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Comitato residenti Colleferro: “L’assalto del fotovoltaico: il caso della valle del Sacco”

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Comitato residenti Colleferro: "L'assalto del fotovoltaico: il caso della valle del Sacco"

Riceviamo e pubblichiamo il comunicato stampa del Comitato residenti Colleferro, garantendo sempre il diritto di replica. 

Il comunicato stampa

Nella valle del Sacco, tra le Province di Roma e Frosinone, negli ultimi due anni sono stati approvati o sono in via di approvazione impianti fotovoltaici per centinaia di ettari nei Comuni di Genazzano, Paliano, Colleferro, Gavignano, Anagni e Patrica. Questi progetti sono diventati anche una questione locale: si perdono terreni agricoli pregiati in un’area ad elevata vocazione agricola di qualità, come testimoniano la presenza di un biodistretto, di diversi prodotti tipici DOP che vi si producono, e della Strada del vino Cesanese, primo vino DOCG del Lazio. Sono il risultato di una pianificazione regionale ben diversa dalla produzione energetica e, sostanzialmente, incompatibile con quella.

In questo contesto si trovano anche due Monumenti Naturali, decretati dalla Regione, Selva di Paliano e Mola di Piscoli e Ponte dei Picari a Genazzano, che indicano la presenza di una biodiversità di rilevante importanza e costituiscono un essenziale polmone verde a compensazione delle incontrollate e crescenti emissioni di impianti industriali, soprattutto nel Comune di Colleferro, che inquinano pesantemente l’aria e l’acqua.

L’attuale sviluppo della produzione energetica e la noncuranza dei Comuni di Paliano, Colleferro e Genazzano, rendono difficile un’adeguata conservazione e valorizzazione dei due Monumenti e piuttosto ne favoriscono il degrado. Il Parco La Selva, oggi assediata da speculatori energetici di impianti fotovoltaici, in passato è stato tra i più visitati del Lazio, prima delle inopportune decisioni della politica. La Regione, dopo aver alienato a privati parte dell’area pubblica, ha abbandonato ogni forma di promozione e controllo verso il Comune di Paliano, Ente gestore, che ne ha compromesso la fruizione.  Quanto a Ponte dei Picari è già in parte decurtato e deturpato da un progetto autorizzato di fotovoltaico di circa 36 ettari.

Non sorprende vedere che numerosi cittadini non sono d’accordo con la trasformazione del territorio in monocoltura energetica, in assenza di ogni ragionevole pianificazione politica dei Comuni e di intese a livello regionale. Una «transizione ecologica» che consuma suolo e trasforma per sempre le condizioni di vita presenti e future della valle del Sacco significa compromettere beni ambientali di pubblico interesse.

In base ai diritti di informazione e partecipazione attiva della cittadinanza e agli obblighi di trasparenza dell’Amministrazione comunale le associazioni, i comitati ed i singoli dovrebbero poter far sentire la loro voce, ma purtroppo esercitare questo basilare diritto democratico non è facile: di fatto la partecipazione non è incoraggiata, tutt’altro. Per limitarci ai procedimenti autorizzativi di competenza regionale, essi si aprono per lo più con l’avvio di una procedura di Valutazione di Impatto Ambientale (VIA), che consta di una fase di raccolta dati, quasi sempre delegata al privato proponente, e dei vari nulla osta necessari delle Autorità competenti, seguita da una Conferenza di Servizi, che si conclude con il PAUR (Provvedimento Autorizzativo Unico Regionale).

L’art. 9 della Legge 241/1990, che regola simili procedimenti, afferma: “Qualunque soggetto, portatore di interessi pubblici o privati, nonché i portatori di interessi diffusi costituiti in associazioni o comitati, cui possa derivare un pregiudizio dal provvedimento, hanno facoltà di intervenire nel procedimento”. Numerose sentenze della Magistratura amministrativa vanno nello stesso senso e richiamano la legislazione europea, come la Convenzione di Aarhus, impunemente disapplicata.

Le Amministrazioni locali molto spesso non informano il pubblico sull’inizio dell’iter, talvolta influenzate da forti pressioni da parte di interessi lucrativi, per via dei cospicui contributi statali.  Inoltre le stesse procedure, in nome dell’«efficienza», diventano sempre più brevi: recentemente per le opere finanziate con il PNRR è stata introdotta una corsia «accelerata» da concludersi entro il perentorio termine di 30 giorni a scapito di una accurata istruttoria ambientale (art. 12 del decreto-legge 2 marzo 2024, n. 19).

