ha consentito di scoprire un infarto acuto a un paziente a rischio di aritmie mortali e di ‘avvertire’ i cardiologi della centrale di controllo del Policlinico Gemelli che hanno fatto arrivare subito in ospedale l’ignaro paziente, senza sintomi specifici, per salvargli la vita con un’angioplastica.
Questa è la storia di Mario, narrata dai suoi cardiologi su British Medical Journal Case Reports.
Seguire i pazienti a distanza, una volta usciti dall’ambulatorio o dal ricovero in ospedale per vedere come si comporta il loro cuore mentre tornano alle loro normali attività quotidiane, persino durante il riposo notturno, è diventato da anni prassi comune, grazie all’importante sviluppo tecnologico che hanno avuto i dispositivi elettronici impiantabili, quali defibrillatori, pacemaker o device per il monitoraggio dello scompenso cardiaco.
Il continuo invio di segnali dall’apparecchio impiantato al paziente, alla centrale di monitoraggio dell’ospedale, consente al cardiologo di rilevare i problemi sul nascere e di intervenire tempestivamente, richiamando immediatamente il paziente per un controllo in ospedale, quando qualcosa non va per il verso giusto. È quanto accade da anni al Policlinico Gemelli, dove l’unità di Aritmologia riceve ogni giorno un’enorme quantità di informazioni teletrasmesse dai dispositivi dei pazienti seguiti presso questa struttura.
Ma a volte le potenzialità di questi gioielli tecnologici, veri e propri angeli custodi impiantati ai pazienti, superano addirittura le aspettative. Come nel caso del signor Mario (nome di fantasia), la cui storia è descritta dai cardiologi del Gemelli in un articolo appena pubblicato su British Medical Journal Case Reports.
“Il monitoraggio da remoto dei parametri rilevati da dispositivi salva-vita impiantabili quali pace-maker e defibrillatori – ricorda la professoressa Gemma Pelargonio, responsabile della UOSD di Aritmologia della Fondazione Policlinico Agostino Gemelli IRCCS e docente di Cardiologia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, campus di Roma – rappresenta oggi uno strumento importante nella pratica clinica. In questo modo, oggi seguiamo centinaia di nostri pazienti. I parametri monitorati da questi device elettronici ci permettono di individuare prontamente non solo eventuali problemi di funzionamento del sistema impiantato, ma anche la comparsa di aritmie importanti”.
Ma nel caso del signor Mario è successo qualcosa di davvero particolare, che va ben oltre l’ordinaria amministrazione.
La storia di Mario
Mario ha una settantina d’anni, soffre di cardiopatia ischemica cronica e da tre anni gli è stato impiantato un defibrillatore bicamerale perché ha uno scompenso cardiaco a ridotta frazione d’eiezione, che lo espone al rischio di aritmie maligne. Qualche mese fa, durante una notte, trascorsa apparentemente come tante altre per il signor Mario, il sistema del defibrillatore ha invece riconosciuto e interrotto diversi episodi di aritmie potenzialmente letali, salvando la vita del paziente. Mario non accorge di nulla e non pensa di aver bisogno del suo cardiologo.
Lui forse no, ma il suo dispositivo salva-vita, si. Il device infatti comincia ad inviare una serie di allarmi alla centrale di controllo del Gemelli; questi vengono rilevati in tempo reale da Linda Fulco, uno dei tecnici dedicati al monitoraggio remoto, che allerta subito il cardiologo. Mario viene subito contattato e invitato a recarsi con urgenza presso il pronto soccorso. Il paziente, ancora insonnolito, si meraviglia perché non accusa particolari disturbi, ma non discute e fa quello che i cardiologi gli dicono di fare. All’arrivo in pronto soccorso, i cardiologi rilevano un infarto miocardico acuto, in sede inferiore.
Mario viene subito portato in sala di emodinamica dove è sottoposto ad una coronarografia d’urgenza, che evidenzia un’occlusione acuta dell’arteria coronarica; viene immediatamente effettuata un’angioplastica percutanea, che prontamente ripristina il flusso di sangue attraverso il vaso occluso dall’infarto.
“Questo caso – spiega il dottor Gianluigi Bencardino, UOSD di Aritmologia di Fondazione Policlinico Gemelli IRCCS, docente a contratto di cardiologia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, e primo autore della pubblicazione su British Medical Journal Case Reports – dimostra come il monitoraggio da remoto offra un ampio spettro di benefici per il paziente, in questo caso la possibilità di diagnosticare e trattare in maniera tempestiva un infarto miocardico acuto”. “Nutriamo grandi aspettative sulle nuove opportunità offerte dai sistemi di controllo a distanza dei pazienti – commenta il professor Francesco Burzotta, direttore della UOC di Cardiologia di Fondazione Policlinico Gemelli IRCCS e Associato di Cardiologia all’università Cattolica del Sacro Cuore -. Per strutture ad elevato flusso di pazienti come la nostra, poterli seguire anche a distanza, consente di evitare tante visite ambulatoriali ‘di controllo’ inutili, risparmiando ai pazienti spostamenti e giornate lavorative perse e allo stesso tempo, abbreviando i tempi d’attesa per altri pazienti che necessitano invece di valutazioni ambulatoriali o di ricovero. Con il monitoraggio a distanza andiamo così di fatto ad incrementare le nostre potenzialità terapeutiche e ad offrire una migliore assistenza ai nostri pazienti”.