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Squid Game 2 è all’altezza della prima stagione? La nostra recensione, senza spoiler

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Annoverata tra le produzioni Netflix più importanti e viste di sempre, la serie sudcoreana Squid Game torna a far parlare di sé in occasione dell’uscita della nuova stagione.

Rilasciata lo scorso 26 dicembre, a Santo Stefano, la seconda stagione di Squid Game non ha faticato a raggiungere il successo della prima: ecco la nostra recensione (no spoiler).

Squid Game 2 è all’altezza della prima stagione? La nostra recensione, senza spoiler: ecco cosa pensiamo della seconda stagione della serie targata Netflix

Anche la seconda stagione di Squid Game, come la prima, si incentra sul meccanismo dei giochi spietati e crudeli a cui i partecipanti del game devono sopravvivere per aggiudicarsi un ricco bottino.

Il protagonista è il giocatore 456, Seong Gi-hun (interpretato in modo eccellente da Lee Jung-jae): tormentato dai fantasmi del passato, il protagonista decide di ritornare sull’isola dei giochi per fermare questa scelleratezza una volta per tutte.

Vecchi e nuovi personaggi si intersecano, con le loro storie e le loro caratterizzazioni, dando vita ad altri sette episodi. La domanda, ed anche la paura dei fan, era ed è la seguente: la seconda stagione è all’altezza della prima? Nì, secondo noi: ecco perché (no spoiler).

La recensione

Senza scendere troppo nei dettagli, rischiando di spoilerare importati novità a chi non avesse ancora recuperato la nuova stagione, Squid Game 2 non delude le aspettative: il sistema dei giochi a premio, nei quali se si perde si viene eliminati, funziona.

Nuovi giochi, ad eccezione del primo, catturano l’attenzione dello spettatore fino alla fine: le sfide, nonostante riprendano il mondo dell’infanzia, sono sempre più crudeli e la denuncia sociale sembra essere addirittura più spietata che nella prima stagione.

Perché, nonostante l’intrattenimento, non dobbiamo comunque dimenticare che in Squid Game la tematica centrale è proprio la denuncia contro la società sudcoreana, ma anche umana in generale: gli emarginati vengono tralasciati, diventano numeri, si indebitano e diventano disperati. In altre parole, sono pronti a tutto: homo homini lupus, come avrebbe detto Plauto. Nonostante ciò, si può scorgere qualche spiraglio di umanità in alcuni, anche se pochi, personaggi, a partire proprio dal protagonista.

Ovviamente, essendo una seconda stagione, manca quasi del tutto l’elemento “sorpresa”, che tanto aveva caratterizzato la prima e che aveva introdotto anche il mondo occidentale alle produzioni coreane. Alcuni meccanismi narrativi, presenti già nella prima stagione, si ripetono: sebbene i parallelismi siano una tecnica in genere molto apprezzata, qualche volta possono apparire come una forzatura, che non sempre attirano le fantasie dello spettatore.

Oltre a questo, occorre dire che la seconda stagione di Squid Game sembra essere molto più profonda della prima: la tematica sociale è maggiormente sottolineata (e sembra anche più spietata), si entra di più negli ingranaggi del gioco, provando a conoscere più a fondo gli organizzatori, a partire dal personaggio del Frontman. Il protagonista, questa volta, ha una caratterizzazione molto dettagliata: sarà lui che infatti proverà a scardinare i meccanismi orrifici delle sfide crudeli, passando quindi dal personaggio buono e ingenuo della prima stagione ad un “eroe” della situazione più maturo e consapevole.

In conclusione, però, possiamo dire che la nostra recensione è parziale: per la fine della vicenda dovremmo infatti aspettare il 2025.

Foto dal video postato sull’account Instagram di Netflix