Queste «scorciatoie» fanno sì che le Autorità preposte alla tutela della salute, dell’ambiente e del paesaggio, soprattutto le Soprintendenze, oberate di lavoro per i troppi progetti, non possano rispondere in tempo, cosicchè il loro parere viene recepito come «favorevole» in base all’assurdo principio del silenzio-assenso. Se il parere non viene espresso entro gli stretti termini stabiliti viene considerato positivo, anche se un ragionevole dovere di precauzione suggerirebbe di recepirlo come parere contrario, almeno per quanto riguarda le questioni di salute e di integrità dell’ambiente. In tutto ciò Sindaci e Comuni sempre più spesso abdicano alla loro funzione di informazione e difesa, attraverso azioni di tutela, dei diritti delle loro comunità, come se non sapessero che i pannelli si installano nei loro territori.

Accade che quando i progetti di transizione energetica riguardanti impianti fotovoltaici vengono “scoperti” in tempo ed il pubblico chiede di partecipare come semplice uditore, il Responsabile del procedimento respinge la richiesta. Ciò si è ripetuto recentemente per il progetto della società Pagliano srl, nel Comune di Paliano, come a Genazzano e nella Tuscia.  In realtà la legge sopra citata ammette la partecipazione sia del pubblico, sia della parte proponente, ma mentre i numerosi delegati delle società vengono sempre ammessi alla Conferenza di servizi e gli viene data la parola, i rappresentanti degli interessi dei cittadini sono esclusi, negando loro la possibilità di intervenire. Possono solo presentare osservazioni, a cui spesso non si risponde o si risponde in modo lacunoso.

Tutto il procedimento in realtà è sbilanciato dalla parte del privato che presenta il progetto. Infatti è il soggetto proponente a dichiarare nella fase istruttoria quali siano i vincoli e le altre norme urbanistiche in vigore sull’area di intervento, a presentare studi d’impatto sull’ambiente, sulla biodiversità e sul paesaggio, affidati a professionisti di loro fiducia. Nessuna meraviglia quindi se questi studi siano quasi sempre fortemente confezionati per ottenere il parere favorevole, minimizzando i danni ambientali, anche con argomenti estesi su decine di pagine. Spesso sono di pessima qualità o addirittura ottenuti da un copia-incolla di precedenti progetti in luoghi ed ambienti del tutto diversi. Accade anche che le società presentino dichiarazioni errate o documentazioni incompleti e, in alcuni casi, come abbiamo purtroppo constatato nel caso di un progetto eolico, del tutto false (talvolta anche con cartografia contraffatta).

L’Amministrazione procedente, nel nostro caso l’Area VIA della Regione, non interviene praticamente mai per ristabilire condizioni di legalità. Se elementi che rendono insostenibile od anche illegale il progetto sono segnalati con osservazioni da Amministrazioni con competenze specifiche, presenti nel procedimento (cosa che non accade sempre), e da cittadini, associazioni e comitati esterni al procedimento, l’Area VIA si limita a chiedere un supplemento di documentazione alla parte proponente, che può essere anche una ripetizione più ampia della documentazione precedente.

Con la “distrazione” dei Sindaci e dei Comuni, che lasciano decidere la transizione energetica al mercato, progetti incompatibili con il territorio vanno spesso a buon fine e vengono autorizzati, mentre solo in rarissimi casi virtuosi il procedimento viene archiviato. Bisogna dire che le osservazioni di associazioni, comitati e cittadini sono le più temute, perché sono soggetti disposti a presentare ricorsi giudiziari. Le Amministrazioni pubbliche e gli Enti locali, spesso già poco interessati ad intervenire in Conferenza di servizi, anche per possibili pressioni economico-politiche, raramente ricorrono al Tribunale amministrativo regionale (TAR).

In conclusione possiamo dire che è soprattutto la tenace difesa e partecipazione della società civile, in supplenza delle Amministrazioni comunali, ad impedire alla procedura di VIA di degenerare, a furia di semplificazioni, disinteresse ed accelerazioni, nella caricatura di un serio procedimento valutativo.

Ina Camilli, Rappresentante Comitato residenti Colleferro